Paolo Portoghesi spiega come 'Abitare poeticamente la terra'

Paolo Portoghesi è il grande architetto che ha legato il suo nome a progetti come la Moschea e Centro culturale islamico di Roma, l’Accademia di Belle Arti a L’Aquila, la piazza Leon Battista Alberti a Rimini, la chiesa di Santa Maria della Pace a Terni, il quartiere Rinascimento nel Parco Talenti a Roma, le case Baldi e Papanice a Roma, la concattedrale di San Benedetto a Lametia Terme. Eppure per il suo 90esimo compleanno l’illustre accademico studioso del Barocco e già presidente della Biennale di Venezia si è voluto regalare un libro che racconta, all’apparenza, solo un microcosmo.

E’ il ‘piccolo mondo’ di Calcata, il borgo sulla rupe tufacea, in provincia di Viterbo, che il professore emerito della Facoltà di Architettura dell’Università “La Sapienza” di Roma racconta in “Abitare poeticamente la terra” (Gangemi Editore), che Portoghesi ha scritto con l’architetto Giovanna Massobrio, che non è solo la moglie ma anche la complice e la collaboratrice professionale di un cursus honorum straordinario.

Già dal sottotitolo di questo volume di 400 pagine (“La casa, lo studio e il giardino di Calcata”) si capisce che i due autori raccontano la vicenda che li ha portati a vivere a Calcata, nella valle del Treja, in un primo tempo, come luogo in cui rifugiarsi nei giorni di festa e poi, mano a mano, come luogo in cui abitare in permanenza. La scelta di lasciare Roma è stato, paradossalmente, un atto d’amore verso la città, “per denunciare la perdita, provvisoria speriamo, del calore accogliente in cui le mura e gli uomini si confrontano e vivono in simbiosi”.

Spiega Paolo Portoghesi in un colloquio con l’Adnkronos: “Il libro è il racconto di un’esperienza di vita vissuta. Il distacco dalla città è avvenuto gradualmente, mano a mano che Roma stava diventando quello che oggi è: una città splendida per chi arriva da lontano e difficile per chi ci vive, soprattutto per chi ricorda la città di 40 o 50 anni fa, quando Roma era una capitale della cultura e dell’arte. La scelta di Calcata, in ogni modo, è stato un atto di amore per Roma, perchè i geologi ci raccontano che il Tevere prima dell’esplosione dei vulcani laziali passava nella valle Treja che presenta oggi un paesaggio molto simile, sia pure in miniatura, a quello in cui Roma è nata, nel IX-X secolo a.C.: un fiume, la campagna, i boschi di querce, i colli, i piccoli villaggi”.

“A parte il significato personale, per me e mia moglie Giovanna la scelta di vivere in un piccolo centro è stata anche quella di vivere meglio, in modo più sano – continua Portoghesi – Nel nostro tempo i contatti con la città e le manifestazioni culturali sono faciliate dai mezzi di comunicazione e non c’è più vivendo in un paese l’isolamento di un tempo. Alla crisi della città si deve reagire innanzitutto curandola – e questo è stato il mio principale obiettivo di architetto e urbanista – ma anche di denunciarne la decadenza”.

Se costruire è “un fare abitare”, secondo l’elaborazione del patriarca delle archistar italiane (anche se l’interessato non ama essere definito tale), Paolo Portoghesi e Giovanna Massobrio, trasformando dei fienili in una casa e dei lotti di terreno in un giardino, hanno realizzato la loro vocazione di architetti modellando lo spazio della vita “in funzione di una nuova alleanza tra l’uomo e la terra senza la quale la città e la terra stessa potrebbero perdere il dono, insostituibile, della abitabilità”.

Nel ‘microsmo’ di Calcata c’è tutto il ‘macrocosmo’ teorizzato da Portoghesi nella sua lunga attività accademica, nella militanza prima con la rivista “Controspazio”, da lui fondata e diretta, e ora con la nuova rivista “Abitare la Terra”, e nella progettazione in giro per il mondo. Proprio nella casa e nel giardino della sua dimora nel borgo nel Viterbese, dove approdò per la prima volta nel 1974, sono confluite tutte le forme tipiche dell’architettura di Portoghesi, che qui ospita anche il suo studio e la biblioteca personale e dove infine ha realizzato ex novo un ‘giardino delle meraviglie’ curato con ammirevole dedizione dalla moglie Giovanna.

E’ il suo “abitare” a Calcata che ha nutrito anche le più recenti teorizzazioni di Portoghesi, in particolare la “geoarchitettura”, un’architettura “umanistica” che deve rispettare alcuni criteri fondamentali: imparare dalla natura, confrontarsi con il luogo, imparare dalla storia, impegnarsi nell’innovazione, attingere alla coralità, tutelare gli equilibri naturali e contribuire alla riduzione dei consumi.

Spiega ancora il celebre architetto: “Io insegno da tempo la ‘geoarchitettura’ pur essendo in pensione da 18 anni; è una disciplina che cerca di correggere il rapporto architettura-natura sulla base di una nuova alleanza: l’uomo deve smettere di costruire secondo una logica puramente economica che produce spreco di energia, inquinamento e sfruttare il patrimonio degli antichi borghi invece di abbandonarli alla distruzione”.

Così il libro “Abitare poeticamente la terra” si presenta anche come un messaggio profetico di architettura e natura, di bellezza e sapienza, in cui un pensiero ricco filosoficamente si unisce alla poesia di Rainer Maria Rilke e Friedrich Holderlin, per cui Portoghesi vede la casa come “spazio interiore del mondo che accoglie insieme in sé il mondo stesso e l’interiorità umana”.

E dunque la casa contiene in sé “il sentimento del cosmo e una misteriosa percezione del tutto. Come contenitore del sogno, anzi dei sogni degli abitanti, la casa diviene spazio reale su cui si innestano spazi immaginari”. Su queste premesse si innestano le considerazioni sulla sacralità della soglia, sulla presenza del fuoco e del focolare e sull’antropomorfismo della casa.

La dimora di Calcata nasce dalla progressiva acquisizione di una serie di fienili, tanto da guadagnarsi la definizione di “casa dei sette fienili”. “La nostra scelta – evidenzia Paolo Portoghesi – è stata quella di costruire una casa occupando dei fienili abbandonati invece di realizzare un nuovo edificio e siamo riusciti a creare ugualmente la qualità ambientale lavorando all’interno di spazi già esistenti”.

Non solo la casa e lo studio, anche il giardino di Calcata assume un rilievo ideale nella loro concezione filosofica della vita e dell’architettura. Il libro si conclude, infatti, con un capitolo scritto interamente da Giovanna Massobrio, che ha realizzato il giardino al quale dedica con passione tutte le sue cure. Giovanna racconta la sua infanzia felice vissuta a Sanremo in un altro giardino intorno alla villa in cui risiedeva la sua famiglia, sullo sfondo del quale è nata la sua passione per gli animali, che poi ha trovato a Calcata una straordinaria occasione di allargamento.

Con grande fantasia, l’architetto Massobrio ha costruito lo scenario in cui si svolge la vita di animali di ogni genere, in gran parte liberi di scorrazzare per tutto il giardino: dalle capre maltesi e girgentane, agli asini amiatini, alle gru, ai pappagalli, ai gufi, alle faraone somale che sembrano vestite da un grande sarto per i loro colori scintillanti, alle cento papere di ogni provenienza che vivono intorno a un laghetto e che allietano con i loro versi e cinguettii questa specie di Arca di Noè, diventata luogo di pellegrinaggio per gruppi di appassionati che arrivano a primavera da ogni parte del mondo.

“Abitare poeticamente la terra. La casa, lo studio e il giardino di Calcata” si affianca ad un’altra recente pubblicazione di Paolo Portoghesi, “Poesia della Curva”, edito sempre da Gangemi. Il libro vuol essere il racconto della ricerca cultura di Portoghesi durata più di sessanta anni che ha avuto come obiettivo, di rendere, ancora una volta, “l’architettura un linguaggio capace di esprimere emozioni, speranze, scelte e rifiuti”.

(di Paolo Martini)

Continua la lettura su: https://www.adnkronos.com/paolo-portoghesi-spiega-come-abitare-poeticamente-la-terra_3fcLiMuk1bBiM7k9yiuqm3 Autore del post: ADN Kronos Cultura Fonte: https://www.adnkronos.com/

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