Clementi: “La mascherina a scuola non serve, necessario distanziamento e ricambio dell’aria”

Di redazione

“Anche in Italia stiamo assistendo a un picco di Omicron che a fine giugno declinerà e a luglio scomparirà. In estate siamo agevolati, si vive all’aperto e i raggi ultravioletti hanno un effetto inibente sul virus. Questa stagione, a dispetto dei catastrofisti che vedono nero anche d’estate, ci sta proteggendo”.

Così Massimo Clementi, direttore dell’Istituto di Microbiologia e Virologia all’Ospedale San Raffaele di Milano, ha seguito l’evoluzione del Covid da Alfa a Delta, da Omicron a. Omicron.

«Piano piano aumenterà la sua diffusione, e, come in un copione che abbiamo letto altre volte, diventerà dominante perché viene trasmessa meglio a causa di due mutazioni che ha nella proteina Spike”.

E ancora: “Ma non siamo di fronte ai picchi pandemici del passato, questa ondata è modesta e provoca sintomi lievi o spesso la gente …..

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Covid – Omicron: le cose che ancora non sappiamo

Dalla comparsa di Omicron lo scorso novembre, il coronavirus SARS-CoV-2 ha cambiato faccia: sono mutati i sintomi dell’infezione ma anche il suo modo di attaccare le cellule, di diffondersi nel naso e nei polmoni. Ci troviamo di fronte a un virus molto diverso da quello emerso a Wuhan a fine 2019. Un articolo pubblicato su Nature ha fatto il punto sulle domande ancora aperte in relazione alla bizzarra variante Omicron, così diversa dalle altre varianti cosiddette VOC (Variants Of Concern, varianti di interesse, da monitorare), altamente contagiosa (soprattutto nella sua sottovariante BA.2) e apparentemente meno capace di causare forme gravi della malattia.

Come riesce OMICRON a essere così trasmissibile? Omicron si distingue dalle altre varianti per l’elevata capacità di beffare le difese immunitarie dell’ospite – in particolare gli anticorpi neutralizzanti che riconoscono la proteina spike e bloccano l’ingresso al virus nelle cellule. È quindi soltanto l’abbondanza di ospiti disponibili – vaccinati inclusi – a facilitare la corsa di Omicron? O è invece qualche caratteristica intrinseca del virus così mutato a favorire il passaggio da persona a persona?

Un’ipotesi è che la concentrazione di particelle virali nel naso dell’ospite infetto risulti più elevata del solito – un’abbondanza tale da consentire l’esalazione di virioni infettivi a ogni espirazione. I dati su questo non danno indicazioni chiare: alcuni studi hanno trovato che Omicron si moltiplica più facilmente delle altre varianti nelle alte vie respiratorie o nelle cellule nasali in coltura; altri studi, che la quantità di particelle virali nell’alto tratto respiratorio dei contagiati è paragonabile, se non inferiore, a quella provocata dall’ormai scomparsa variante Delta.
Piuttosto, sembra diverso il modo in cui Omicron si fa largo nelle cellule umane. Mentre le precedenti versioni di SARS-CoV-2 usavano il recettore cellulare ACE2 per legarsi ai loro bersagli e un enzima (TMPRSS2) per agganciare la spike alla membrana delle cellule, Omicron accede al nostro corpo lasciandosi fagocitare da bolle lipidiche intracellulari, gli endosomi.

Questa caratteristica darebbe a Omicron un vantaggio in partenza: molte cellule del naso infatti esprimono il recettore ACE2 ma non l’enzima TMPRSS2. Questa versione di SARS-CoV-2 trova nel naso il suo habitat ottimale di diffusione e vi si stabilisce senza bisogno di raggiungere i polmoni o altri organi dove il TMPRSS2 è più presente. Restando nell’organo che usiamo per respirare e starnutire si diffonde anche più facilmente.

Omicron provoca una forma di covid meno grave? I dati su ricoveri e decessi sembrano indicare che Omicron dia in effetti una malattia più blanda, ma è molto difficile scorporare i suoi effetti dalla protezione offerta da vaccini e infezioni precedenti. Uno studio della Western Reserve University School of Medicine di Cleveland (Ohio) sui bambini di 5 anni, non ancora vaccinabili, ha dimostrato che le infezioni da Omicron avevano provocato meno visite al Pronto Soccorso, meno ricoveri in ospedale, meno accessi alla terapia intensiva e un minore ricorso a ventilazione polmonare rispetto a quelle da variante Delta. Un’altra ricerca sulla popolazione adulta in Sudafrica stima che il rischio di malattia grave e morte da covid con Omicron sia inferiore del 25%, per via di alcune caratteristiche del virus così mutato. Quali?

La minore capacità di moltiplicarsi nei polmoni e causare infiammazione a quei tessuti (per approfondire). E l’incapacità del virus nella variante Omicron di fondere assieme singole cellule polmonari, formando aggregati – i sincizi – che sono presenti nei polmoni delle persone decedute per covid.

Omicron-sistema immunitario: chi vince? Alcune ricerche evidenziano una minore capacità di Omicron di disabilitare gli effetti dell’interferone, una molecola prodotta in risposta all’aggressione di un patogeno che comanda alle cellule di alzare le difese. Le precedenti varianti riuscivano a evitare questa prima, importantissima forma di difesa dell’organismo, che quando manca (per esempio per qualche difetto genetico) predispone a forme gravi di covid.
Un’altra buona notizia è che le proteine virali riconosciute dalle cellule T (i linfociti capaci di riconoscere ed eliminare le cellule infettate dal virus) non risultano mutate nella variante Omicron. E quindi se le cellule T sono presenti per una passata vaccinazione, sono in grado di ridurre la severità della malattia nel caso ci si infetti comunque. Ecco perché le infezioni da tri-vaccinati o le reinfezioni con Omicron sono di solito non gravi.

Che cosa ci aspetta dopo Omicron? Con decine di mutazioni, Omicron è la più sperimentale tra le varianti di coronavirus che abbiamo incontrato: è quella con cui il virus ha esplorato il maggior numero di possibilità evolutive. In futuro potremmo scontrarci con un’altra sottovariante Omicron ancora più tosta di BA.1 e BA.2, oppure con una variante nuova e completamente diversa, com’è accaduto finora.
Il virus potrebbe perfezionare il modo di agganciare le cellule: uno studio dell’Università dell’Alabama di Birmingham su colture cellulari ha permesso di rilevare che dopo un po’ di tempo e di “giri” sulle cellule, il SARS-CoV-2 aveva acquisito la capacità di fondersi a una molecola che sta sulla superficie di tutte le cellule (l’eparansolfato). Oppure, potrebbe diventare meno sensibile alle poche armi farmacologiche che usiamo per contrastarlo: in laboratorio, quando si espone più volte il virus all’antivirale remdesivir, esso inizia a diventare meno sensibile all’azione del farmaco.

Per capire che cosa ci riserva il futuro bisognerà capire se il SARS-CoV-2, che è in grado di infettare diverse specie animali, come visoni, cervi e criceti, possa anche ritornare all’uomo mutato (è una delle ipotesi sull’origine di Omicron). Su una cosa sono tutti d’accordo: non è per nulla scontato che la prossima variante sia ancora meno grave di Omicron.

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