La slavista Vitale: “Bicocca? Svista clamorosa, senza Dostoevskij non c'è cultura europea”

La letteratura non può e non deve entrare in questioni di natura politica. E i suoi protagonisti non devono essere cancellati. Pena la perdita di un patrimonio inestimabile come nel caso degli autori russi dell’Ottocento i quali costituiscono almeno l’80% della cultura europea. La slavista Serena Vitale, traduttrice dal russo, scrittrice e per molti anni docente alla Cattolica di Milano, stigmatizza con forza la scelta, poi rientrata, dell’Università Bicocca di Milano di rimandare le lezioni dello scrittore e docente Paolo Nori su Dostoevskij.

“Se dovessimo rinunciare a Dostoevskij, Tolstòj e alla grande letteratura russa – spiega la studiosa all’AdnKronos – non ci sarebbe la cultura europea ottocentesca. Ne perderemmo almeno l’80 per cento. Che cosa ha a che vedere Dostoevskij con la crudeltà e l’efferatezza di un povero pazzo? Niente. Dostoevskij non era pazzo, era russo. Quella della Bicocca è stata una svista clamorosa, la rettrice ha commesso un grande sbaglio in un periodo in cui tutti siamo dispiaciuti e io, personalmente, sono devastata”.

E’ stato un errore insomma, “confondere i grandi russi con un paranoico, inebriato dall’idea del potere che viene dalle file del Kgb. Dobbiamo buttare tutti i libri russi che conserviamo nelle nostre biblioteche? Che cosa faccio – prosegue in modo provocatorio la slavista – non leggo Stendhal perché non mi è simpatico Macron?”. Secondo la Vitale la scelta dell’università milanese è stata assunta inizialmente per “essere più realisti del re. Ma in questo caso il re è un pazzo e noi siamo in Italia, un Paese in cui per fortuna posso leggere ancora quello che voglio. Si presume, d’altra parte, che i lettori abbiano una coscienza e siano in grado di discernere”.

“Dostoevskij – ricorda la slavista che ha vissuto a lungo in Russia dove si è formata – era proibito e, ancora fino agli anni Sessanta, non si leggeva nelle scuole e non si trovavano le sue opere. In circolazione c’era solo un’edizione pessima in cui mancavano le lettere. Questa era censura: consideravano Dostoevskij uno scrittore di destra”. Uno scrittore, però, “che non si può catalogare con nulla e che non ha niente a che fare con la politica. Con il secondo disgelo gli hanno fatto una statua davanti alla biblioteca Lenin, anche se sembra una contraddizione in termini”.

“Putin – osserva la Vitale – ha amplificato e moltiplicato per 20 la durezza staliniana. Non credo che conosca il carattere degli ucraini che sono duri, forti e attaccati alla loro patria. Finirà in un bagno di sangue se qualcuno non fermerà la guerra”. Un paese, l’Ucraina, temprato dalle sofferenze che hanno segnato la sua storia recente. Il ‘granaio d’Europa’, infatti, “ha avuto dai 10 ai 12 milioni di morti durante il periodo della collettivizzazione forzata”, afferma la studiosa che conclude con un ricordo personale: “Sono orgogliosa di amare la Russia, vi ho trascorso molti anni, ho trovato accoglienza anche se, certo, ho avuto problemi burocratici: negli anni Sessanta la vita era difficile ma io non me la prendevo con i singoli russi, anzi ho trovato in loro tanta solidarietà”.

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