Cannes è Rock con «Elvis», biopic di Baz Luhrmann

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Il Re del Rock and Roll al Festival di Cannes: fuori concorso è stato presentato l’attesissimo «Elvis», biopic di Baz Luhrmann dedicato al celebre cantante.
In una narrazione che segue la sua storia personale e la sua carriera, di particolare rilevanza è il rapporto con il suo manager, con il quale Elvis intreccerà un sodalizio artistico della durata di circa vent’anni. Il film si concentra proprio su questo rapporto complesso, a partire dalla crescita della prima rockstar della storia fino al raggiungimento della fama mondiale, vetta mai toccata in precedenza da nessun’altra star con così tanta veemenza. Il tutto mentre l’America vive uno sconvolgimento socio-culturale, che la porterà a grandi cambiamenti.

Classica narrazione di un’incredibile ascesa a cui seguono anche brutte cadute, in «Elvis» si sente moltissimo la presenza dietro la macchina da presa di Baz Luhrmann, regista australiano che annovera nella sua carriera film come «Romeo + Giulietta», «Moulin Rouge» e «Il grande Gatsby».Lo stile sovrabbondante e stordente di Luhrmann traspare soprattutto in una prima parte decisamente brillante, dove la messinscena riesce a trascinare lo spettatore all’interno delle scenografiche performance di Elvis.Col passare dei minuti, però, il racconto si fa più convenzionale e vittima di troppi stereotipi su come si gestisce un film biografico, perdendo un po’ dello slancio iniziale.

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«Elvis»

Un punto di vista interessante

Giocando con le temporalità del racconto, il film adotta un punto di vista interessante, utilizzando i ricordi del colonnello Parker per ricostruire le tappe fondamentali della carriera musicale di Elvis. L’idea è curiosa e non banale, seppur con qualche didascalismo di troppo verso la conclusione. È un film godibile «Elvis», anche se altalenante a causa di un bombardamento audiovisivo suggestivo ma alla lunga faticoso, che prova a nascondere alcuni limiti di una sceneggiatura non sempre coinvolgente. Buonissima prova del protagonista Austin Butler, giovane attore che s’impegna moltissimo, mentre meno intenso risulta Tom Hanks nei panni del manager.

Da evidenziare che, sempre fuori concorso, a Cannes è stato presentato in questi giorni un bel documentario su David Bowie intitolato «Moonage Daydream», che speriamo di vedere presto anche in Italia.

Broker

In concorso, un’ottima autrice come Claire Denis ha proposto un film molto deludente come «Stars at Noon», mentre convince ancora una volta Hirokazu Kore-Eda con «Broker».Il grande regista giapponese, Palma d’oro a Cannes nel 2018 per il bellissimo «Un affare di famiglia», fa qui il suo esordio in lingua coreana firmando una pellicola pienamente nelle sue corde. Al centro c’è una giovane madre in difficoltà, che decide di abbandonare il proprio neonato in un facility box. Invece che essere accolto dagli assistenti sociali, il bambino sarà però clandestinamente preso in custodia da due uomini che millantano di voler trovare per lui la famiglia migliore in cui crescere.

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Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaUno dei biopic più attesi dell’anno è il film più importante della settimana: «Elvis» di Baz Luhrmann arriva nei nostri cinema dopo la presentazione fuori concorso al Festival di Cannes. Dopo aver diretto lungometraggi come «Romeo + Giulietta», «Moulin Rouge» e «Il grande Gatsby», il regista australiano punta su uno dei nomi più importanti della scena musicale di ogni epoca e firma un film senza dubbio ambizioso, in cui è di particolare rilevanza il rapporto tra Elvis e il suo manager, protagonisti di un sodalizio artistico di lunga durata. Il film si concentra proprio su questa complessa relazione, a partire dalla crescita della prima rockstar della storia fino al raggiungimento della fama mondiale. Il tutto mentre l’America vive uno sconvolgimento socio-culturale, che la porterà a grandi cambiamenti.Classica narrazione di un’incredibile ascesa a cui seguono anche brutte cadute, in «Elvis» si sente moltissimo la presenza dietro la macchina da presa di Luhrmann, il cui stile sovrabbondante e stordente traspare soprattutto in una prima parte decisamente brillante, dove la messinscena riesce a trascinare lo spettatore all’interno delle scenografiche performance di Elvis.Col passare dei minuti, però, il racconto si fa più convenzionale e vittima di troppi stereotipi su come si gestisce un film biografico, perdendo un po’ dello slancio iniziale.Loading…«Elvis» e gli altri film del weekendPhotogallery4 fotoVisualizza Un film godibile ma altalenante Giocando con le temporalità del racconto, il film adotta un punto di vista interessante, basandosi sui ricordi del colonnello Parker per ricostruire le tappe fondamentali della carriera musicale di Elvis.L’idea è curiosa e non banale, seppur con qualche didascalismo di troppo verso la conclusione.La resa è altalenante, anche a causa di un bombardamento audiovisivo affascinante ma alla lunga faticoso, che prova a nascondere alcuni limiti di una sceneggiatura non sempre coinvolgente. Allo stesso tempo, però, va evidenziato come non fosse affatto semplice fare di meglio con una base narrativa tanto complessa e il risultato è comunque nell’insieme godibile, grazie anche all’ottima prova del protagonista Austin Butler: il giovane attore americano s’impegna moltissimo, mentre meno intenso risulta Tom Hanks nei panni del manager.California BeatsTra le novità del weekend c’è anche «California Beats», pellicola diretta da Nabil Ayouch, regista francese di origini marocchine.Protagonista è Anas, ex rapper, che trova un nuovo impiego in un centro culturale dove aiuterà i suoi studenti a liberarsi delle convenzioni sociali tramite il ballo e la cultura hip hop.È un film che gioca tutto sull’energia «California Beats», prodotto che ha come valore principale la buona prova dei tanti giovani attori in scena, per la maggior parte non professionisti, che infondono credibilità all’intera vicenda.Peccato però che la narrazione sappia troppo di già visto e che, paradossalmente, il film fatichi spesso a trovare il giusto ritmo per poter intrattenere come dovrebbe. Qualche interessante spunto iniziale lascia presto spazio a una narrazione troppo convenzionale, nonostante l’efficace caratterizzazione di tutti i personaggi in scena.Presentato in concorso al Festival di Cannes 2021, «California Beats» risulta così un film adatto quasi unicamente agli appassionanti dei generi musicali sopracitati e finisce per offrire meno riflessioni (sul tema dell’integrazione, ad esempio) di quelle che un soggetto del genere avrebbe potuto regalare allo spettatore.

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