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La Legione straniera tra storia e leggenda

Focus Rivista by Focus Rivista
Marzo 10, 2022
in Focus Cultura, Vedi le Riviste Culturali, Vedi tutti i post sulla Cultura
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Home Vedi le Riviste Culturali Vedi tutti i post sulla Cultura Focus Cultura

Il 10 marzo 1831 veniva fondata la Legione straniera. Ancora oggi si dice che solo tre cose sopravvivano nel deserto: i serpenti, gli scorpioni e i legionari. Il riferimento è ai soldati della Legione straniera francese, o semplicemente Légion étrangère, corpo militare d’élite composto da uomini “senza patria”. L’avventura della Legione straniera iniziò nel XIX secolo tra le dune del Sahara algerino e il suo controverso mito, amplificato dalla letteratura e dal cinema, non è ancora passato.

Arruolare gli stranieri. La Legione nacque in Francia nel 1831 per ordine del re, Luigi Filippo d’Orléans (1773-1850). Il Paese usciva da un periodo difficile. Dopo l’esilio di Napoleone, nel 1815, i Borbone avevano ripreso il trono ed erano riusciti ad assicurare un periodo di relativa pace. Ma nonostante ciò all’interno del Paese persisteva un clima di instabilità sociale. L’Europa, nel 1830, era stata sconvolta da una serie di moti rivoluzionari.

Nella stessa Francia le “tre gloriose” giornate di Parigi (27, 28, 29 luglio 1830) avevano costretto il re Carlo X a lasciare il trono, poi passato al moderato Luigi Filippo di Borbone Orléans. Nel Paese ormai “pacificato” trovarono rifugio molti stranieri (italiani, polacchi e spagnoli) in fuga dai loro Paesi e in cerca di occupazione. A questa folla di sbandati si aggiungevano fiumi di soldati stranieri: ex mercenari o soldati semplici che avevano fatto parte dell’esercito francese nel periodo delle rivolte e che ora si trovavano senza lavoro.

Fu allora, probabilmente con l’intento di dare un inquadramento a tutti questi irregolari che potevano creare problemi di ordine pubblico, che nel marzo del 1831 l’Assemblea nazionale francese votò una legge che permetteva la creazione di un nuovo reggimento in cui si potevano arruolare solo gli stranieri. «Le autorità concepirono la Legione come soluzione a una minaccia d’ordine pubblico, ma c’era anche un’altra ragione per crearla», spiega il saggista canadese Jean-Vincent Blanchard, autore del volume Legione di eroi (Piemme). «Nel 1830 la Francia si era imbarcata in un’impresa coloniale in Algeria e aveva bisogno di un corpo militare in cui la perdita di vite umane non suscitasse il contraccolpo che avrebbero scatenato eventuali vittime francesi».

Per chi non aveva niente da perdere. La Legione nacque così, quasi come una specie di “discarica umana”, con uomini che non avevano nulla da perdere, da impiegare come forza da combattimento nelle colonie. Uomini della cui eventuale morte non importava a nessuno. Così, per rimpolpare le file della Legione, fin dal principio furono arruolati non solo ex combattenti in cerca di una seconda possibilità ma anche individui che si erano macchiati di qualche crimine, intenzionati a “scomparire” dalla circolazione.

Al momento dell’arruolamento, infatti, era sì necessario dare le vere generalità, ma queste rimanevano segrete e chi voleva poteva usare un nome falso. La Legione diveniva così una nuova patria: Legio Patria Nostra recita non a caso il motto del corpo. E in questa patria si parlava tutti la stessa lingua, il francese (e chi non lo sapeva era costretto a impararlo). Tuttavia la cosa più difficile che dovevano affrontare gli aspiranti legionari era la durissima preparazione psicofisica, che portava molte reclute, anche le più motivate, a mollare.

«L’addestramento del legionario era innanzitutto noto per le lunghe ed estenuanti marce nel deserto, durante le quali le reclute erano gravate sulle spalle da zaini dal peso insopportabile», dice in proposito Blanchard. Sui metodi di addestramento non si facevano sconti a nessuno: chi rimaneva indietro, era lasciato al proprio destino (marciare o morire, si usava dire). La disciplina era inflessibile e il grado di obbedienza richiesto verso i superiori assoluto (“la missione è sacra e la eseguirai fino in fondo, se necessario […] perdendo la vita” recita il codice d’onore dei legionari).

Legionari francesi impegnati in Afghanistan (2011).

Legionari francesi impegnati in Afghanistan (2011).
© DreamSlamStudio / Shutterstock

Fatiche quotidiane. Ma i compiti non finivano sul campo di addestramento (o di battaglia). Il legionario doveva anche gestire la routine quotidiana, in totale autonomia, per cui alle lunghe camminate di allenamento alternava momenti dedicati alla manutenzione delle armi e alla pulizia di caserme e fortini, i cui locali erano quasi sempre invasi dalla sabbia.

Tuttavia erano organizzati anche rari momenti di svago, come per esempio feste in caserma (ma solo sporadicamente). E se nelle fasi di addestramento gli uomini della Legione erano sostanzialmente interdetti dai rapporti con il mondo esterno, durante il periodo di ferma avevano diritto a qualche libera uscita. Molti dei legionari non avevano però affetti familiari e amavano passare le ore libere in qualche bettola a sbronzarsi o in compagnia di prostitute, dimenticando per un po’ la dura disciplina.

«Gli ufficiali chiudevano di solito un occhio di fronte a tali comportamenti poco “eroici”, sapendo che uno stato depressivo dei legionari poteva avere effetti ben peggiori», aggiunge l’esperto. E se qualcuno non si trovava bene non poteva dimettersi su due piedi dal reggimento, il rischio era quello di essere processati come disertori ed essere condannati al carcere militare. Ancora oggi è così.

Di guerra in guerra. Dopo la conquista dell’Algeria (dove fu collocata la sede centrale della Légion étrangère, a Sidi bel Abbès), i legionari furono inviati in Crimea (1853-1856), dove vinsero la battaglia dell’Alma contro i russi (1854). Poi fu la volta del Messico, ex possedimento spagnolo dove le forze francesi erano penetrate nel 1862 e dove il 30 aprile 1863 i legionari furono impiegati nella battaglia di Camerone. «Il capitano Jean Danjou, 62 legionari e altri tre ufficiali, ritrovatisi bloccati in una fattoria circondata dalle truppe messicane, rifiutarono di arrendersi e seguitarono a combattere finché pochi di loro rimasero in piedi, mentre gli avversari esclamavano che quelli non erano uomini, ma “demoni”», racconta lo storico. «Questo episodio fu considerato emblematico della tenacia in combattimento della Légion, la cui festa annuale fu fissata proprio al 30 aprile, “giorno di Camerone”».

Nel 1870 combatterono contro i Prussiani (sul suolo francese), per poi tornare a occuparsi delle colonie africane, destinate ad aumentare. Le imprese di questi uomini, in grado di combattere in ogni ambiente e con ogni clima, iniziarono intanto a fare il giro del mondo, ispirando romanzi, canzoni e, più tardi, anche film.

Parata della Legione straniera con i tipici copricapi bianchi.

Parata della Legione straniera con i tipici copricapi bianchi.
© wuthrich didier / Shutterstock

All’inferno. Dopo tanti successi, anche la Légion conobbe però un periodo di crisi, corrispondente all’ondata anticolonialista che travolse i possedimenti francesi, dopo la Seconda guerra mondiale. Nel 1954 il corpo combatté in Indocina nella feroce battaglia di Dien Bien Phu, dove a imporsi furono le forze vietnamite. Perduti i domini indocinesi, la Francia cercò di non dire “addio” anche all’Algeria, luogo in cui era iniziata la storia della Légion e dove le forze del Fronte di liberazione nazionale (Fln) avevano intrapreso, proprio nel 1954, una grossa battaglia per l’indipendenza.

«Ancora scossi dalla sconfitta subita a Dien Bien Phu, i legionari parteciparono alla battaglia di Algeri del 1957 e condussero poi operazioni antiguerriglia in tutto il Paese, giocando infine un ruolo di primo piano nel putsch dei generali che nell’aprile 1961 tentò di rovesciare il presidente Charles de Gaulle, reo di aver avviato negoziati col Fln». Nella Guerra di Algeria la Legione perse ogni aura romantica: i legionari organizzarono squadroni della morte che si resero responsabili di torture e brutalità d’ogni sorta, anche contro i civili.

La notizia delle violenze indignò l’opinione pubblica e deteriorò l’immagine della Légion, i cui ranghi, dopo l’indipendenza algerina (1962), furono ridotti e sottoposti a un maggior controllo. «Il 24 ottobre 1962 gli ultimi legionari lasciarono il comando di Sidi bel Abbès e si trasferirono in Francia, stabilendo il nuovo quartier generale ad Aubagne, vicino a Marsiglia, dove si trova tuttora», afferma ancora Blanchard.

Un’epoca era finita, ma dopo la batosta algerina la Legione seppe pian piano ritrovare parte dello smalto perduto impegnandosi in operazioni di peacekeeping, monitoraggio di infrastrutture in aree a rischio, lotta al narcotraffico e al terrorismo. E infatti, ancora oggi, attira nuove leve. Per ciascun aspirante legionario, il momento più atteso è quello in cui, superato il tirocinio, riceve il képi blanc, caratteristico copricapo bianco visto in mille film e divenuto simbolo del corpo. È a quel punto che finalmente inizia la vera avventura, che per molti consiste, come un tempo, nel ricominciare da zero una seconda vita.

———-
Questo articolo è tratto da “L’armata degli stranieri”, di Matteo Liberti, pubblicato su Focus Storia 147 (gennaio 2019) disponibile in formato digitale. Leggi anche il nuovo numero di Focus Storia ora in edicola.

Continua la lettura su: https://www.focus.it/cultura/storia/legione-straniera-storia-leggenda Autore del post: Focus Rivista Fonte: http://www.focus.it

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