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Festival di Berlino: “Laggiù qualcuno mi ama”, l’omaggio di Martone a Massimo Troisi

Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaMassimo Troisi secondo Mario Martone: al Festival di Berlino è stato presentato “Laggiù qualcuno mi ama”, il nuovo film del regista di “Qui rido io” e “Nostalgia”.Proponendo contenuti inediti e una raccolta di testimonianze di colleghi e amici dell’attore, Martone racconta il mito di Troisi, una figura rimasta sempre viva nell’immaginario del cinema italiano.Grazie al lavoro del regista e di Anna Pavignano, compagna di Troisi nella sfera privata e professionale, il film ne ripercorre non (sol)tanto la vita, ma soprattutto la carriera, partendo dall’artista per poi arrivare all’uomo.Loading…I film del terzo giorno della BerlinalePhotogallery4 fotoVisualizza Martone vuole innanzitutto mettere in luce la carriera di Troisi come regista, prima che come attore comico, cercando di raccontarne lo stile e la poetica, i possibili collegamenti con altri autori e, in particolare, con la Nouvelle Vague francese e la figura di François Truffaut, ribelle come lui e artefice di un cinema libero e giovane che “Laggiù qualcuno mi ama” sottolinea come una possibile ispirazione.A sua volta la pellicola si concentra anche su quali siano gli artisti successivi che sono stati influenzati dal suo cinema e che Martone ha scelto di intervistare: tra questi Francesco Piccolo, Paolo Sorrentino, Ficarra e Picone, nonché diversi critici che si sono dedicati allo studio della sua figura, come Goffredo Fofi. La stessa Pavignano è stata incontrata da Martone, perché in qualità di co-sceneggiattrice di molti film di Troisi, ha potuto raccontare quali fossero i processi creativi da cui scaturivano le sue opere.Un atto d’amoreBastano le prime parole dello stesso Martone, che si mette in scena direttamente all’interno di questa pellicola, per capire quanto questo lungometraggio sia soprattutto un atto d’amore di un regista nei confronti di un uomo che aveva conosciuto e il cui cinema aveva molto amato.

«Nostalgia», il malinconico film di Mario Martone in concorso a Cannes

Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaAl Festival di Cannes è arrivato il giorno di Mario Martone: «Nostalgia» segna il ritorno del regista partenopeo a pochi mesi di distanza dall’ottimo «Qui rido io», presentato in concorso all’ultima Mostra del Cinema di Venezia.Dopo Valeria Bruni Tedeschi, che però ha firmato con «Les amandiers» un film di produzione prettamente francese, Mario Martone è il secondo e ultimo regista italiano in lizza quest’anno per la Palma d’oro. Protagonista di «Nostalgia» è Pierfrancesco Favino, che veste i panni di Felice, un uomo che torna a Napoli dopo quarant’anni di assenza.Loading…L’uomo, rientrato dall’estero dopo così tanto tempo per rivedere sua madre, resterà nel quartiere dove è nato (il Rione Sanità) più a lungo di quanto aveva previsto, riscoprendo i luoghi della sua giovinezza e facendo i conti con un passato che lo divora.Tratto dall’omonimo e toccante romanzo di Ermanno Rea, «Nostalgia» è un film che mette a confronto il passato e il presente, attraverso una diversa scelta stilistica con cui Martone sottolinea i passaggi relativi all’adolescenza del protagonista.Il confronto, però, è anche quello tra lui e Oreste, un amico d’infanzia, con cui ha commesso qualche piccolo crimine, fino a quando un uomo non è morto. Ora che è tornato nel Rione, Felice vorrebbe rivedere il suo vecchio amico, ma Oreste, noto ormai come il delinquente del quartiere, non si è mai allontano da quel mondo, che sembra averlo assorbito totalmente.Un film capace di emozionareNon è forse tra le opere più importanti di un grande regista come Martone, a causa di qualche passaggio troppo didascalico e un po’ scolastico nella parte centrale, ma «Nostalgia» conferma l’ottima mano di un autore sempre in grado di tenere salde le redini delle sue pellicole e di gestire al meglio tutti i dettagli della messinscena. Soprattutto nella prima parte, inerente al rapporto ritrovato tra il protagonista e l’anziana madre, il coinvolgimento emotivo è altissimo: Martone non cade mai nelle trappole della retorica e con tocco delicato costruisce alcune sequenze realmente degne di nota.Una menzione finale va all’ennesima, ottima prova di Favino in un ruolo complicatissimo non soltanto per dare volto ai tormenti interiori del personaggio, ma anche per un accento – quello di un italiano che si è trasferito in Egitto per così lungo tempo – tutt’altro che banale da rendere. Potrebbe essere tra i candidati alla Palma come miglior attore.

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