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Con Elon Musk Twitter cambierà? I dubbi della rete

AGI – Il primo Tweet da nuovo proprietario della piattaforma, Elon Musk lo ha pubblicato il 25 aprile, poche ore prima dell’ufficialità dell’acquisto: “Spero che anche i miei peggiori critici rimarranno su Twitter, perché questo è ciò che significa libertà di parola”. Poche ore dopo è arrivata l’approvazione del founder Jack Dorsey: “Elon è l’unica soluzione di cui mi fido. Confido nella sua missione di estendere la luce della coscienza”.

Adesso cambia tutto? È la domanda che circola sul web, dopo l’acquisto di Twitter per 44 miliardi di dollari. Cambiamenti ce ne saranno, alcune anticipazioni le ha già fornite lo stesso Musk, ma quale direzione prenderà il social network fondato da Jack Dorsey nel 2006 – inizialmente si chiamava Twttr – e quale impatto ci sarà sul dibattito pubblico, ancora nessuno può saperlo. Eppure, se ne parla tantissimo; non solo di Twitter, ma in generale di concentrazione del potere economico, possibilità di influenzare opinioni e mercati, conflitti di interesse. Il primo cambiamento, ormai certo anche se non immediato, riguarda la borsa: a breve Twitter non sarà più quotata.

Ma quando si parla di Twitter, a quali numeri ci riferiamo? La piattaforma conta 217 milioni di utenti giornalieri attivi, ma è stato annunciato un piano di crescita che mira a raggiungerne 315 milioni, e 7,5 miliardi di dollari di ricavi entro la fine del 2023 (attualmente sono fermi a 5,08). Il tempo medio trascorso su Twitter è di 3,39 minuti per sessione e la vita di un tweet nello streaming del wall oscilla dai 15 ai 20 minuti.

Circa sei utenti Twitter su dieci (63%) nel mondo hanno tra i 35 e i 65 anni, mentre l’età dell’utente medio italiano è di 32 anni. In nord America un tweet sponsorizzato può raggiungere, potenzialmente, il 26,9% della popolazione con più di 13 anni, il 20% in Medio-oriente. In Italia la quota di over 13 raggiungibili con un tweet sponsorizzato è pari al 7%.

For Twitter to deserve public trust, it must be politically neutral, which effectively means upsetting the far right and the far left equally
— Elon Musk (@elonmusk) April 27, 2022

In principle, I don’t believe anyone should own or run Twitter. It wants to be a public good at a protocol level, not a company. Solving for the problem of it being a company however, Elon is the singular solution I trust. I trust his mission to extend the light of consciousness.
— jack⚡️ (@jack) April 26, 2022

The richest guy on the 2021 Forbes 400 owns the Washington Post. Number 2 now owns Twitter. Number 3 owns Facebook. Numbers 5 and 6 started Google. Numbers 4 and 9 started Microsoft. Number 10 owns Bloomberg. Free speech? You decide.
— David Rothkopf (@djrothkopf) April 25, 2022

Con gli algoritmi di intelligenza artificiale di Kpi6* abbiamo analizzato le conversazioni sugli ipotetici cambiamenti dei quali si sta parlando in queste ore in rete. Che conseguenze ci saranno sulla moderazione dei contenuti, tanto cara agli inserzionisti? L’account di Donald Trump sarà riattivato? L’algoritmo sarà davvero reso disponibile in modalità open source? Le altre piattaforme social media come reagiranno?

E poi c’è il modello di business: nell’ultimo trimestre del 2021 Twitter ha registrato un utile pari a 181,7 milioni. Google si attesta sui 16,2 miliardi, Facebook 9,2 miliardi. Confronti pesanti.

La discussione sulla libertà di espressione e sulla riformulazione dei criteri di moderazione assorbe la netta prevalenza delle conversazioni sul web, e si è riaccesa anche una discussione inerente alla migrazione di Donald Trump e dei suoi sostenitori sulla piattaforma Truth, il primo social per download negli Stati Uniti, scaricato 75.000 volte sull’App Store di Apple nella settimana successiva all’acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk. D’altronde lo stesso Musk ha lanciato un thread di discussione, con un tweet nel quale precisa che Truth è nato a causa della censura del “free speech”.

Truth Social (terrible name) exists because Twitter censored free speech
— Elon Musk (@elonmusk) April 27, 2022

Al momento la possibilità di rendere l’algoritmo di Twitter open source, ossia aperto affinché si possano capire i criteri di classificazione dei contenuti, non sembra innescare particolare interesse nelle audience monitorate.

Analizzando le conversazioni, molti pensano che sia un grave errore lasciare completa libertà d’espressione a chiunque, in qualunque modo; le piattaforme user-generated content devono necessariamente prevedere forme di moderazione dei contenuti. Già in passato gli approcci più neutri si sono dimostrati insostenibili, dovendo poi predisporre delle barriere ai contenuti più radicali, violenti e polarizzanti.

Sono scarse anche le conversazioni sulle possibili soluzioni alla proliferazione dei Bot annunciate da Musk, mentre c’è molta curiosità per capire come risponderanno le altre piattaforme social media (soprattutto Facebook) a eventuali cambiamenti delle logiche con le quali l’algoritmo cataloga e spinge i contenuti.

Siamo di fronte ad una svolta complessiva che coinvolgerà tutte le piattaforme? Una nuova modalità di organizzazione dei contenuti e della trasparenza delle indicizzazioni dei post?

Oggi un algoritmo stabilisce cosa vediamo, e con che frequenza, ma non sappiamo con esattezza su quali presupposti, né come vengono analizzati i big data. Le formula degli algoritmi sono segrete, ma gli utenti si domandano cosa potrebbe accadere se un giorno venissero aperti. Se lo farà Twitter, sarà poi una scelta obbligata per tutti gli altri?

Per il momento gli investitori che sul web si sono espressi, sono divisi nei giudizi sull’acquisizione di Musk ma il sentiment è neutrale, con una leggera prevalenza di negatività. Non sembrano spaventati da possibili rivoluzioni e guardano con interesse l’evolversi dell’operazione.

Un altro tema emergente in rete riguarda i Dogecoin (DOGE), in forte rialzo dopo che il suo più celebre sostenitore, Elon Musk, ha acquistato Twitter. All’inizio del 2021, infatti, i tweet di Musk, ne hanno fatto schizzare il prezzo alle stelle e Musk ha persino annunciato che Tesla, avrebbe accettato Dogecoin per il pagamento di alcuni prodotti.

Si ipotizza che Musk farà in modo di supportare i creatori di contenuti interessati ad app decentralizzate per gestire beni e valute virtuali (NFT e criptovalute). Oppure farà inserire un processo di verifica per le spunte blu per il quale si potrebbe pagare in Doge. Tutte ipotesi, al momento, ma sicuramente la rete si aspetta grossi cambiamenti.       

* Analisti: Gaetano Masi, Pietro La Torre; Design: Cristina, Addonizio. Giornalista, content editor: Massimo Fellini

Musk annuncia le dimissioni da Ceo di Twitter. E cerca un “folle” che prenda il suo posto

Dopo il sondaggio in cui gli utenti lo invitavano a lasciare, il proprietario della piattaforma dice che farà un passo indietro non appena troverà un sostituto: “Gestirò solo i team software e server”. L’ennesimo ribaltone di una saga che va avati da mesi

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L’annuncio, come ormai da classico copione, è arrivato via Twitter, il suo social: “Mi dimetterò da CEO non appena troverò qualcuno così folle da accettare il lavoro! Dopodiché, gestirò solo i team software e server”, ha scritto Elon Musk durante la notte italiana. Quanto di vero ci sia nell’ennesimo ribaltone lo si vedrà presto, ma intanto il proprietario della piattaforma ha inaugurato un nuovo filone delle sue peripezie.La decisione segue di un paio di giorni l’esito di un sondaggio, lanciato dallo stesso Musk, sempre a suon di cinguettii, in cui interrogava gli utenti: “Dovrei dimettermi da capo di Twitter? Mi atterrò ai risultati di questo sondaggio”. Il 57,2 per cento dei partecipanti ha risposto sì, su un totale – secondo quanto dice lo stesso social network – di oltre 17 milioni di voti.

E’ l’ennesimo episodio dell’altalenante saga di Elon Musk, dopo mesi di trattative, retromarce e schermaglie legali, prima dell’ennesimo ripensamento che l’ha portato a diventare a fine ottobre ufficialmente proprietario di Twitter. In quell’occasione furono allontanati alcuni dei vertici della compagnia, Oggi invece, come riportano indiscrezioni del Financial Times,  il ruolo di Ceo potrebbe finire nelle mani di Sheryl Sandberg, ex direttrice operativa di Meta, con cui l’azienda ha ampliato fortemente la quota relativa alla pubblicità digitale. Un altro nome che gira  è quello di Sarah Friar, ceo di Nextdoor, un’altra piattaforma americana. 

Nel frattempo, passata la querelle sui profili verificati e sulle spunte blu, continua il dibattito sulla libertà d’espressione su Twitter (ed è una discussione che riguarda anche l’Unione europea), dopo che lo stesso Musk aveva bloccato l’account di un utente che tracciava i suoi spostamenti in aereo. In un’altra occasione, il fondatore di Tesla si era scagliato invece contro Anthony Fauci, chiedendone per via digitale l’incriminazione, in quanto avrebbe in maniera criminale influenzato il governo americano nell’adozione di misure di contrasto alla pandemia. Misure che Musk non considerava evidemente necessarie. 

Ma non è tutto. Perché le critiche rispetto al nuovo corso di Twitter sono arrivare anche dall’Ucraina. Mykhailo Podolyak, uno dei consiglieri di Zelensky, aveva detto settimana scorsa che “War in Ukraine” è scomparso dai trend e che c’è stato “un radicale ridimensionamento della copertura dell’aggressione russa”. In precedenza Musk si era anche speso per un presunto piano di pace che in molti tratti sembrava ricalcare la vulgata del Cremlino. Una polemica, quella tra Kyiv e Musk, che va avanti ormai da tempo e si lega anche a Starlink, il sistema satellitare che nelle prime fasi della guerra in Ucraina si è rivelato indispensabile per le le tecomunicazioni ucraine. E continua a esserlo tutt’oggi per garantire un efficace coordinamento delle truppe sul campo di battaglia. L’uomo più ricco del mondo aveva detto infatti di non potersi più permettere di pagare quei satelliti, chiedendo per questo milioni di dollari al Pentagono. 

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