A 100 anni dalla marcia su Roma, ‘Nero di Londra’ di Cereghino e Fasanella svela i file inglesi desecretati su Mussolini e il fascismo

“Mussolini è in assoluto il personaggio italiano più celebre del mondo. Più di Cavour, Garibaldi, Guglielmo Marconi ed Enrico Fermi”. Che altro dire che non sia già detto? “Noi abbiamo voluto indagare un aspetto ancora sconosciuto del duce: le relazioni che ha intrattenuto coi servizi segreti inglesi”. Lo spiegano all’Adnkronos due studiosi, Mario José Cereghino, esperto di archivi anglosassoni, e Giovanni Fasanella, giornalista d’inchiesta, autori di “Nero di Londra. Da Caporetto alla Marcia su Roma: come l’intelligence militare britannica creò il fascista Mussolini”.

Il saggio, che rende visibile una trama sorprendente della storia di quegli anni, è in uscita domani per l’editore Chiarelettere, con cui i due ricercatori hanno già pubblicato insieme “Il Golpe inglese” (2011), “Colonia Italia” (2015), più volte ristampati, e -di recente- “Il Libro nero della Repubblica italiana” (2021). A un secolo dagli eventi che hanno stravolto per i venti anni a seguire la storia d’Italia e dell’Europa intera, infatti, questo volume getta una nuova luce su una serie di risvolti finora oscuri, relativi all’ascesa al potere mussoliniana e all’affermazione del fascismo, fornendo -grazie a una documentazione approfondita- particolari rimasti ignoti.

Un’inchiesta che, per la forza delle rivelazioni sul sostegno dell’intelligence e dei conservatori britannici, a Benito Mussolini, apre nuovi orizzonti circa i legami che hanno unito i due Paesi. “Fin dalla Prima Guerra mondiale -afferma Fasanella- i servizi militari britannici danno vita a un piano segretissimo, chiamato ‘The Project’, per il controllo totale dell’Italia a partire dall’autunno del 1917, subito dopo la catastrofe di Caporetto. Artefice di quell’iniziativa eversiva è il tenente colonnello Sir Samuel Hoare, capo del Directorate of Military Intelligence (Dmi) nel nostro Paese”. (segue)

Le responsabilità dei conservatori inglesi e della Corona britannica

La sua è una ‘missione impossibile’, ossia “impedire che l’Italia esca dalla guerra contro gli imperi centrali -ricorda l’autore- e, al contempo, porre le premesse di un sistema occulto, basato su gruppi di potere trasversali, fedeli alla Corona dei Windsor, garantendo così gli interessi vitali dell’Impero britannico nel Mediterraneo e nel Vicino Oriente”.

“Con l’assenso di Londra -prosegue il giornalista- Sir Hoare crea l’archetipo di un movimento politico e paramilitare che sfocia ben presto nei Fasci italiani di combattimento, guidati da Benito Mussolini. È il prototipo della ‘strategia della tensione’ come modello terroristico”. Finanziato dal Secret Service, sin dall’inizio del 1918, con il nome in codice di “The Count”, (Il conteggio ndr) il futuro duce conquista il potere nell’ottobre 1922 e instaura un regime autoritario di massa che influenzerà lo scenario internazionale nel corso del Novecento”.

“Ed è proprio grazie alle carte dell’archivio personale di Sir Samuel Hoare – declassificate nel 2001 e conservate nella biblioteca dell’Università di Cambridge in Inghilterra -precisa Cereghino- che abbiamo potuto ricostruire in ‘Nero di Londra’ questa incredibile e inquietante spy story, che evidenzia per la prima volta le connessioni segrete tra Mussolini e i servizi d’intelligence di Sua Maestà, oltre alle gravi responsabilità dell’establishment conservatore del Regno Unito”. (segue)

Giacomo Matteotti, dopo il delitto le sue carte introvabili ancora oggi

Una vicenda parecchio imbarazzante. “Soprattutto perché -sottolineano ancora Cereghino e Fasanella- offusca l’epica costruita dalla propaganda inglese, a partire dalla Seconda Guerra Mondiale, basata sulla rappresentazione dell’Inghilterra come unico, inflessibile baluardo contro il nazifascismo e le potenze dell’Asse”, ridimensionando tra l’altro non di poco la grandezza della figura di Churchill. E inoltre perché il ‘modello Hoare’ “ha fatto scuola in altre epoche, temporalmente più vicine a noi e in contesti del tutto diversi””.

C’è una parte – per noi italiani – particolarmente avvincente, sulla scomparsa della borsa di Giacomo Matteotti, che in qualche modo ricorda la scomparsa della Agenda Rossa del giudice Paolo Borsellino. Conteneva documenti ancora irreperibili, a 100 anni da un delitto politico tra i più efferati. “E’ innegabile che quelle carte siano ancora custodite negli archivi segreti della Naval Intelligence Division di Londra e in quelli del Federal Bureau of Investigation e del Dipartimento di Stato a Washington -affermano i ricercatori- La loro scomparsa in seguito al sequestro Matteotti consente a Mussolini di costruire il suo regime ventennale e ai conservatori inglesi di occultare le loro responsabilità”.

Adesso ha un senso compiuto la profezia dello scrittore George Orwell contenuta nella sua recensione della ‘piece’ “The Trial of Mussolini” pubblicata dalla rivista britannica “Tribune” nel 1943. Il grande autore augura “a Churchill e ai politici conservatori del sua cerchia (e dunque anche a Sir Samuel Hoare) che il dittatore italiano tiri rapidamente le cuoia, magari per mano degli stessi italiani”. Altrimenti, se il duce fosse stato incarcerato in attesa di giudizio, si sarebbe trasformato in un ‘eroe’ molto più difficile da sconfiggere. “Una profezia -chiosano i due studiosi- che si sarebbe avverata fatalmente due anni più tardi (il 28 aprile del 1945 ndr) sulle rive del Lago di Como”. (di Rossella Guadagnini)

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