Non solo poliziesco. Wilkie Collins, una penna che sapeva fare di biografia virtù
Arriva in libreria “Salvatemi dagli amici”, raccolta di tre interventi dello scrittore amico di Charles Dickens. Una scrittura spinta dalla necessità di avvincere con storie melodrammatiche e vorticose, e personaggi veri, con bisogni reali e non grotteschi
Forse fu l’oppio di cui abusava (soffriva di gotta reumatica e aveva una malattia agli occhi), forse l’intransigenza paterna e l’infelicità familiare che gli tormentarono l’infanzia (chiunque abbia l’intelligenza di farne tesoro anziché piagnisteo rivendicazionista ha una vera e propria miniera da cui attingere, citofonare Balzac), forse l’inettitudine completa alla vita pratica (prima in ambito commerciale, carriera gentilmente avviatagli dal padre nel ramo della vendita di tè, poi una laurea in Legge alla Lincoln’s Inn cui seguì la rinuncia alla pratica, causa noia mortale – però di avvocati pulluleranno tutte le sue storie), sta di fatto che Wilkie Collins è un perfetto esempio di come si può far di biografia virtù, diventare uno scrittore vero e restarlo per tutta la vita: Charles Dickens, amico di penna (scrissero, insieme, anche un romanzo) e di vagabondaggi tra Parigi e Londra su e giù per quartieracci, ne lodava e ammirava la dedizione straordinaria, la ferrea disciplina, l’ironia senza pari.
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