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Viaggio nella storia: tra “sapere” e “saper fare”

È noto a tutti l’importanza dell’insegnamento  e dell’apprendimento della storia, anche  se l’interesse nei confronti di questa disciplina sta via via diminuendo, spinti sempre più dalla volontà di guardare solo in avanti.

Cicerone, invece, ha  definito la storia “magistra vitae”,  maestra di vita, in quanto la conoscenza del passato ci permette di indirizzare meglio la nostra esistenza e di evitare di riproporre errori già commessi. Ma come insegnare questa disciplina per non renderla noiosa e poco “attraente” agli occhi dei giovani alunni?

Esistono almeno due modi principali di insegnare (e di imparare) la Storia: quello cronologico e quello concettuale. Il primo prevede lo studio della storia  come una sequenza lineare ed ordinata di eventi, che si organizzano sotto forma di un’infinita catena.

Il metodo concettuale privilegia le fonti, con lo studio di raffigurazioni dell’epoca o riproduzioni di manufatti o documenti.

La Storia viene vista non come un insieme di conoscenze ma come una serie di oggetti e documenti che sopravvivono dal passato, cui va dato ordine.

Questo metodo è più deduttivo, consente un maggior approfondimento di un tema e un approccio che, nel mondo anglosassone, si definisce hands-on,  ossia che consente di “fare”, di “toccare con mano”.

Da questo modo di far lezione gli studenti escono con una comprensione più profonda della Storia, che va oltre la sequenza di date e di battaglie.

Naturalmente la cosa migliore è una combinazione tra i due approcci. Conoscere la Storia in ordine cronologico ma anche saper fare degli “approfondimenti” nei concetti trasversali. Una volta che è chiara ai ragazzi la linea del tempo, è bene analizzare la complessità dei dati storici, concentrandosi su alcuni eventi significativi.

Gli alunni della 2^F, insieme alla loro insegnante Cinzia Pedrazzi, hanno analizzato in questo modo il Seicento, un secolo dalle mille contraddizioni: Controriforma cattolica, guerre di religione, lo splendore del Barocco, la “caccia alle streghe” e la nascita della scienza moderna di Galileo sono avvenimenti che si verificano contemporaneamente.

Gli alunni sono partiti dallo studio degli eventi politici italiani ed europei del Seicento,  per poi approfondire degli aspetti.

Si sono soffermati sull’analisi di alcune pagine tratte dal romanzo storico “La chimera” di Sebastiano Vassalli, nel quale si narrano vent’anni di vita di Antonia, dalla sua nascita alla sua morte sul rogo, avvenuta nel 1610,  perché accusata di stregoneria.

I ragazzi hanno potuto riflettere sulla pratica della caccia alle streghe, un fenomeno che inizia nel 1300 ma che viene praticato ancora nel 1600, negli anni successivi alla riforma luterana, che ha la sua origine sulle irrazionali forme di pregiudizio. Collegandosi al curriculum di educazione civica hanno potuto riflettere quindi sul concetto di libertà religiosa sancito dall’art. 19 della nostra Costituzione.

In seguito è stato chiesto loro di analizzare un altro aspetto del XVII secolo, quello delle scoperte scientifiche, che stavano nascendo, in particolare quella relativa alla nuova visione del mondo elaborata da Copernico: la teoria eliocentrica.

I ragazzi si sono mostrati da subito molto interessati all’argomento, realizzando dei modelli di sistema eliocentrico, con tecniche e materiali diversi, passando così dal “sapere” al “saper fare”.

Uno Spazio di rifiuti

Non ci bastava inquinare il nostro Pianeta: da circa una quindicina d’anni abbiamo iniziato a riempire di spazzatura anche lo Spazio, dove galleggiano resti di satelliti, razzi ausiliari e armi antisatellite (ASAT). Secondo l’Orbital Debris Quarterly News della NASA, a febbraio di quest’anno la maggior parte della spazzatura spaziale arrivava da Russia, USA e Cina. Ma come sono finiti lì tutti questi detriti, e perché è importante smettere di produrne?

Secondo la Space Force statunitense, a novembre 2021 attorno al nostro Pianeta orbitavano oltre 19.000 rifiuti spaziali identificabili, la maggior parte grandi almeno 10 centimetri; gli oggetti non identificati potrebbero essere addirittura centinaia di milioni.

Sul numero 360 di Focus, in edicola in questi giorni, trovate (anche) l’articolo “Stazione Spaziale – L’ultimo chiuda il portellone”, in cui si parla del presente e (soprattutto) del futuro della ISS. Perché non ti abboni?
© Focus

Da dove vengono i rifiuti. L’attuale spazzatura spaziale è principalmente composta da frammenti di satelliti, razzi, sonde e rifiuti derivati dalle missioni; il primo vero accumulo di residui l’abbiamo avuto nel 2007, quando il satellite meteorologico cinese FengYun-1C è stato intenzionalmente distrutto in un test di armi antisatellite. Hanno poi contribuito ad aumentare la spazzatura spaziale prima una collisione tra due satelliti – Iridium-33 e Kosmos-2251 − avvenuta nel 2009, e poi un altro test di armi antisatellite condotto dalla Russia nel 2021, quando è stato disintegrato Kosmos-1408, di oltre due tonnellate di peso. Ognuno di questi eventi ha contribuito a inquinare lo Spazio con almeno mille frammenti di ferraglia.

Quali sono i Paesi che inquinano di più lo Spazio? Ecco il numero di detriti che ogni Stato ha in orbita (dati aggiornati al 4 febbraio 2022).
© Orbital Debris Quarterly News, NASA | Statista

I rischi. La spazzatura spaziale non rappresenta solo un rischio fisico per i satelliti attivi nell’orbita terrestre, che possono venire danneggiati dall’impatto (com’è successo l’anno scorso a Canadarm 2, la stazione spaziale della ISS colpita e ferita da un frammento non identificato), ma anche per il buco dell’ozono, che potrebbe venire ridotto dalle sostanze chimiche prodotte durante la combustione dei pezzi di satelliti che bruciano rientrando nell’atmosfera.
In un’ottica più ampia, spiega la Secure World Foundation, uno Spazio pieno di detriti non potrebbe di fatto essere visitato né utilizzato per scopi di sicurezza nazionale, osservazione terrestre, telecomunicazioni, esplorazione scientifica o sviluppo economico.

Previsioni per il futuro. Secondo quanto riporta l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD), diversi studi prevedono che nei prossimi anni il rischio di collisioni tra rifiuti spaziali e satelliti aumenterà considerevolmente: il più recente, del 2018, stima che nei prossimi 20 anni − in una costellazione di 1.000 satelliti a un altitudine di 1.200 km − il rischio che un satellite a banda larga di 200 kg e un frammento grande tra 1 e 10 cm si scontrino aumenterà di otto volte, passando dall’11% al 90%.

Tra il 2020 e il 2021 sono stati lanciati più satelliti e sonde spaziali che nel decennio 2010-2019: a dicembre 2021 orbitavano attorno alla Terra quasi 5000 satelliti. Nell’immagine, il totale degli oggetti spaziali lanciati nello spazio dal 1957 al 2021.
© OECD | Statista

Pulizia spaziale. Per tutti questi motivi è fondamentale iniziare a parlare di sostenibilità spaziale. In che modo? Un primo passo è stato fatto dagli USA, che quest’anno hanno annunciato lo stop ai test delle armi antisatellite che potrebbero creare spazzatura spaziale.
Se mettere un freno alla creazione di nuovi rifiuti spaziali è possibile, molto più complesso è rimuovere i rifiuti già presenti: secondo l’OECD questo processo si scontra con difficoltà tecnologiche, economiche e geopolitiche. Progettare e lanciare dei dispositivi di rimozione dei detriti spaziali è infatti non solo molto costoso e rischioso (in caso di insuccesso non faremmo altro che creare altra spazzatura spaziale), ma anche delicato dal punto di vista geopolitico, poiché i detriti potrebbero finire nelle mani sbagliate di un nemico, che potrebbe ottenere dati sensibili. Per questo, consiglia la OECD, i Paesi dovrebbero limitarsi a rimuovere dallo Spazio solo i propri satelliti o quelli degli alleati.

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