Il fantasy italico della “Saga del regno di Taglia”, un festino dark e sanguinoso

I romanzi grimdark di Luca Mazza e Jack Sensolini mettono in scena violenza cinematografica e cinici sbruffoni, in una deformazione della penisola nel Rinascimento. Il tutto con una lingua incredibilmente sofisticata per il genere, spruzzata di dialetto romagnolo

Nel fantasy non ci sono più solo epigoni o contestatori di Tolkien, più o meno fedeli all’ambientazione anglosassone. In Italia un sottobosco rigoglioso attinge ai nostri Medioevo e Rinascimento per costruire personaggi, trame e giocare con la lingua. Il meglio di questi racconti si trova nei due volumi di Zappa e spada (Acheron Books), antologia di “spaghetti fantasy”. Al formato classico del genere, la serie di romanzi, pensano Luca Mazza e Jack Sensolini con la “saga del regno di Taglia”, autopubblicata con il marchio Lethal Books. I romanzi Vilupera, Mattanza, Apocalemme e il racconto lungo Sudario sono quanto di più violento, grottesco e divertente il fantasy italiano abbia da offrire, intrattenimento puro che indovina una formula originale: il regno di Taglia è una deformazione della nostra penisola in un periodo fantastorico dark rinascimentale. Feudi e casate dai nomi storpiati – Castel Notturno in Penumbria, i Malavita a Crimini, la Pianura pagana – tramano gli uni contro gli altri mentre il re Sudario è impegnato nella crociata. Su tutti si erge il Colle di San Sepolto, la “chiesa” che venera l’Appeso ed è la principale promotrice di malvagità e nefandezze nel regno. 

Se i giochi di parole sui nomi possono strappare un sorriso di condiscendenza, questo verrà scacciato dalla violenza che si scatena in queste pagine. Sangue a ettolitri, personaggi brutali – che siano irresistibili cinici o spacconi odiosi – e un gusto quasi horror nel mettere in scena morti e torture. Il tutto trattato da una lingua sofisticata, cinematografica nelle scene di azione, colorata con iniezioni di dialetto tra il romagnolo e l’emiliano – gli autori sono della zona.  

Potrebbe venire in mente Tarantino, ma perché? L’originale è Sergio Leone. E in aria da “Trilogia del dollaro” c’è il Barbiere, il personaggio su cui apre Vilupera del 2019: un vendicatore dal passato oscuro, il rasoio è la sua arma. Un primo romanzo lontano parente del Trono di spade di G. G. Martin e della Prima legge di Joe Abercrombie, celebrati esempi del cosiddetto grimdark fantasy – quello sporco e crudo con protagonisti antieroi, poca magia e tanta politica. Mattanza, dell’anno scorso, cambia il registro, spingendo sul lato orrorifico: una caccia grossa a premi che si snoda lungo tutta la penisola. I personaggi si moltiplicano e anche le creature fantastiche. Più auto indulgente del primo episodio, ha come fine ultimo l’escalation di violenza estetizzante. Apocalemme, uscita recente, preme al massimo l’acceleratore: la città del titolo è presa d’assalto da schiere infernali la cui gerarchia demonologica è basata… sui semi della briscola.

La saga di Taglia prende a pesci in faccia molti cliché del fantasy. Partendo dalla decostruzione del genere messa in campo dal grimdark, Mazza e Sensolini fanno il giro completo. Non ripetono più la lezione metaletteraria sul modello eroico – quella per cui “nel mondo vero non ci sono eroi senza macchia e senza paura, quindi non ne troverete nemmeno nei nostri libri”, come se si leggesse fantasy per sapere come va il mondo vero. No, la saga è una festa spontanea della fantasia, perversa e liberatoria. Qualsiasi pretesa di verosimiglianza finisce alle ortiche. Si inventa di sana pianta l’intera fauna di quest’angolo dannato di multiverso, saccheggia a destra e a manca in un delirio citazionista che è inutile cercare di riassumere e che porta in scena i citati stessi: il personaggio Andrea G. dei Picchetti detto il Broccaccio (“la G sta per genio”, ricorda re Sudario in Apocalemme) è proprio Andrea G. Pinketts, tra i venerati da Mazza-Sensolini insieme con Alan D. Altieri e Valerio Evangelisti. A quest’ultimo, morto ad aprile, Apocalemme è dedicato.

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