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I Neanderthal cacciavano elefanti enormi

I Neanderthal cacciavano e macellavano regolarmente grossi elefanti per sfamarsi. La scoperta è conseguente a un’analisi di segni lasciati da strumenti di pietra su un cumulo di ossa di questi animali. 
«Questo fa pensare che i nostri “cugini” vivevano in gruppi più numerosi di quanto si sospettasse in precedenza», ha spiegato Wil Roebroeks dell’Università di Leida nei Paesi Bassi che ha pubblicato la ricerca su ScienceAdvances, «o che, data la quantità enorme di carne che ogni elefante metteva a disposizione, erano in grado di lavorarla in modo che non si deteriorasse in tempi brevi. Quegli elefanti sono davvero grandi bombe caloriche per i Neanderthal».

I Neanderthal cacciavano e massacravano enormi elefanti, secondo un nuovo studio. Questa foto mostra profondi segni di taglio sull’osso del tallone di un elefante maschio.
© Science Advances

Alti quattro metri. Da tempo i paleontologi discutevano tra loro per capire se i Neanderthal fossero in grado o meno di cacciare gli elefanti dalle zanne dritte (Palaeoloxodon antiquus). Erano animali infatti alti quattro metri, quindi più grandi degli attuali elefanti africani e anche dei mammut lanosi. Per dare una risposta definitiva alla domanda, il gruppo di lavoro di Roebroeks ha esaminato con estrema attenzione le ossa di elefante, trovate insieme ad altri resti di animali e strumenti di pietra, in una cava vicino a Halle, in Germania, che venne studiata negli anni ’80. 
Le ossa presenti sono fatte risalire a circa 125.000 anni fa, quando i Neanderthal erano gli unici esseri della specie Homo conosciuti nell’area. I resti provenivano da più di 70 elefanti, con alcuni scheletri conservati quasi interamente. Lo studio dei segni lasciati sulle ossa suggeriscono che gli animali vennero completamente macellati per “sradicare” l’ultimo frammento di carne e grasso, inclusi, ad esempio, il loro cervello e tutti i voluminosi cuscinetti di grasso nei loro piedi.

Sabine Gaudzinski-Windheuser, direttrice del Centro di ricerca archeologica di Monrepos, esamina il femore di un grande elefante maschio adulto per la presenza di segni di taglio fatti da strumenti di selce usati dai Neanderthal.
© Science Advances

Ma c’è di più: i ricercatori hanno potuto stabilire che sulle ossa vi erano pochi segni di rosicchiamento lasciati dai carnivori in cerca di cibo, suggerendo che sulla carcassa fosse rimasta pochissima carne. «Forse c’è un po’ di mordicchiamento su una vertebra isolata, ma la maggior parte di questi resti erano così puliti da non essere attraenti per i carnivori», afferma un altro membro del team, Lutz Kindler del Museum for Human Behavioral Evolution di Neuwied, in Germania. 
Per sfamare 100 adulti. I ricercatori hanno calcolato che la carne di uno degli elefanti avrebbe potuto sfamare circa 100 adulti per un mese. Ora, sulla base degli antri dove vivevano e sulle orme che lasciavano, si supponeva che i Neanderthal vivessero in gruppi piuttosto piccoli, di circa 25 persone o poco più.

 

«Se un gruppo più piccolo di 25 persone avesse ucciso un elefante, avrebbe  dovuto impiegare dai tre ai cinque giorni per lavorare e macellare la carcassa dell’animale in modo che non si deteriorasse, ad esempio essiccandola o affumicandola. Ma anche in tal caso di carne ne sarebbe avanzata tantissima», dice Roebroeks, il quale continua: «I segni sulle ossa indicano indubbiamente che la carne non è stata lasciata a marcire, quindi per dare un senso a ciò bisogna ipotizzare che vivevano in gruppi più numerosi di venticinque». 
Caccia al solitario. La ricerca ha messo in luce che tra i resti vi era una percentuale maggiore di elefanti maschi e anziani, suggerendo che i Neanderthal stessero prendendo di mira specificamente quegli animali, piuttosto che lavorare quelli già morti per cause naturali. Questo ha un senso, poiché negli elefanti moderni i maschi più anziani tendono a vivere da soli. «Prendere di mira i solitari avrebbe reso più facile la caccia», dice Roebroeks, «poiché potevano essere spinti in trappole o in aree fangose dove sarebbe stato più facile ucciderli». 

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Ci vuole orecchio. Esistono tre specie riconosciute di elefante: quello africano di savana (Loxodonta africana), quello africano di foresta (Loxodonta cyclotis) e quello asiatico (Elephas maximus). È facile distinguerli dalle orecchie: quelle dell’elefante africano sono molto più grandi e hanno la forma dell’Africa, mentre quelle del cugino asiatico sono più piccole e hanno la forma dell’India. Anche la proboscide è diversa: quella degli africani ha l’estremità divisa in due “dita”, che facilitano la presa; quella degli asiatici ha invece un unico “dito”.

Un certo peso. Il Loxodonta Africana è l’animale terrestre più grande al mondo: i maschi adulti raggiungono i tre metri di altezza e i 6.000 kg di peso, mentre un neonato pesa già 120 kg e viene partorito dopo 22 mesi di gestazione.

La lunga vita (e la triste morte) di un elefante. Gli elefanti africani sono molto longevi: vivono normalmente fino ai 60-70 anni, ma alcuni maschi possono raggiungere i 90 anni. Spesso muoiono di fame, perché i denti sono consumati e non riescono più a mangiare.

Come (e quanto) mangiano? Gli elefanti possono arrivare a mangiare per 16 ore al giorno, consumando mediamente tra i 110 e i 135 kg di cibo quotidianamente. La metà di ciò che mangiano non viene digerito e vanno di corpo 12-15 volte al giorno, liberandosi di più di 100 kg di cibo.

Non sono ecologici. Un’automobile potrebbe percorrere oltre 30 km utilizzando il metano prodotto da un elefante in un giorno solo. Oltre a ciò, consumano circa 100-200 litri di acqua al giorno – insomma, non sono proprio dei mammiferi green!

Le femmine comandano. I branchi di elefanti sono guidati da femmine anziane (le matriarche), che rimangono fedeli al gruppo per tutta la vita. I maschi, invece, fanno parte del branco solo fino ai 12-13 anni: poi entrano a far parte di un altro gruppo di soli maschi chiamato “branco di scapoli”, oppure vivono da soli.

E la proboscide? La proboscide ha circa 150.000 muscoli, ed è probabilmente l’organo più sensibile di qualunque mammifero: i pachidermi la usano per aspirare l’acqua che poi bevono (contiene fino a 8 litri) e come “boccaglio” per respirare mentre nuotano.

Una pelle dura. La pelle di un elefante è spessa circa 2,5 cm quasi dappertutto: le pieghe e le rughe trattengono fino a 10 volte più acqua rispetto a una pelle liscia, riuscendo a raffreddare l’animale. Gli elefanti si proteggono dal sole facendo regolari bagni di fango e polvere.

Perché si dice memoria di elefante? Avere una memoria di elefante non è solo un modo di dire: il lobo temporale dei pachidermi (la regione del cervello associata ai ricordi) è più grande e densa di quella delle persone, e per questo hanno un’eccellente memoria a lungo termine.

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