Samantha Cristoforetti torna sulla Stazione spaziale: partita la missione

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È partito in perfetto orario il Dragon Freedom di Space X, la navetta che si trova in cima al Falcon 9 e che sta per portare in orbita il Crew4, l’equipaggio di cui fa parte l’astronauta italiana dell’Esa Samantha Cristoforetti.

Per la navetta Dragon è un vero e proprio battesimo perché effettua oggi il suo primo volo in assoluto. La navetta porta il nome della storica Freedom che ha portato Alan Sheppard fuori dall’atmosfera terrestre, primo statunitense andato nello spazio nel 1961.

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Storica anche la rampa di lancio da cui Samantha Cristoforetti sta per volare verso la Iss, da qui sono infatti partire tutte le missioni Apollo e da qui è partito anche lo Shuttle della Nasa.

Per la Cristoforetti non è invece certo un battesimo: per l’astronauta italiana è un ritorno sulla Stazione spaziale internazionale. Proprio a poche ore dal lancio ha festeggiato il suo compleanno spegnendo le candeline durante la “quarantena” con i suoi compagni di viaggio.

A bordo della Dragon Freedom ci sono anche il comandante Kjell Lindgren, il pilota Robert Hines e la specialista di missione Jessica Watkins. Cristoforetti porta in orbita la missione scientifica Minerva e una volta a bordo assumerà il ruolo di comandante del segmento orbitale americano Usos.

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La stazione spaziale non è a rischio caduta

In queste ore sta circolando molto una dichiarazione di Dmitry Rogozin, responsabile dell’agenzia spaziale russa Roscosmos, che avrebbe affermato come le sanzioni internazionali messe in campo dopo l’invasione dell’Ucraina potrebbero interrompere i lanci dei razzi e delle navicelle russe che riforniscono la Stazione Spaziale Internazionale e le operazioni che la mantengono in orbita.
Rogozin, che non è uno scienziato ma che si trova alla guida dell’agenzia spaziale russa per motivi politici e lo stretto legame con il presidente russo Vladimir Putin, non è nuovo a minacce di questo genere e ha già fatto dichiarazioni dello stesso tenore nei giorni scorsi, ma si tratta di pura propaganda. Vediamo perché.
Caduta progressiva. La Iss si trova a 400 km di altezza, dove l’atmosfera è molto tenue (ma c’è) e ha un effetto frenante. Per questo la Stazione cade lentamente verso Terra e quindi ogni tanto è necessario correggere l’orbita, rialzandola. Per fare tutto ciò si utilizzano i motori di manovra del modulo russo Zvezda oppure i motori delle navette russe Progress (quelle che portano materiale ed esperimenti alla Iss da parte russa) attraccate alla Stazione.
È quanto è successo venerdì 11 marzo quando il cargo russo Progress MS-18, attraccato alla Stazione, ha acceso i propri motori per sei minuti, su comando del Controllo Missione russo, come previsto. Come fa notare Paolo Attivissimo: “La realtà dei fatti è completamente opposta alle sparate di Rogozin”.
Se è corretto dire che normalmente il mantenimento della quota orbitale dipende dai russi, è altrettanto vero che questa operazione è stata compiuta anche dal veicolo spaziale della Nasa Cygnus, di costruzione statunitense e anche’esso normalmente utilizzato per rifornire la Stazione Spaziale.
In quanto tempo? La quota orbitale della Iss si abbassa molto lentamente (si parla di mesi o anni) e il rischio che precipiti improvvisamente perché l’agenzia russa smette di fare i cosiddetti reboost programmati è una bugia propagandistica. Inoltre Nasa ed Esa, grazie anche a SpaceX, stanno sviluppando nuove procedure che possano essere svolte da altre navette. Il tutto per rendere la Stazione Spaziale Internazionale indipendente dai russi per queste operazioni. 
Diverso è il caso, invece, di accensione dei motori per cambiare in tempi rapidi la quota della ISS per evitare la collisione con i detriti spaziali. In questi casi la cooperazione con Roscosmos è imprescindibile e si può fare solo con i motori russi.

La Stazione Spaziale Internazionale vista di lato con i diversi moduli e le agenzie che li hanno sviluppati e ne assicurano il funzionamento. Le sanzioni internazionali potrebbero rendere impossibile la collaborazione russo-europea, rendendo problematica la manutenzione e l’evoluzione del modulo Nauka, che dipende in gran parte dal braccio telecomandato europeo ERA. Guarda i moduli dall’interno.
© ESA–K. Oldenburg

La fine della ISS. La Stazione Spaziale Internazionale è in orbita dal 1998 e gli anni si fanno sentire. La sua esistenza è comunque segnata, a prescindere dalla guerra in Ucraina. Grazie ai dati in suo possesso, la Nasa è fiduciosa che l’avamposto spaziale possa rimanere in salute fino al 2030, sebbene l’ultima analisi completa abbia proiettato i dati fino al 2028.
Come avverrà la dismissione? Un gruppo di ingegneri della NASA e dell’agenzia spaziale russa Roscosmos ha già definito alcuni aspetti delle modalità di “rientro” (ispirandosi a quanto fu fatto con la stazione russa MIR), con l’obiettivo primario di non provocare danni. Stando all’idea degli ingegneri verranno lanciate alcune navicelle Progress russe che, agganciate e grazie a una serie di accensioni dei loro motori, abbasseranno progressivamente l’orbita della stazione.
La traiettoria della ISS sarà tale da far precipitare questo oggetto gigantesco in un’area disertata dalle navi nell’Oceano Pacifico, dove c’è il cosiddetto cimitero dei satelliti. Con circa 400 tonnellate, la Stazione Spaziale è di gran lunga l’oggetto di fabbricazione umana con la massa maggiore che abbia mai fatto il giro della Terra. E siccome più grande è un oggetto, più è probabile che l’atmosfera non lo bruci completamente, è facilmente comprensibile che la Nasa stia studiando nel dettaglio il piano di rientro. 

E se i russi spengono tutto? Più problematica sarebbe invece una sospensione totale della collaborazione con Roscosmos nel programma della Stazione Spaziale Internazionale perché il segmento russo è responsabile della guida, della navigazione e del controllo dell’intero complesso. 
Nell’aprile 2021 il vice primo ministro russo Yury Borisov aveva suggerito che la Russia si sarebbe ritirata dal programma della Stazione Spaziale Internazionale già nel 2025 per perseguire una stazione spaziale nazionale.
La guerra in Ucraina e le conseguenti sanzioni potrebbero accellerare questo processo annunciato, ma difficilmente renderlo imminente, sia perché sarebbe irrazionale sia perché sulla Stazione ci sono ancora cosmonauti russi, Anton Shkaplerov e Pyotr Dubrov, insieme a quattro astronauti statunitensi Mark Vande Hei, Kayla Barron, Raja Chari e Thomas Marshburn e l’europeo Matthias Maurer.

Fantascienza e fantapolitica. Alcuni hanno ipotizzato che la Russia potrebbe sganciare i suoi moduli. Non è tecnicamente fattibile perché i due settori, quello occidentale e quello russo, sono integrati e non potrebbero funzionare uno senza l’altro. Il comparto russo  fornisce propulsione e controllo d’assetto, come detto; quello occidentale, semplificando, fornisce l’energia attraverso i pannelli solari. Entrambi i settori producono ossigeno, ma quello russo è meno efficiente e da solo non sarebbe sufficiente.
Altri avanzano l’idea che i russi potrebbe chiudere i portelli fra i due segmenti, ma in caso di emergenza lascerebbero in pericolo gli astronauti statunitensi ed europei. In caso di emergenza, infatti, ci si rifugia nelle Soyuz e si è pronti ad abbandonare la Stazione. L’ipotesi è un po’ improbabile.
La cosa più verosimile che potrebbe accadere è che la Russia si ritiri dagli accordi di far volare cosmonauti (ovvero russi) sulle Dragon (statunitensi) e astronauti (occidentali) sulle Soyuz (russe).

Check in – Check out. Intanto i programmi previsti per i prossimi mesi sono stati confermati e solo in parte modificati: il 18 marzo è previsto il lancio di una navicella Soyuz che dovrebbe portare in orbita tre cosmonauti e far rientrare subito dopo Shkaplerov e Dubrov insieme allo statunitense Mark Vande Hei. Atterreranno in Kazakistan e forse questo potrebbe creare qualche problema a Vande Hei.
Il 28 marzo dovrebbero arrivare sulla Iss i 4 membri della missione privata Axiom Space-1 che rimarrano in orbita per 10 giorni.
Intorno al 15 aprile, invece, arriverà sulla Iss l’astronauta europea Samantha Cristoforetti insieme agli statunitensi Kjell Lindgren, Robert Hines e Jessica Watkins a bordo di una capsula Crew Dragon (la quarta). Daranno il cambio ai 4 membri della missione Crew Dragon 3 il cui rientro è pervisto il 21 aprile.
Rifornimenti. Anche le navicelle senza equipaggio che riforniscono la Iss di cibo, una parte dell’acqua e materiale per gli esperimenti scientifici continuano i loro programmi di approviggionamento. Nasa ed Esa si affidano infatti alle navicelle Cygnus (che abbiamo visto possono anche rialzare l’orbita della Stazione) e Cargo Dragon di SpaceX.
L’ultima Cygnus (la 17) ha portato sulla Stazione oltre 3.500 kg di materiale a febbraio. La prossima missione di rifornimento (SpaceX CRS-25) è prevista per maggio. In questo senso gli astronauti occidentali non devono temere ritorsioni dall’agenzia russa.

I primi stop. Tuttavia le prime avvisaglie che qualcosa sta cambiando nei rapporti di collaborazione spaziale si sono già viste. Roscosmos ha fatto sapere in un tweet che non collaborerà più con la Germania negli esperimenti scientifici fin qui condotti nel settore russo: “il programma spaziale russo sarà adeguato sullo sfondo delle sanzioni. Ora la priorità (nella ricerca spaziale) sarà la progettazione di satelliti nell’interesse della difesa della Nazione”.

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Dormire (e altre attività quotidiane) sulla ISS.

I 10 oggetti più strani volati nello spazio

Numerosi oggetti strani sono finiti nello spazio da quando l’uomo ha iniziato l’esplorazione al di fuori del nostro Pianeta. Gli astronauti hanno portato con sé di tutto – palline da golf, foto di famiglia, giocattoli, calendari “piccanti”… Una volta toccò persino a un’automobile essere lanciata verso lo spazio profondo. Ora è il turno di Shaun, la pecora superstar della serie animata britannica Shaun the sheep: sarà l’unica astronauta della missione lunare Artemis 1 (che non prevede equipaggio umano a bordo). Curiosi di saperne di più? Ecco la lista degli oggetti secondo noi più originali che sono volati in orbita, almeno fino a oggi.

1. La pecora Shaun. «Un piccolo passo per un uomo, un grande passo per l’umanità», disse Neil Armstrong. Adesso, parafrasando la storica frase del primo uomo che mise piede sulla Luna, il grande passo è per le pecore. È quanto, ironicamente, ha fatto intendere il direttore dell’Esplorazione umana e robotica dell’ESA, David Parker, annunciando Shaun, il pupazzo della serie animata Shaun, the sheep come unico membro dell’equipaggio del modulo Orion della missione lunare Artemis I: «Questo è un momento emozionante per Shaun e per noi dell’ESA. Siamo molto felici che sia stato selezionato per la missione e capiamo che, anche se potrebbe essere un piccolo passo per un essere umano, è un passo da gigante per le pecore».
La missione della navicella spaziale Orion, che verrà lanciata a fine agosto 2022, sarà dunque controllata da Terra grazie Shaun che dal 2020 ha iniziato un programma di addestramento per astronauti. Il viaggio sarà davvero stellare: Orion eseguirà un sorvolo della Luna, utilizzando la gravità lunare per guadagnare velocità e spingersi a 70.000 km oltre dal nostro satellite, a quasi mezzo milione di km dalla Terra. Mai un uomo è andato così lontano. Ora il grande onore tocca a una pecora.

2. La Tesla Roadster di Musk. Con il lancio del Falcon Heavy del 6 febbraio 2018, il miliardario americano Elon Musk, fondatore di SpaceX, lanciò la sua Tesla Roadster rosso fiammante: alla guida, un manichino chiamato Starman. Una volta fuori dall’atmosfera, il guscio dell’ultimo stadio del Falcon Heavy si aprì, esponendo l’auto all’ambiente spaziale. Il 9 febbraio 2018 l’auto fu fotografata, ma ormai non si sa in quali condizioni sia, né se tornerà mai sulla Terra.
Durante il suo viaggio spaziale, la Tesla Roadster potrebbe essere stata distrutta dall’impatto di micro meteoriti. Inoltre, le radiazioni hanno forse causato la degradazione di alcune sue parti, come i sedili in pelle, gli pneumatici di gomma, e la carrozzeria in fibra di carbonio. Le componenti inorganiche come il telaio in alluminio, i metalli interni e alcune parti di vetro potrebbero invece resistere più a lungo: potenzialmente per milioni di anni, ma non si sa se in una forma riconoscibile. Una curiosità: dopo il lancio, Musk pubblicò la foto di uno dei componenti elettronici della Tesla Roadster su cui era scritto “fatto sulla Terra da umani”. 

Marketing spaziale: bere la Coca Cola anche in orbita.
© Focus

3. Orlogi Omega e coca cola. Si sa: la pubblicità è l’anima del commercio sulla Terra, figuriamoci nello spazio. Infatti, nel luglio 1969, quando l’Apollo 11 atterrò sulla Luna, Omega fece sapere che gli astronauti indossavano i suoi orologi. In seguito, nel 1985, la Coca Cola cambiò la formula della bevanda e brevettò una speciale lattina pur di essere bevuta nello spazio. E poi, in orbita arrivarono anche bicchieri e un distributore di Cola. Tutto, ovviamente, a prova di assenza di gravità.

4. La rivista Playboy. Nel 1969, Playboy era tra le rivista più vendute al mondo. E così, quando Charles Conrad e Alan Bean in viaggio sull’Apollo 12, hanno aperto un armadietto del modulo di controllo hanno trovato questa pagina del calendario di Playboy. Uno scherzo dell’equipaggio ai titolari della missione (a proposito, guarda la gallery donne nude sulla Luna).

Il calendario di Playboy in missione con l’Apollo 12? Uno scherzo dell’equipaggio.
© Focus

5. Palline da golf. «Nella mia mano sinistra ho una piccola palla bianca che è familiare a milioni di americani», dichiarò  all’Agenzia spaziale a Houston l’astronauta Alan Shepard, in missione nel 1971 con l’Apollo 14. Shepard era un grande appassionato di golf e durante la sua camminata sulla Luna portò con sé due palline da golf che, nonostante i guanti e la pesante tuta spaziale, riuscì con una mano sola a colpire: la prima, dopo un breve tragitto, si arrestò vicino a un cratere; la seconda, a causa della forza di gravità, ridotta di un sesto rispetto alla Terra, viaggiò – a detta di Shepard – per molte miglia. In realtà, oggi è stato calcolato che la prima palla cadde a una distanza di 22 metri, mentre la seconda a 36 metri.6. Barbie astronauta. Anche i giocattoli sono andati nello spazio molte volte per essere testati dagli astronauti, a partire dal 1985 con la STS-51D del 1985, la missione spaziale del programma Space Shuttle. Tra i tanti, anche una semplice trottola che ha sfidato la forza di gravità. A fine aprile 2022, insieme a Samanta Cristoforetti, è approdato nello spazio l’ultimo giocattolo: la Barbie a sua immagine e somiglianza. D’altra parte, la bambola più famosa al mondo ha sempre amato lo spazio: la prima Barbie astronauta è nata negli anni ’60. 

Due Barbie cosmonaute lanciate nello spazio dalla Mattel.
© Mattel

7. una pistola TP-82. I cosmonauti sovietici non vanno mai nello spazio senza un’arma. La tradizione è nata nel 1965, quando il Voschod 2, a causa di un guasto ai freni, atterrò a circa 1.500 km dal punto previsto di atterraggio: la foresta siberiana. In quel periodo dell’anno, lupi e orsi sono più aggressivi e avere un’arma sarebbe stato molto utile se gli astronauti fossero stati aggrediti prima dell’arrivo dei soccorsi. Da quella missione, i cosmonauti russi sono sempre andato nello spazio con una pistola TP-82 che negli anni fu sostituita da armi automatiche.

8. La Costituzione Italiana. Paolo Nespoli, nella sua prima missione spaziale del 2007 a bordo dello Space Shuttle Discovery, portò da Cape Canaveral la Costituzione della Repubblica Italiana. Lo rivelò l’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano durante un collegamento: «È il nostro e il vostro breviario comune», disse.

Paolo Nespoli ha portato nello spazio la Costituzione della Repubblica Italiana.
© Shutterstock

9. Foto di famiglia. Charles Duke, l’astronauta dell’Apollo 16, portò con sé una foto della sua famiglia per lasciarla sulla Luna. Sul retro della fotografia si legge: «Questa è la famiglia dell’astronauta Charlie Duke del pianeta Terra che è atterrato sulla Luna il 20 aprile 1972». Ormai, a causa dell’esposizione alle radiazioni del sole, la foto sarà completamente bianca, ma il suo gesto da buon padre di famiglia è rimasto famoso. 
10. monete. Nel luglio del 1961, l’astronauta Gus Grissom (che il 27 gennaio 1967 rimase ucciso nell’incendio dell’Apollo 1) al ritorno da 15 minuti di volo suborbitale, aveva in tasca monete varie e 30 biglietti da un dollaro. Non aveva calcolato, però, che avere le tasche della tuta spaziale pesanti in attesa di un elicottero di salvataggio nel bel mezzo dell’oceano Atlantico poteva essere rischioso…

La foto fatta dall’astronauta della NASA Charles Duke quando ha lascaito sulla Luna la fotografia di famiglia con una dedica.
© NASA

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