Quale energia per le future colonie marziane?

Quando si parla di missioni umane su Marte c’è un tema, tra gli altri, che fa discutere tecnici e scienziati: qual è il modo migliore per ottenere l’energia necessaria per i fabbisogni di una colonia umana sul Pianeta Rosso? Finora la maggior parte degli ingegneri che ha lavorato e lavora sulla logistica connessa all’ipotesi di una base dell’uomo sulla superficie di Marte, ha sostenuto che la soluzione migliore sia il nucleare: grazie a reattori nucleari a fissione miniaturizzati chiamati Kilopower, si potrebbe disporre 24 ore su 24, 7 giorni su 7, e in modo sicuro ed efficiente, dell’energia che consentirebbe di svolgere le attività previste sul Pianeta Rosso.

Dietrofront. Ora un team di ricercatori dell’Università della California a Berkeley mette in discussione questa ipotesi: secondo loro, sarebbe meglio affidarsi a pannelli fotovoltaici di ultima generazione, dotati di elevata efficienza, leggerezza, sicurezza.

I ricercatori hanno messo a confronto le due tecnologie, ipotizzando la permanenza di sei persone su Marte per un periodo di circa 480 giorni, che è lo scenario più realistico per una missione umana, tenendo conto che non sempre è possibile lasciare il Pianeta Rosso, in quanto occorre attendere il momento in cui la Terra e Marte si trovano in una posizione favorevole.

E quando non c’è il sole? I risultati, pubblicati su Frontiers in Astronomy and Space Sciences, dimostrano che per i più probabili siti di insediamento umano su Marte l’utilizzo del fotovoltaico avrebbe un’efficienza simile al nucleare, se non superiore. Certo, non si deve dimenticare che ci sono momenti in cui i pannelli fotovoltaici non riescono a produrre energia – di notte e durante le intense tempeste di polvere (non dimentichiamo che i rover Spirit e Opportunity “morirono” proprio a causa dell’impossibilità di produrre energia elettrica dai loro pannelli fotovoltaici in seguito a due tempeste di polvere) – per cui sono da prevedere sistemi per immagazzinare l’energia da utilizzare quando quest’ultima non viene prodotta dai pannelli: tra le ipotesi sul tavolo, c’è quella di usare celle a combustibile (alimentate da idrogeno prodotto dai pannelli) che possano fornire energia alla colonia di notte o durante le tempeste di sabbia.

Nella loro analisi i ricercatori hanno considerato diversi aspetti, inclusi quelli legati al trasporto dei materiali dalla Terra a Marte, dunque valutando il peso delle attrezzature da trasportare in un caso e nell’altro, stimando le capacità di trasporto dei razzi che vedranno la luce nei prossimi decenni ecc.

Tutto sommato… È pur vero, sottolineano gli scienziati, che, a parità di energia prodotta, il materiale necessario per la costruzione delle centrali nucleari richiederebbe apparentemente un minor peso e un minor volume rispetto a quello necessario a installare grandi distese di pannelli fotovoltaici. Tuttavia gli autori dello studio sottolineano come le centrali nucleari andrebbero costruite in numero ridondante (a quelle operative ne andrebbero affiancate un certo numero come riserva, da attivare in caso di incidenti) mentre questa necessità non è da prevedere nell’ipotesi dei pannelli fotovoltaici, dove il rischio di avarie e di rotture è innanzi tutto più improbabile, avrebbe conseguenze più limitate (la produzione di energia non si bloccherebbe del tutto) e richiederebbe interventi più semplici (non necessariamente si dovrebbe sostituire un’intera “centrale”).

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