La formula che Peano chiamò di Cavalieri-Simpson

La formula di Cavalieri-Simpson riguarda l’integrazione numerica. Si ottiene pensando di approssimare il grafico della funzione con archi di parabola.
Bonaventura Cavalieri (1598-1647)
La formula approssima l’area sottesa da un arco di curva C mediante la somma delle aree dei rettangoloidi ottenuti spezzettando C in un numero pari di archi di parabola. La formula è concettualmente analoga alla formula dei trapezi che, invece che con archi di parabola, approssima il grafico della funzione da integrare spezzettandolo in tanti segmenti di retta.
Della formula è stato già detto in Il calcolo di π con il metodo di Simpson. Si trattava in quel caso di …

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Gli indivisibili di Cavalieri visti da d’Alembert

Le quantità indivisibili di Cavalieri. La novità dell’uso dell’infinito in Geometria e il tentativo di addolcirlo sostituendolo col termine indefinito.
Jean-Baptiste Le Rond d’Alembert (1717-1783)
La voce Mathematique, o Mathematiques dell’Encyclopedie, nella traduzione di Biagio Scognamiglio, è, oltre ogni considerazione d’utilità, una lettura piacevolissima.  Jean-Baptiste Le Rond d’Alembert (1717 – 1783) è autore eccezionale e fa il punto della situazione. La voce è un affresco di che cos’è la matematica nella prima decade della seconda metà del XVIII secolo.  La matematica risalta, con le sue radici più profonde, nel suo sviluppo, nei suoi problemi fondazionali e dell’insegnamento, nei suoi agganci alla realtà. Un affresco semplicemente affascinante che conferisce luminosa chiarezza anche ai concetti base dell’analisi matematica nel loro porsi e nella loro maturazione. È un passo, questo di D’Alembert che di seguito si propone, che è illuminante per chiunque, docente, studente, ricercatore, sia in qualche modo interessato alla piena comprensione della matematica.
Il passo è tratto da Geometria
Nel 1635, due anni prima della pubblicazione della Geometria cartesiana, Bonaventura Cavalieri, religioso italiano dell’ordine dei Gesuati, che più non sussiste1, aveva donato la sua geometria degli indivisibili. In quest’opera egli considera le superfici come formate da infinite successioni di linee, che egli denomina quantità indivisibili, e i solidi come formati da infinite successioni di superfici, e in questo modo giunse a trovare l’area di certe figure e il volume di certi corpi. Poiché l’uso dell’infinito alla maniera di Cavalieri era allora una novità in Geometria, questo religioso,  temendo delle obiezioni, cercò di addolcire il termine infinito sostituendolo col termine indefinito, che in fondo per l’occasione aveva il medesimo significato.
Malgrado questa sorta di palliativo, ebbe molti avversari; però ebbe anche dei fautori, i quali adottando l’idea di Cavalieri la resero più esatta: sostituirono alle linee che componevano le superfici di Cavalieri dei parallelogrammi infinitamente piccoli e sostituirono alle superfici indivisibili di Cavalieri dei solidi di uno spessore infinitamente piccolo. Considerarono le curve come poligoni dai lati infiniti e in questo modo giunsero a trovare l’area di certi spazi curvilinei, la rettificazione di certe curve, la misura di alcuni solidi, i centri di gravità degli uni e degli altri. Gregorio di Saint-Vincent, e soprattutto Pascal, si distinsero entrambi in questo campo. Il primo, col suo trattato sulla quadratura del cerchio e dell’iperbole (1647), in cui mescolò qualche paralogismo con teoremi assai belli; il secondo, col suo trattato sulla roulette ovvero cicloide […], che sembra avere richiesto i più grandi sforzi dello spirito: ciò perché non si era trovato ancora il modo di rendere la Geometria dell’infinito molto più facile applicandovi il calcolo. […]
Da un altro canto si rifletté che i piani o i solidi infinitamente piccoli, da cui si può supporre che prendano forma le superfici o i solidi, crescono o decrescono in ciascuna superficie o in ciascun solido seguendo leggi differenti, e che così la ricerca della misura di queste superfici o di questi solidi si riduceva alla conoscenza della somma di una serie o di una infinita successione di quantità crescenti o decrescenti. Pertanto ci si applicò alla ricerca della somma delle successioni; è ciò che si chiamò aritmetica degli infiniti. Si giunse a sommarne parecchi e si applicarono alle figure geometriche i risultati di questo metodo. Wallis, Mercator, Brouncker, Jacques Grégori, Huyghens e qualche altro si segnalarono in questo genere e fecero di più: ridussero certi spazi e certi archi di curve in serie convergenti, vale a dire i cui termini andavano sempre diminuendo, e di qui dettero il mezzo per trovare il valore di questi spazi e di questi archi, se non esattamente, almeno per approssimazione, perché ci si avvicinava al vero valore tanto più quanto più grande si prendeva un numero di termini della successione o serie infinita che lo esprimeva.
Tutti i materiali del calcolo differenziale erano pronti ormai e non restava da fare che l’ultimo passo. Leibniz fu il primo a pubblicare nel 1684 le regole di questo calcolo che Newton dal canto suo aveva già  trovato. […] Ma questi scritti, per quanto ammirevoli siano, non sono niente, per così dire, se paragonati all’immortale opera [di Newton] intitolata Philosophiae naturalis principia matematica, che può essere considerata come l’applicazione più estesa, più ammirevole e più felice che sia stata mai fatta della Geometria alla Fisica.
Questo libro [di Newton] oggi è troppo conosciuto, perciò non aggiungiamo maggiori dettagli. […] Qui non parliamo […] di qualche altro scritto geometrico meno importante, tutti però di prima forza, tutti brillanti di sagacia e inventiva, come la sua Analysis per aequationes numero terminorum infinitas, la sua  Analysis per aequationum series, fluxiones et differentias, il metodo dei flussi, il metodo differenziale, eccetera. Quando si considerano questi monumenti immortali del genio del loro autore,  e quando si considera che questo grand’uomo aveva fatto le sue principali scoperte a soli ventiquattro anni, si è quasi tentati di sottoscrivere ciò che dice Pope, che la sagacia di Newton sbalordì le intelligenze celesti e che queste guardarono a lui come a un essere intermedio fra l’uomo e loro stesse: d’altronde è ben fondata l’esclamazione homo homini quid praestat! ossia: quale distanza c’è fra un uomo e un altro uomo!
L’edificio innalzato da Newton ha questa immensa altezza, pur non essendo stato portato a termine. Il calcolo integrale in seguito è stato estremamente perfezionato  da Bernoulli, Cotes, Maclaurin e altri e dai matematici venuti dopo di loro. […] Sono state fatte applicazioni ancora più raffinate e oseremmo dire più difficili, più felici e più esatte della Geometria alla Fisica. È stato aggiunto molto a ciò che Newton aveva intrapreso circa il sistema del mondo: soprattutto sotto questo aspetto è stata corretta e perfezionata la sua grande opera sui Principi matematici. Quanto alla maggior parte dei matematici ancora viventi che hanno contribuito ad arricchire la Geometria mediante le loro scoperte e ad applicarle alla Fisica e all’Astronomia,  avendo partecipato forse anche noi  in qualche misura a questi lavori, lasceremo ai posteri il compito  di rendere a ciascuno la giustizia che merita, e termineremo qui questa breve storia della Geometria: chi vorrà istruirsi più a fondo, potrà consultare i diversi autori che hanno scritto su questo argomento.Jean-Baptiste Le Rond d’Alembert, Mathematique, o Matematiques, 1751-1758
NOTE

Cavalieri fece parte dei Gesuati e non dei Gesuiti. La storia dell’ordine, sciolto nel 1668, è su Cathopedia.

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