L’età giolittiana
Dopo la morte di Umberto I il nuovo sovrano fu Vittorio Emanuele III, re d’Italia dal 1900 al 1945. Egli affidò l’incarico di presidente del Consiglio dei ministri a un piemontese di orientamento liberal-democratico, Giovanni Giolitti, che ricoprì l’incarico dal 1903 al 1913, decennio che gli storici chiamano “età giolittiana”. Contrario alle politiche repressive dei ministri che lo avevano preceduto adotto una linea più moderata. L’età giolittiana coincise con uno sviluppo economico straordinario, pur essendo entrata in ritardo nella fase del decollo industriale. Giolitti attuò una serie di riforme sociali durante il suo mandato:
- Il lavoro in miniera permesso solo dai 14 anni in su
- L’orario massimo di lavoro giornaliero doveva essere di 12 ore per le donne e 11 per gli adolescenti sotto i 15 anni
- I bambini potevano lavorare solo dopo i 12 anni e non dopo i 9 come precedentemente
- Il lavoro festivo e notturno andava limitato
- Fu concesso il congedo per gravidanza e aumentati i sussidi per malattia e invalidità
Giolitti operò anche un’importante riforma elettorale: estese il suffragio universale maschile nel 1912, portando gli elettori da 3 a 8 milioni (il 24,5% della popolazione), consentendo anche agli analfabeti di votare.
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