Quali (e quanti) danni provocano i fulmini?

Sono anni che i fulmini sono oggetto di studi approfonditi ma molti aspetti del loro comportamento non sono ancora stati chiariti del tutto. Sta di fatto che quando si scatenano nel cielo, procurano spettacoli di luce eccezionali. Il fulmine è infatti una potente scarica elettrica, con luce (il lampo) e suono (il tuono): il suo “habitat” sono le grandi nubi temporalesche, che da noi si creano soprattutto d’estate. È frutto delle cariche elettriche prodotte negli scontri tra goccioline d’acqua, cristalli di ghiaccio e graupel (grandine molle). Le scariche possono poi avvenire tra nube e suolo (le più temute, ma la minoranza), tra nube e nube o dentro una nube.

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2023, l’anno nero della grandine in Italia

Ricordate le grandinate dell’anno scorso? Se pensate che siano state più violente del solito, non vi sbagliate. Anzi: per essere precisi, non hanno precedenti nella Storia recente. Quelle cadute sul Nord Italia lo scorso luglio, infatti, sono state le peggiori degli ultimi 40 anni e forse più. Hanno ferito 242 persone e causato danni per 3 miliardi di dollari, (2,77 miliardi di euro). Il nostro Paese, infatti, è stato il più bersagliato in Europa dalla grandine gigante, con chicchi grandi come pesche, e in alcuni casi, in Friuli, come meloni. Proiettili pesanti anche 200 grammi, che hanno causato danni ingenti ad automobili, edifici e campi coltivati. Ma anche a persone e animali.

L’europa. E l’Italia non è un caso isolato. L’Europa intera, nel 2023, ha segnato un record assoluto di grandinate di grandi dimensioni: quasi 10mila, contro una media che si aggirava sui 2mila eventi, con picchi massimi di 3mila negli ultimi 7 anni.
È una pessima notizia, perché non è stato un fenomeno né casuale né passeggero: è un segno tangibile del cambiamento climatico in atto. Le grandinate più frequenti e più intense sono infatti uno degli effetti del riscaldamento globale, che immette molta più energia nelle tempeste. Dunque, dovremo imparare a convivere con questi eventi. Il 2023, infatti, è stato uno spartiacque, e non solo per gli studiosi del clima. Anche per le compagnie di assicurazione: d’ora in poi il rischio di grandinate violente sarà considerato più elevato, con effetti tangibili sui costi o sulle condizioni delle polizze.
Lo scenario emerge dall’ultimo report dell’European Severe Storms Laboratory (ESSL), il centro di ricerca europeo che studia i fenomeni meteo estremi.

RECORD. L’anno appena passato si è chiuso infatti con tre record negativi per tutta Europa: ha registrato il maggior numero di eventi segnalati (9.627) negli ultimi decenni; il maggior numero di giorni di grandine di grandi dimensioni (229 giorni, cioè 7 mesi e 3 settimane) e il chicco più grande della Storia d’Europa, lungo 19 cm e caduto in Friuli Venezia Giulia. 
E quest’ultimo è un indizio eloquente: se la Francia ha registrato il maggior numero di grandinate (con il 15,6% delle segnalazioni), l’Italia la segue a ruota (15,2%), ed è il Paese europeo dove sono caduti i chicchi più grandi, i più dannosi. In questa classifica catastrofica, la Germania è al terzo posto.

Le grandinate che hanno colpito l’Italia nel 2023. In viola i chicchi giganti (sopra gli 8 cm di diametro).
© ESSL, European Severe Storms Laboratory

LE “SUPERCELLE”. A che cosa è dovuta questa impennata di grandinate? «In parte è dovuta al fatto che l’ESSL e le reti di osservatori stanno diventando più efficienti nella raccolta delle segnalazioni», avverte Tomas Pucik, autore del report.

Le grandinate sono aumentate, insomma, perché il monitoraggio del territorio è diventato più capillare.
Ma la causa più rilevante è comunque un’altra: il riscaldamento globale, che favorisce la formazione di fenomeni meteo estremi perché aumenta l’evaporazione d’aria carica d’umidità dal mare o dalla superficie terrestre. Questo calore immette molta energia nella formazione di nubi temporalesche: «Nel 2023 si sono formate “supercelle”, ovvero sistemi temporaleschi molto intensi, ampi e persistenti», spiega Francesco Battaglioli di ESSL. «L’anno scorso si sono verificate 13 grandinate di questo tipo (nel 2022 furono solo 5), che hanno percorso più di 200 km nel loro sviluppo: il 13 luglio, ad esempio, si è formata una tempesta che ha viaggiato per 686 km, colpendo 5 Stati (Slovenia, Croazia, Ungheria, Serbia e Romania) per una durata record di 9 ore e 15 minuti».

Un’auto con il parabrezza sfondato dalla grandine in Germania.
© Unwetter Freaks

ENERGIA DAL MEDITERRANEO. La fonte di tutta questa energia? Il Mar Mediterraneo, che da maggio 2022 a maggio 2023 ha subìto l’ondata di calore più lunga mai registrata negli ultimi 40 anni, con temperature fino a 4 °C superiori alla media. Questo calore ha fatto evaporare più aria calda, che si è scontrata con le perturbazioni fredde in arrivo dal Nord Europa, causando la formazione di grandine. E l’Italia è stata la più colpita per la sua posizione geografica. La pianura Padana, in particolare, è una delle zone più grandinigene d’Europa perché trattiene molto calore ed è circondata da montagne: così, quando si hanno intrusioni di aria fredda dal Nord Atlantico, si creano le condizioni per la formazione di violente grandinate. Tanto che per i climatologi la Pianura Padana è la “hail alley”; il corridoio europeo della grandine, come il Wyoming negli Usa o l’Alberta in Canada.

E scenari come questo diventano sempre più frequenti: in uno studio pubblicato sul Journal of Applied Meteorology and Climatology Battaglioli ha rilevato che, rispetto agli Anni ’50, in tutto il Nord Italia, la grandine superiore a 5 cm di diametro è ora 3 volte più probabile, per l’aumento dell’umidità negli strati più bassi dell’atmosfera. In più la stagione delle grandinate si è allungata: il riscaldamento globale ha anticipato infatti l’inizio della stagione primaverile. 

GLI EVENTI PEGGIORI. Per il nostro Paese, il giorno più nero per la grandine è stato lo scorso 24 luglio: quel giorno sono state registrate 855 segnalazioni di grandine di grandi dimensione, con 119 feriti. La prima grandinata si è formata in Lombardia spostandosi a est fino alla Croazia.

Una perturbazione lunga 546 km durata 6 ore e 40 minuti che ha lasciato dietro di sè una scia di distruzione: tetti e parabrezza di automobili distrutti, facciate di case danneggiate e finestre rotte. In quell’occasione è caduto il chicco più grande mai registrato in Europa: 19 cm, uno in meno di quello raccolto nel 2010 a Vivian, nel South Dakota, con un diametro di 20,3 cm. Il maxi chicco è caduto ad Azzano Decimo (Pordenone), città colpita due volte dalla grandine gigante in soli 2 anni.

Il chicco di grandine caduto ad Azzano Decimo (Pordenone): 19 cm di diametro.
© ESSL

STRAGE DI ANIMALI. Le grandinate del 2023 non hanno causato solo danni a case e automobili, ma hanno ferito persone e animali. Un chicco di 10 cm di diametro che cade a 150 km orari ha la stessa forza di un proiettile calibro 9. Così le forti grandinate del 2023 hanno causato 328 feriti in tutta Europa, di cui oltre il 70% (242) in Italia.
E in molti Paesi i chicchi ghiacciati hanno fatto strage anche della fauna selvatica. In Lettonia la forte grandinata del 7 agosto ha ucciso o ferito un gran numero di cicogne, gru e altri uccelli. «Alcuni di loro rimangono in vari centri di cura a causa della cecità causata dai gravi danni agli occhi causati dalla grandine o dalla necessaria amputazione delle ali a causa delle ossa rotte», scrive il report. Due supercelle che si sono abbattute lo scorso 26 agosto sulla Baviera hanno ferito o ucciso il 90% della fauna selvatica: uccelli, lepri, cervi e vitelli. Diversi cavalli nelle fattorie «hanno riportato fratture ossee causate dagli impatti dei chicchi di grandine».

I danni a un edificio a Francenigo, in provincia di Treviso.
© Pretemp/Francesco De Martin

RISARCIMENTI RECORD. La situazione è seria. E le prime a occuparsene, oltre ai climatologi, sono le compagnie di assicurazione, che hanno ricevuto richieste di risarcimento per 3 miliardi di dollari, (2,77 miliardi di euro) solo in Italia dice un report di Gallagher RE, un broker internazionale di riassicurazione: è una delle società a cui le assicurazioni si rivolgono per coprire i risarcimenti di danni ingenti causati da catastrofi naturali. 
«La stima è ancora provvisoria: le richieste di risarcimento sono ancora in aggiornamento. Ci aspettiamo che le richieste di risarcimento arriveranno sopra i 4 miliardi di dollari. I forti venti trasversali, abbinati a chicchi di grandine di grandezza mai registrata prima in Europa, hanno letteralmente bombardato non solo i tetti, ma anche le facciate degli edifici. E stiamo parlando solo di danni assicurati: sono esclusi tutti i danni sui beni non coperti da assicurazione», avverte Crescenzo Petrone di Gallagher RE.

 

Danni alla facciata di un edificio a Dolo (Venezia).
© Pretemp/Alberto Gobbi

POLIZZE. «Fino a oggi», aggiunge Petrone,«per l’Italia i rischi maggiori fra le calamità naturali erano i terremoti e le alluvioni. La grandine non aveva mai causato danni così ingenti: la cifra più alta raggiunta in passato era di 500 milioni di euro. Le grandinate del 2023 sono state un campanello d’allarme: d’ora in poi dovremo considerare l’Italia un Paese a rischio anche per questo tipo di eventi». Questo comporterà un aumento dei costi delle polizze? «Temo sia inevitabile, e in modo significativo», risponde Petrone. «Ma le compagnie non interverranno necessariamente sul premio, cioè sulle tariffe da pagare. Potranno anche aumentare le franchigie, o eliminare la copertura per danni da grandine. Dipenderà dalle politiche delle singole compagnie. D’altra parte non si può negare che il mercato riassicurativo in Europa negli ultimi 4 anni sia in forte sofferenza. Escludendo il Covid, tutti gli altri eventi degli ultimi 2 anni sono stati catastrofi naturali rilevanti: l’alluvione in Germania, le grandinate in Francia e in Italia, il terremoto in Turchia… Tutti questi eventi hanno bruciato gran parte dei premi assicurativi. Mitigare i rischi dei cambiamenti climatici è ormai imperativo».

COME DIFENDERCI. Già, ma che cosa si può fare in concreto? Chi vive al Nord Italia dovrà attrezzarsi, investendo in vetri temperati per proteggere le serre o in pannelli solari resistenti. Per salvare i loro raccolti, gli agricoltori dovranno proteggerli con reti antigrandine, utili anche a difendere gli impianti di condizionamento installati sui tetti.

Reti antigrandine per proteggere i raccolti.
© Shutterstock

E fra giugno e agosto, la stagione dei picchi della grandine, è utile monitorare le previsioni del tempo per non farsi sorprendere dalle forti grandinate: l’ESSL ha attivato stormforecast, un sito che mostra stime di probabilità della grandine e dei fulmini con 2 giorni di anticipo nel raggio di 40 km.
Negli Stati Uniti, le compagnie d’assicurazione hanno finanziato un laboratorio, Insurance Institute for Business & Home Safety (IBHS) che studia sul campo gli impatti degli eventi avversi (grandine,vento, pioggia e incendi), e pubblica manuali che identificano le buone pratiche per proteggersi. «È un’iniziativa molto interessante, che purtroppo non ha corrispettivi in Europa», commenta Petrone. «Un’iniziativa del genere sarebbe molto utile, perché permetterebbe di ridurre le tariffe assicurative per i clienti che adottano comportamenti virtuosi, come già accade con la scatola nera delle auto».

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Quello che il riscaldamento globale ci porta via

Cambiamento climatico: più grandine in Italia

Recentemente, un violento temporale con bombe d’acqua, che si è trasformato in una grandinata con chicchi di ghiaccio grandi come noci, ha sorpreso Milano e il suo hinterland. Fenomeni meteo come questi (o anche peggiori), stanno diventando sempre più frequenti in tutta Europa e ancora di più in Italia.
Lo dicono i dati dell’European Severe Storms Laboratory (Essl), che indaga sui fenomeni meteo più intensi: negli ultimi 16 anni in tutta Europa le grandinate con chicchi superiori ai 2 cm di diametro sono più che triplicate.
brutte Previsioni. Il futuro non fa ben sperare: secondo le ultime ricerche, dovremo rassegnarci a convivere sempre più spesso con le forti grandinate. In uno studio pubblicato su Npj Climate and Atmospheric Science un gruppo di meteorologi di Essl ha simulato 14 diversi scenari climatici da qui al 2100, con un risultato inequivocabile: in tutte le proiezioni, le grandinate di grandi dimensioni (con chicchi superiori ai 5 cm di diametro) risultano aumentare dal 47% al 139% rispetto a oggi. Soprattutto in Italia Settentrionale.
Perché queste previsioni fosche? E perché proprio l’Italia? E come possiamo difenderci?

Le zone critiche. Studiare la grandine non è semplice. «Le grandinate evolvono rapidamente e colpiscono aree limitate. Questa loro natura sfuggente rende difficile sia l’osservazione sia la previsione», osserva Sante Laviola, ricercatore dell’Istituto di Scienze del­l’Atmosfera e del Clima al Cnr di Bologna. La grandine si forma quando intense correnti ascensionali calde, ricche d’umidità, spingono le gocce d’acqua verso le quote più alte e fredde delle nubi temporalesche: si formano cristalli di ghiaccio che, scontrandosi, si aggregano fra loro dando origine ai chicchi che poi precipitano a terra.
Perciò la grandine cade più spesso nelle zone costiere, dove il mare, evaporando, produce molta umidità e aria calda, e nelle zone montuose: le montagne spingono i venti orizzontali verso l’alto, intensificando le correnti ascensionali dei temporali. E le quote più elevate, a temperature più basse, consentono alla grandine di restare congelata prima di arrivare al suolo.
Ecco perché le zone più colpite dalla grandine sono le grandi pianure americane, il Sudafrica, l’Argentina Centrale, la Cina, l’Australia del Sud e l’Africa Equatoriale. La località peggiore al mondo è Kericho (Kenya), a 2.200 metri di quota sulla Rift Valley: qui grandina in media un giorno alla settimana per tutto l’anno.

Piogge di ghiaccio in Europa e in Italia. Anche l’Europa non scherza: le zone vicine alle montagne in Francia, Germania, Polonia, Italia sono le più bersagliate.

Di recente, diversi scienziati hanno studiato retrospettivamente i dati meteo e satellitari degli ultimi decenni alla luce delle più recenti scoperte sulla dinamica della grandine. E i risultati non lasciano dubbi: in Europa le piogge di ghiaccio sono diventate molto più frequenti.
Uno studio del gruppo di ricerca di Laviola, pubblicato sulla rivista Eos, ha rilevato che nell’ultimo decennio (2010-2021) le grandinate forti sul bacino del Mediterraneo sono aumentate del 30% rispetto al decennio precedente (1999-2010). E l’incremento è ancor più notevole se ci si spinge più indietro nel tempo: rispetto agli Anni ’50, ha scoperto Francesco Battaglioli di Essl, «le grandinate con chicchi superiori ai 5 cm di diametro sono triplicate nel Nord Italia e quasi raddoppiate nel Sud Italia. Il nostro Paese è quello dove si è registrato l’incremento più forte in assoluto in tutta Europa».Danni, morti e feriti: perché? Perché avviene questo? Il sospettato numero uno è il riscaldamento globale, che favorisce la formazione di fenomeni meteo estremi perché aumenta l’evaporazione d’aria carica d’umidità dal mare o dalla superficie terrestre. «Il bacino del Mediterraneo si sta scaldando del 20% più velocemente rispetto alla media globale, e questo calore immette molta energia nella formazione di nubi temporalesche», spiega Laviola.
«Lo stesso avviene nella Pianura Padana, una delle zone più grandinigene d’Europa perché trattiene molto calore ed è circondata da montagne: così, quando si hanno intrusioni di aria fredda dal Nord Atlantico, si creano le condizioni per la formazione di violente grandinate».

Non è un caso che uno degli eventi più gravi degli ultimi anni sia avvenuto a Bardolino (Verona), sulla costa orientale del lago di Garda: il 4 agosto 2002 una tempesta di grandine con chicchi grandi come pesche causò 20 feriti e danni per 590,7 milioni di dollari dell’epoca (dati MunichRe). Perché le grandinate possono danneggiare i raccolti (soprattutto di mais, grano, soia), le coperture delle serre, i parabrezza e le carrozzerie delle auto, le tettoie. E mettere in ginocchio gli aeroporti, danneggiando i velivoli e rendendo impraticabili le piste d’atterraggio. Possono anche ferire e talora uccidere le persone.
In allerta due giorni prima. Che fare? I sistemi di allerta erano, fino a poco tempo fa, poco efficaci: le grandinate sono ancor più sfuggenti dei temporali, perché si formano in tempi rapidi e sono molto localizzate, possono colpire anche solo un’area di pochi km².

Per questo si poteva prevedere un evento al massimo con 30 minuti – ma più spesso solo con 10 minuti – di anticipo.
Ma ora Essl ha aperto un sito di previsioni meteo dedicate ai fenomeni più intensi: stormforecast.eu. «Il sito elabora in automatico, mescolando nostri algoritmi con modelli meteorologici mondiali, le probabilità di grandine e fulmini in Europa con una mappa interattiva», spiega Battaglioli. «Riusciamo a prevedere la formazione di temporali violenti, elaborando stime di probabilità della grandine con due giorni di anticipo. È un sito sperimentale, ma speriamo possa aiutare a monitorare i fenomeni più intensi».

Radar e satelliti. La formazione di grandine si può controllare in due modi: il più preciso è attraverso i radar meteorologici di terra, che rilevano i cristalli di ghiaccio in formazione in cima alle nubi. Ma i radar possono dare allerte con breve preavviso e per aree limitate. Più ampia la portata dei satelliti, che riescono a individuare, attraverso i sensori a microonde, la formazione di cristalli di ghiaccio nelle nuvole. Fino a pochi anni fa, si utilizzava solo lo spettro di frequenze basse delle microonde, sensibili ai chicchi più grandi.
Di recente Laviola ha utilizzato le frequenze più alte per riconoscere anche i chicchi più piccoli, rendendo così possibile identificare una grandinata già nelle fasi precoci di formazione. I satelliti meteo fotografano la situazione in tempo reale, ma con il rischio di sovrastimare le allerte: rilevano la presenza di grandine nelle nubi temporalesche, ma non necessariamente i chicchi raggiungeranno il suolo.
«I satelliti, in realtà, non captano direttamente i chicchi di grandine: rilevano invece come essi perturbano il campo di radiazione emesso naturalmente dalla Terra», precisa Laviola. «Il nostro metodo potrà essere adottato nelle nuove generazioni di satelliti meteo del programma Eumetsat, i MetOp di seconda generazione che saranno lanciati fra 2025 e 2039. Sono sei satelliti equipaggiati con sensori a microonde, che potranno aiutarci a monitorare le grandinate con maggior precisione: anche gli eventi che avvengono in mare aperto, che oggi per lo più ci sfuggono».

Le difese: reti e tetti più robusti. Che fare dunque? Le difese sono poche e costose: i campi coltivati si possono proteggere con reti anti grandine, e chi vive in zone a rischio di forti grandinate dovrà investire in strutture più robuste, ossia vetri temperati per serre e pannelli solari.

E i sistemi anti grandine, come i cannoni a onde sonore e l’inseminazione artificiale delle nubi?
«I cannoni antigrandine, che dovrebbero frantumare i chicchi in formazione nelle nubi sparando forti impulsi sonori, non sono efficaci», risponde Laviola. «Per quanto riguarda l’inseminazione delle nubi, è una pratica che consiste nel lanciare razzi che contengono ioduro d’argento o nel disperdere tali molecole dagli aerei che entrano nelle nubi temporalesche: questa sostanza, avendo alte proprietà igroscopiche cioè di attirare molecole d’acqua, fornisce ulteriori nuclei di condensazione per l’umidità o cristalli di ghiaccio, in aggiunta al naturale pulviscolo atmosferico, e rende la dimensione delle gocce e dei chicchi di grandine più piccola. Ma questo metodo ha costi elevati e risultati scarsi».

Le compagnie d’assicurazione. In Europa, intanto, oltre agli scienziati c’è qualcun altro che si preoccupa del fenomeno: le compagnie d’assicurazione. Bersagliate da sempre più richieste di risarcimento per danni, stanno correndo ai ripari: «Ci hanno richiesto mappe dettagliate sulle grandinate del passato, alla risoluzione di 10-20 km, per identificare le aree a più alto rischio nel nostro Paese», racconta Laviola. Se le polizze aumenteranno, ora sappiamo perché: è un altro regalo del cambiamento climatico in atto.

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