I ritratti “Espressionisti”

Dopo aver studiato l’arte degli Espressionisti con le classi terze abbiamo elaborato i ritratti di personaggi celebri stravolgendone i colori ed i tratti. Partendo da Edvard Munch e osservando i quadri degli Espressionisti tedeschi del gruppo die Brucke come Kirchner, Rottluff, Emil Nolde, Ensor abbiamo visto come i ritratti diventano grotteschi, spigolosi e rigidi, attraverso la deformazione dei colori e dei tratti. L’uso di colori accesi e del nero, le linee dure e grossolane contribuiscono a rendere questi volti molto espressivi e potenti.

Partendo da fotocopie in bianco e nero abbiamo lavorato con i pastelli ad olio creando campiture sature di colori irreali e forme spigolose con linee nere e contorni marcati. Ecco i ritratti, resi unici dalla nostra interpretazione Espressionista.

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Come una Xilografia Espressionista

In quest’anno particolare dove il laboratorio di arte è chiuso abbiamo provato comunque a lavorare in classe con i mezzi a disposizione e al posto della stampa, che eravamo soliti fare, abbiamo ricreato le caratteristiche di una Xilografia in un disegno in bianco e nero. Per questa attività ci siamo ispirati alle Xilografie dell’Espressionismo tedesco, stampe con matrici di legno con segni spigolosi e duri, figure con tratti primitivi e grezzi, il tutto limitato al contrasto massimo tra pochissimi colori.

Ogni studente si è ispirato ad un ritratto fotografico in bianco e nero e ha copiato su un foglio le linee principali del volto, le ombre e le luci della foto. L’immagine non è semplicemente copiata ma è interpretata in senso Espressionista, e cioè le linee vengono semplificate e rese grossolane e spigolose, e le ombre e le luci vengono ridotte a zone bianche e nere.

Un ultimo passaggio per imitare le venature del legno viene fatto con il FROTTAGE, tecnica di sfregamento di un pastello sulla carta appoggiata sopra una superficie ruvida, in questo caso una tavoletta di legno con venature verticali. Il frottage è fatto copn una MATITA NERA sulle zone bianche e con una MATITA BIANCA sulle zone nere

sotto il disegno si posiziona una tavoletta con delle venature in rilievo e si procede con il FROTTAGE con le matite nera e bianca.

Ecco i lavori degli studenti

stilizzazione a matita di un ritratto

definizione delle linee principali e delle aree bianche e nere

disegno con marker nero

frottage con matita bianca o nera su una superficie di legno

Edvard Munch, la collezione Meyer alla Courtauld Gallery

Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaEdvard Munch è uno degli artisti più esplorati e conosciuti, ma c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire, come rivela una mostra alla Courtauld Gallery di Londra. I quadri, che provengono tutti dalla collezione dell’imprenditore norvegese Rasmus Meyer a Bergen, mostrano l’evoluzione dell’artista e la sua sperimentazione con diversi stili fino a quando ha trovato la sua unica, inimitabile, inconfondibile voce.“Mattina”, il primo quadro in mostra, è stato dipinto nel 1884, quando Munch aveva vent’anni e interessato al realismo sociale. Un soggetto semplice, una donna seduta sul letto che guarda fuori dalla finestra. L’artista era interessato soprattutto a dipingere la luce che entra nella stanza e le diverse tonalità di bianco. I critici si scandalizzarono perché la donna ha un piede nudo e la camicia slacciata sul petto.Loading…L’evoluzione di Munch dalla a alla zetaPhotogallery17 fotoVisualizza Due soliDue soli anni separano due quadri che hanno lo stesso soggetto – la strada principale di Oslo – ma non potrebbero essere più diversi. Il suo “Giorno di primavera a Karl Johan”, del 1890, è un panorama a colori brillanti e intriso di sole dipinto nello stile pointilliste, chiaramente ispirato da Pissarro (un critico crudele soprannominò Munch “Bizzarro”). La “Sera a Karl Johan” del 1892, è una scena notturna da incubo, dai colori lividi, con una folla di persone con i volti pallidi e gli occhi allucinati, in gruppo eppure disperatamente soli. Come spiega Barnaby Wright, curatore della mostra, “vediamo Munch diventare Munch davanti ai nostri occhi”. Un quadro della collezione è considerato il momento esatto in cui Munch ha trovato il suo stile. “Notte d’estate”, un ritratto della sorella Inger sulla spiaggia, è immediatamente riconoscibile come opera dell’artista per l’essenzialità delle forme, il senso di malinconia che pervade la scena, il modo in cui il paesaggio ha una forza “emotiva”.Lasciatosi alle spalle ogni interesse per l’impressionismo, Munch vira decisamente verso un uso espressionista del colore e della natura e una radicale semplicità delle forme. In “Malinconia” un uomo in primo piano soffre per una storia d’amore finita, separato da un mare viola da una donna sullo sfondo, l’oggetto del suo desiderio, ormai lontanissima, che conversa con un altro.Il potere distruttivo dell’amore è uno dei temi principali dell’opera di Munch, che scrisse della “lotta tra uomo e donna che viene chiamata amore”. Una battaglia dalla quale l’uomo esce sempre perdente.Nei “Tre stadi della donna”, uno dei quadri più grandi dipinti da Munch, parte della sua serie “Il Fregio della vita”, la scena rappresenta l’evoluzione della donna da innocente fanciulla di bianco vestita a tentatrice sfrontata e nuda a vecchia pallida e spenta con abito nero. Sulla destra c’è un uomo affranto, con il cuore letteralmente sanguinante, isolato e separato dalle donne che non potrà mai raggiungere o capire.Nel 1908 Munch ebbe un esaurimento nervoso e passò otto mesi in una clinica psichiatrica a Copenhagen. La sua lenta ripresa coincise con la scoperta di un nuovo stile, più spontaneo e immediato, dai colori vivaci. “Si è ricostruito come uomo e come artista, una pennellata alla volta”, spiega Wright. L’”Autoritratto in clinica”, del 1909, segnala l’inizio di una nuova era per l’artista, meno conosciuta del suo decennio di angoscia.La mostra racconta anche l’evoluzione del rapporto tra artista e collezionista dalla guardinga esitazione degli inizi al consolidamento di una stima e rispetto reciproci.Munch accettò di vendere a Meyer opere che non avevano mai lasciato il suo studio, come i Tre stadi della donna, o che avevano un particolare significato per lui, come l’Autoritratto in clinica. Grazie alla collaborazione dell’artista, in pochi anni Meyer riuscì nel suo intento di creare una collezione completa che nelle 31 opere racconta l’iter artistico di Munch dall’inizio alla fine. Alla morte di Meyer i suoi figli eseguirono i desideri del padre donando l’intera sua collezione alla città di Bergen, dove restano tuttora nel museo costruito apposta e aperto nel 1924. Munch fece in tempo a visitarlo.

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