Contro le identità culturali

Le guerre di aggressione contro le identità culturali. Il presidente russo parla di cancel culture ad opera dell’Occidente.

Recriminazioni infondate su presunte aggressioni culturali non mancano.

Durante la guerra di aggressione scatenata dalla Russia ai danni dell’Ucraina il New York Times  ha dato notizia di una dura presa di posizione del presidente russo contro l’Occidente sul piano culturale. Il presidente russo parla di cancel culture ad opera dell’Occidente a danno della Russia, vale a dire che gli occidentali starebbero adoperandosi per cancellare l’identità culturale russa: in questa prospettiva gli occidentali sarebbero animati da una “russofobia” intesa a negare i contributi russi alle arti e alla storia. Nel riportare la notizia, il  quotidiano statunitense attribuisce al presidente in questione una vera e propria “ossessione personale”, tale da spingerlo a una seconda guerra sul fronte  della cultura in nome di una asserita superiorità del suo paese.

Secondo il quotidiano statunitense il presidente in questione avrebbe dichiarato fra l’altro:

“Russian writers and their books are being banned […] The last time such a mass campaign to destroy objectionable literature was carried out was by the Nazis in Germany almost 90 years ago […] Domestic culture at all times protected the identity of Russia. It readily accepted all the best and creative, but rejected the deceitful and fleeting, that which destroyed continuity of our spiritual values, moral principles and historical memory.”

Sennonché la messa al bando degli scrittori russi e dei loro libri è a dir poco un abbaglio, perché l’Occidente è ben consapevole oggi come in passato dell’importanza dell’apporto culturale russo alle scienze e alle arti  e lo considera patrimonio dell’umanità.

Purtroppo la guerra comporta da parte dell’aggressore l’intento di distruggere l’identità culturale dell’aggredito.

Diametralmente opposta alla posizione del presidente citato come riportata dal New York Times  è la denuncia dello scrittore ucraino Andrei Kurkov su La Repubblica del 23 marzo 2022 col titolo Poeti, scrittori, attori: la nostra Spoon River. Lo scrittore comincia col riferire frequenti episodi di odierna repressione del dissenso in Russia sulla falsariga dell’Unione Sovietica degli anni Trenta, allorché il potere sovietico, proseguendo l’opera di annichilimento culturale ad opera della Russia zarista, “decise di annientare la cultura ucraina e quasi tutti gli scrittori, i poeti e i registi teatrali furono arrestati, inviati nel nord della Russia, nelle isole Solovki, e là fucilati”.

Oggi la storia si ripete.

Riferisce lo scrittore che deliberati bersagli dei bombardamenti russi sono scuole, università, biblioteche, chiese e che vengono uccisi studiosi sulle soglie delle loro case. Questa è stata la sorte, ad esempio, di Oleksandr Kisljuk, traduttore in lingua ucraina di Aristotele, Tacito, Tommaso d’Aquino e altri autori antichi.  È come se Aristotele, Tacito, Tommaso d’Aquino e altri autori antichi siano stati uccisi al pari del loro traduttore. Così conclude  Andrei Kurkov:

“Il ministero della cultura ucraino continua a lavorare e ogni giorno raccoglie nuove informazioni sulle istituzioni culturali e i monumenti storici distrutti dall’esercito russo. L’elenco dei crimini della Russia contro la cultura ucraina continua ad allungarsi.”

Vero è che in Europa e nella stessa Ucraina si sono verificati nei confronti di esponenti della cultura russa sporadici episodi di ostracismo, dovuti peraltro a comprensibili reazioni emotive piuttosto che a un deliberato intento di  mettere al bando tale cultura. Atteggiamenti ben lontani dal tradursi in tentativi di distruggere l’integrità fisica delle persone. Ben diverso è l’intento di cancellare in guerra il patrimonio culturale di una nazione aggredita, ricorrendo anche alla soppressione di suoi esponenti.

Scarso è lo spazio dedicato alle sorti della cultura, l’unica veramente in grado di aprire prospettive di reciproca comprensione fra i popoli, anche se la speranza di una solidale civiltà planetaria potrà continuare a essere insidiata da meschini calcoli economici e imprevedibili alterazioni di cervelli umani.

In Italia continuano le più disparate esternazioni a proposito delle responsabilità della guerra in atto e in particolare sull’opportunità di fornire aiuto militare al popolo aggredito.

C’è anche chi del popolo aggredito invoca la resa o depreca la resistenza come corresponsabile della guerra.

La libertà di espressione costituzionalmente garantita viene intesa da improvvisati esperti, disinvolti opinionisti e  sedicenti intellettuali, nonché politici interessati, come licenza di tralasciare i crimini di guerra in atto in base all’argomentazione che sempre nella storia ne sono stati commessi da più parti. Non parliamo poi degli atteggiamenti ambigui di chi continua a ragionare in termini di interessi. In nome di un realismo politico da aggiornare non si considera che la semplice minaccia di ricorrere alle armi nucleari ormai può essere esercitata da chiunque come  forma di ricatto.

Intanto, fatta salva qualche saltuaria eccezione, gli organi di informazione, che accolgono questa congerie di opinioni contrastanti, non danno il dovuto rilievo alla cancellazione in atto dell’identità culturale ucraina. Fra tutti i mali della guerra questo non è secondario. La cultura dà fastidio perché il suo nome è associato al nome della libertà.

Successivamente come esempio di contributo culturale dal respiro internazionale in campo scientifico sarà presentata la traduzione della voce dell’Enciclopedia dell’Ucraina dedicata alla matematica. 

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