La lezione di Federico Caffè, il grande economista scomparso 35 anni fa

Daniele Archibugi è stata la prima persona chiamata dal fratello del grande economista Federico Caffè la mattina di quel fatidico 16 aprile 1987 in cui scomparve. A trentacinque anni da allora è uscito “Maestro delle mie brame. Alla ricerca di Federico Caffè” per Fazi editore, in cui Archibugi, suo allievo prediletto, per la prima volta non solo svela i dettagli di questa incredibile vicenda, ma fa comprendere quanto gli incoraggiamenti e l’affetto che Caffè ha donato a tutti coloro che lo hanno conosciuto abbiano lasciato in loro un segno indelebile.

Una narrazione che mette in rilievo aspetti inediti della personalità di Caffè, ben al di là dell’immagine ufficiale sedimentata nel corso dei decenni. Come docente universitario Caffè ha laureato decine di studenti e formato importanti economisti italiani, dallo stesso Daniele Archibugi, autore del volume, a Mario Draghi ex presidente del Consiglio. Perché una mattina, all’età di settantatré anni, decise di scomparire? Il racconto di Archibugi inizia proprio dalla sua sparizione misteriosa e subito entra nel vivo della sua personalità, del suo carattere, dell’attrazione che esercitava su di lui. L’autore ne ricorda il modo di parlare, di insegnare, di scrivere messaggi, di sottrarsi. Esserci e scomparire, voler bene e respingere.

“Un padre”, come lo ricorda Draghi che pure è stato suo allievo. E proprio sulla genitorialità il libro prende una strada personale perché il padre di Daniele, Franco Archibugi, era anche uno dei più cari amici degli anni giovanili di Caffè. Una doppia ricerca, dunque, quella dell’autore, del Maestro ma anche una ricerca di sé, della vita di lui e della propria, dell’amicizia tra i due uomini più importanti della sua vita, dell’incontro tra i suoi e della fine del loro matrimonio. Nella ricostruzione a ritroso che parte dalla sua scomparsa, l’autore cerca e ritrova se stesso.

Tra le idee fondamentali di Caffè economista -invece- c’è quella di una società “che si regge se riesce a dare a tutti una funzione. Ed è compito delle istituzioni darsi da fare affinché ognuno possa rendersi utile. Qui si comprende il suo impegno per la piena occupazione -spiega Archibugi-perché essa garantisce non soltanto il benessere, ma anche la dignità a ciascuno. Sprecare una parte consistente della risorsa economica più importante, il lavoro, è per lui un errore fondamentale. Caffè era scettico sulla possibilità che il mercato potesse garantire la piena occupazione e quindi riteneva che fosse necessario un intervento robusto da parte dello Stato per aumentarne il livello”.

La sua battaglia per il lavoro iniziò già nel 1945, quando era consigliere economico dell’Assemblea Costituente, ed è stata portata avanti al ministero per la Ricostruzione e successivamente alla Banca d’Italia. E in seguito l’ha perseguita come docente ed editorialista. “Caffè non riteneva che questa azione per il lavoro fosse in contraddizione con le politiche dello Stato sociale. Secondo la sua visione -prosegue l’autore- tutti quelli che potevano lavorare dovevano farlo. E in seguito, proprio grazie al benessere creato dal lavoro di tutti, c’era la possibilità di finanziare e sostenere degnamente le persone che invece avevano bisogno di assistenza”.

Daniele Archibugi è dirigente del Consiglio Nazionale delle Ricerche e Professor of Innovation, Governance and Public Policy alla Birkbeck, all’Università di Londra; ha insegnato presso numerose università, tra cui Harvard, Cambridge, Napoli, la Sapienza, la Luiss e la London School of Economics. Si occupa di globalizzazione, cambiamento tecnologico e filosofia politica delle relazioni internazionali. Le sue opere sono state pubblicate in diverse lingue.

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