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Cyberbullismo e pandemia: “attenti a quei due”!

ARTICOLO SCRITTO DA: GIULIA MORETTI ED ELISA DELVECCHIO, FORMATRICI SCUOLA OLTRECYBERBULLISMO E PANDEMIA: “ATTENTI A QUEI DUE”!La tecnologia è diventata ormai parte integrante della vita di ognuno di noi e nessuno può farne più a meno. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un’evoluzione inarrestabile degli strumenti tecnologici che ha introdotto nuove modalità di comunicare e di relazionarsi e portato a radicali cambiamenti nelle abitudini di vita e nei comportamenti delle persone.Mentre gli adulti si sono ritrovati a dover adottare tali pratiche in itinere, i cosiddetti nativi digitali, ossia bambini/e e adolescenti, sono invece nati in questa era. Essi apprendono nuove conoscenze attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici e svolgono parte della loro vita sociale negli spazi digitali all’interno dei quali condividono idee, foto, video e commenti. Tuttavia, all’interno di questa realtà virtuale, dove i minori svolgono le proprie attività, si cela il rischio concreto che possano imbattersi nei pericoli dovuti all’uso improprio, non sicuro della rete. Se la tecnologia da un lato offre dunque numerose possibilità, come ad esempio la connessione istantanea con il mondo esterno e la ricerca costante di informazioni, dall’altro lato comprende anche molteplici insidie, in particolar modo tra preadolescenti e adolescenti.Quest’ultimi attraversano infatti una fase critica di transizione dallo status di bambino a quello di giovane adulto, caratterizzata da aspetti di vulnerabilità, impulsività e squilibrio, nel quale entrano in gioco anche l’accettazione del proprio corpo, la ricerca del brivido e delle forti sensazioni, l’acquisizione di un’identità personale e sociale e la formazione di valori e sistemi motivazionali. Alcuni dei fenomeni già radicati nel mondo reale hanno dunque trovato negli spazi digitali nuove occasioni per manifestarsi. Tra questi vi è il bullismo che attraverso Internet ha scoperto una nuova modalità di agire, prendendo il nome di Cyberbullismo, con cui s’intende un comportamento aggressivo e intenzionale, agito da un singolo individuo o da un gruppo di persone nel contesto virtuale e/o mediato da strumenti tecnologici (Internet, smartphone, tablet, PC, ecc.) e piattaforme on-line (Instagram, Facebook, TikTok, Twitter, WhatsApp, ecc.) con lo scopo di danneggiare, molestare, ferire e/o mette in imbarazzo ripetutamente un bersaglio (la cybervittima) (La Spina & Frazzica, 2021). In Italia, con la Legge 71 del 2017 si è cercato per la prima volta di definire il fenomeno come “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, manipolazione, acquisizione e trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti online…il cui scopo intenzionale…sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori…”.Nel Web, quindi, il cyberbullo minaccia, insulta e diffama la vittima attraverso un messaggio, una foto, un post o un solo tweet, innescando condivisioni, like e commenti con una maggiore continuità, intensità e velocità. Numerosi studi hanno evidenziato l’esistenza di una forte associazione tra questo fenomeno e l’uso degli strumenti tecnologici, in particolare lo smartphone, sempre più diffusi ed economicamente accessibili da parte di molti (Shin & Choi, 2021). Esistono inoltre molteplici forme di cyberbullismo, che negli anni hanno assunto nomi diversi, tra cui il Flaming (messaggi online violenti e volgari), Impersonation (scambio di persona attraverso nickname falsi), Trickery (scherzi crudeli), Cyberstalking (molestie e minacce ripetute), Doxing (diffusione dati personali e sensibili), Cyberbashing (pubblicazione video di maltrattamenti e molestie) e Harassment (molestie via web) accomunate tuttavia da caratteristiche distintive quali l’intenzionalità, l’accanimento e l’asimmetria di potere operate dal cyberbullo (La Spina & Frazzica, 2021).Negli ultimi anni tale fenomeno è in costante crescita tanto da aver registrato un tasso di prevalenza di cybervittime e/o cyberbulli nei preadolescenti e adolescenti che varia tra il 20% e il 50% (González-Calatayud & Espinosa, 2021). Diversi studi hanno dimostrato l’ampia diffusione del fenomeno, riscontrando che quasi il 75% dei bambini in età scolare ha già sperimentato questa forma di aggressione almeno una volta (Mkhize & Gopal, 2021; Menin et al., 2021). Una ricerca effettuata nei Paesi Baschi ha riportato che il 30,2% dei giovani ha subito una o più forme di cyberbullismo in un anno, il 15,5% ha dichiarato di averne perpetrato uno o più volte mentre il 65,1% ha detto di averne osservato uno o più episodi. In Spagna una recente ricerca sul tema ha rivelato che il 26,65% di preadolescenti e adolescenti era stato coinvolto come cybervittima mentre il 24,64% come cyberaggressore (González-Calatayud & Espinosa, 2021).L’avvento della pandemia con le restrizioni sociali, la chiusura delle scuole e il conseguente passaggio dalla didattica in presenza alla didattica a distanza ha alimentato l’utilizzo delle piattaforme digitali e portato a un aumento esponenziale del tempo passato online e delle relazioni sociali perlopiù virtuali per milioni di bambini, bambine e adolescenti. Ciò ha contribuito all’incremento di comportamenti aggressivi perpetrati online, tra cui il cybercrime. Lo confermano alcuni sondaggi che mostrano come il 68% dei ragazzi ha assistito a episodi di cyberbullismo (Terres des Hommes e Scuola Zoo, 2020).L’incremento del cyberbullismo riflette quindi la rapida espansione dell’accesso a Internet da parte dei minori; secondo i dati Istat infatti dal 2018 al 2020 si è passati dal 56,2% al 72% dei giovani, tra 11 e 17 anni di età, che utilizzano il cellulare e navigano in Internet.Un sondaggio italiano condotto nel Marzo 2021 ha riferito che il 54% dei minori (il 50% nella fascia 9-14 anni, il 57% in quella 15-18 anni) ha utilizzato i media device per più di tre ore al giorno mentre nel 2019 tale percentuale era pari al 41%; nello specifico, tale incremento ha riguardato soprattutto i preadolescenti (dai 9 ai 14 anni) con un passaggio dal 32% al 50%. Al di fuori della didattica, gli strumenti tecnologici sono stati usati prevalentemente per comunicare con i coetanei (36%), accedere ai social network (24%), guardare serie tv, film e video (21%), giocare ai videogame (11%) e solo in una piccola percentuale per fare ricerche (8%) (La Spina & Frazzica, 2021).In Italia, il monitoraggio effettuato dalla Fondazione Carolina ha riscontrato che le segnalazioni di cyberbullismo sono quintuplicate durante il primo lockdown. Anche studi americani hanno rilevato un incremento di circa il 70% di segnalazioni durante i periodi di chiusura e, secondo alcune ricerche effettuate in Corea del Sud, l’età media di coloro che mettono in atto comportamenti di cyberbullismo è diminuita nel corso del 2020 rispetto all’anno precedente (Shin & Choi, 2021). A partire da tale periodo pandemico, i ragazzi e le ragazze hanno quindi percepito un aumento significativo degli episodi aggressivi in rete come per esempio le condivisioni incontrollate di foto modificate, le denigrazioni verso i docenti, gli insulti ai compagni di classe durante le video-lezioni o l’intrusione di estranei non autorizzati nelle aule virtuali. Nello specifico, i social media hanno contribuito all’incremento dei cyberattacchi, dato che il 66% di tutti gli incidenti si verificano proprio in queste piattaforme (Facebook, Twitter). Infatti proprio in questi siti è emerso, durante l’emergenza pandemica, un aumento da parte degli utenti delle segnalazioni di cyberbullismo attraverso la pubblicazione di parole chiave come per esempio online harassment e bullismo in Internet. (Karmakar & Das, 2020). Queste azioni aggressive che caratterizzano il fenomeno del cyberbullismo impattano in maniera negativa sulla salute mentale e sul benessere generale di bambini e adolescenti che ne rimangono vittime. Tali effetti negativi riguardano in particolare la salute fisica, psicologica ed emotiva; la maggior parte dei bambini, delle bambine e degli/delle adolescenti riportano infatti sintomi somatici come mal di testa, nausea, insonnia ma anche comportamentali, emotivi e psicologici tra cui isolamento, solitudine, stress, sintomi ansiosi e depressivi, autolesionismo, mancanza di relazioni e di sostegno sociale, bassa autostima e basso rendimento scolastico, disillusione e paranoia (Nazir & Thabassum, 2021; Wiguna et al., 2021).Alla luce di ciò, è legittimo chiedersi “come possiamo contrastare tale fenomeno? Cosa si può fare a riguardo?”. Di fronte a questa forma di violenza in costante aumento, sono sempre di più i genitori e gli insegnanti che si pongono tali domande nei riguardi di un figlio o di un alunno che agisce o diventa vittima di cyberbullismo. Gli studiosi suggeriscono due aspetti principali a cui prestare attenzione: da un lato il contrasto delle forme di violenza perpetrate online a danno dei minori e dall’altro la formazione, la sensibilizzazione e la prevenzione in merito all’utilizzo corretto della rete e allo sviluppo di ipotetici fattori di protezione. Per fare questo, risulta fondamentale adottare un approccio sistemico che tenga conto delle molteplici dimensioni socio-ambientali in cui il minore è inserito: famiglia, coetanei, scuola e società. Nell’ambiente scolastico, per esempio, possono nascere collaborazioni con organi pubblici (es. Polizia di Stato) e professionisti (es. psicologi, pedagogisti) al fine di contrastare, attraverso strategie adeguate e azioni repressive, le condotte antigiuridiche perpetrate in rete e, di pari passo, di organizzare iniziative volte all’educazione alla legalità, alla riflessione e all’ascolto dei giovani. Per contrastare il cyberbullismo, gli studiosi hanno inoltre sottolineato l’importanza di promuovere attività, laboratori e giochi con lo scopo di incrementare i livelli di autostima e autoefficacia percepita e di favorire lo sviluppo delle capacità empatiche, delle norme prosociali e dei legami emotivi-positivi con le figure di riferimento (genitori e insegnanti) (Ang, 2015). È inoltre essenziale che preadolescenti e adolescenti imparino a gestire le proprie emozioni, ovvero a codificare, decodificare ma anche a comprendere e regolare per poter poi gestire possibili reazioni negative come la rabbia (Diamanduros, Downs & Jenkins, 2008).Ora che i giovani, come anche gli insegnanti e i genitori, necessitano sempre di più dell’utilizzo quotidiano della tecnologia, gli interventi e le strategie preventive messe in atto devono rispondere in maniera rapida, completa e costante ad un fenomeno che sembra diventare sempre di più una emergenza sociale.

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