'Le guerre di Putin', così Dell'Arti racconta la vita della spia che si fece zar

La leggenda racconta che il nonno di Vladimir Putin, battuto dal nipote di appena 8 anni in una partita a scacchi, continuasse a muovere i pezzi nonostante lo scacco matto subìto. E al giovane Vladimir che gli chiedeva il perché, nonno Putin rispose “E chi l’ha detto?. “Sono le regole”, protestò il bambino. “Quali regole? Un vero uomo le regole le stabilisce da sé” taglio corto nonno Spiridion. Vera o falsa che sia (soprattutto se falsa) questa storiella narrata dallo stesso leader russo sembra una metafora che precorre la visione del potere che dal 2000 – data della sua, in apparenza improvvisa, ascesa al potere – contraddistingue le scelte di Vladimir Putin. E’ un episodio, uno fra i tanti, che racconta Giorgio Dell’Arti in ‘Le guerre di Putin’, pubblicato da La nave di Teseo (pp. 151) e costruito in forma di immaginario dialogo intorno a una vita e una carriera – da impiegato, da spia, da leader sospinto dagli oligarchi e infine da ‘nuovo zar’ – in cui è difficile distinguere fra mito e verità.

Perché Vladimir Putin – da vero agente del Kgb, sua ambizione già da minorenne – sa che la segretezza e il mistero sono la sua forza. Il presidente russo in passato ha raccontato di se’ in pubblico: ma come spiega Dell’Arti sono storie quasi troppo ‘belle’ per essere vere, o comunque troppo funzionali a costruire il mito dell’uomo del popolo. Anche se poi, man mano che la fatica del potere si fa più pesante – spiega l’autore – “l’empatia che tanto conquistava gli elettori è stata sostituita da un distacco quasi annoiato, che confina con il fastidio”.

E’ la solitudine dei dittatori, che vanno di sfida in sfida, ammantandosi di invincibilità fino alla scommessa finale, persa la quale c’è solo la caduta vertiginosa. E non è un caso che – anche qui – il paragone che corre subito alla mente è quello di Napoleone (la cui vicenda peraltro è strettamente intrecciata con la storia della Russia).

Ma il libro di Dell’Arti non è solo una ‘somma’ di aneddoti o circostanze, a volte curiose, a volte sconcertanti, ma anche un promemoria di tutto quello che ha preceduto l’invasione dell’Ucraina. Perché – come emerge sempre più chiaramente – quello odierno è solo il punto di arrivo di un percorso che a Putin era ben chiaro e che in fondo non ha mai nascosto, ma che l’Occidente non ha saputo o voluto vedere.

Le ‘distrazioni’, le complicità involontarie, gli interessi palesi e occulti, l’inazione, le sottovalutazioni: è lungo l’elenco degli errori commessi mentre il Cremlino dispiegava la sua strategia ‘imperiale’, dalla repressione interna agli attacchi alla Georgia, dalla Crimea a Kiev. Il libro fornisce quindi un rapido background per inquadrare cosa abbiamo sbagliato e, quindi, cosa non si può più accettare. Perché in fondo – e può sembrare paradossale per una spia venuta dal freddo – Vladimir Putin è forse il leader più ‘trasparente’ di questi decenni.

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