Migliorare lo Spid è possibile, eliminarlo oggi sarebbe un errore

Praticità, difficoltà di reperire semiconduttori, disagi negli appuntamenti alle anagrafi delle grandi città, digital divide generazionale, dovrebbero far riflettere la politica sull’utilità dello Spid e le difficoltà di un passaggio alla carta d’identità elettronica. Forza Italia cerca di mediare

Si dice che ogni società abbia la tecnologia che si merita. Probabilmente è così anche per il nostro paese ormai abituato ad affrontare, quasi ogni giorno, polemiche sull’affermazione della modernità. Prima il Pos, oggi lo Spid. Due tecnologie, ammettiamolo, che hanno facilitato la vita degli italiani.

I vantaggi dello Spid (e dell’identità elettronica)

La pandemia ha accelerato la digitalizzazione di un paese lento a recepire le novità. Se i pagamenti elettronici esistono da tempo, anche lo Spid ha i suoi anni. Nato dall’idea del deputato Stefano Quintarelli, ha fatto il suo esordio il 15 marzo 2016. Da allora il rapporto degli italiani con l’amministrazione pubblica è cambiato radicalmente, in rete si trovano centinaia di storie personali che ne elencano i vantaggi. “Ho potuto fare online, dall’estero, certificati che avrebbero richiesto un viaggio apposito solo per andare a fare la fila col numeretto in Circoscrizione […] Richiedere e stampare il green pass, consultare il mio profilo dell’agenzia delle entrate…”, si legge tra i numerosi apprezzamenti che Quintarelli sta ricevendo sul suo profilo Mastodon in queste ore.

Un riconoscimento dal basso per un’innovazione venuta dall’alto. Infatti, un numero sempre maggiore di amministrazioni ha iniziato ad adottare lo Spid per l’identificazione tanto che, parafrasando Marshall McLuhan, si può tranquillamente affermare che “quando una nuova tecnologia penetra in un ambiente sociale non può cessare di permearlo fin quando non ha saturato ogni istituzione”.

  

Perché bisogna spegnere lo Spid?

“Dobbiamo cominciare a spegnere lo Spid e a promuovere la carta d’identità elettronica come unica identità digitale”, ha detto due giorni fa il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con delega all’ innovazione tecnologica, Alessio Butti. “Lo Spid del resto non ha fatto breccia tra gli anziani”. Un fulmine a ciel sereno. 

Non ci mancava altro che un derby tra le due identità digitali che coesistono nel nostro paese. Certo, è anomalo mantenere due identità digitali attive nel nostro paese. “Non c’è business reale per chi ha sviluppato Spid e non si è neppure pensato di favorire seriamente un transito di Spid verso l’e-commerce”, ricorda l’avvocato Andrea Lisi. Da Fondazione Italia Digitale rilanciano che “parliamo di due sistemi, Spid e Cie, perfettamente integrabili, come evidenziano anche esperienze europee”. Una posizione sposata anche dal capogruppo di Forza Italia alla Camera, Alessandro Cattaneo: “Lo Spid è uno strumento che semplifica la vita dei cittadini, permette di risparmiare tempo, evitando le file agli sportelli, e consente di agire in piena sicurezza. Non verrà cancellato, ma stiamo cercando il modo di risolvere alcune criticità piuttosto che girarci dall’altra parte”, rilancia Cattaneo.

Cerchiamo di capire come.

Cie perché sì, Cie perché no

Dal 1931 gli italiani hanno la carta d’identità che, solo negli ultimi anni, è diventata elettronica (da qui la sigla Cie), ovvero capace di integrare al suo interno un microprocessore contenente dati, primari e secondari (tra cui le impronte digitali), per il riconoscimento biometrico del titolare.

Potenzialmente ci sono solo vantaggi: un unico documento per tutto. In realtà l’attuale congiuntura storica è difficile: gran parte del mondo sta riscontrando difficoltà con il reperimento dei semiconduttori (che sta portando all’emissione delle tessere sanitarie in una nuova versione senza il consueto microchip) e, se non bastasse, le grandi città richiedono tempi lunghi per un appuntamento all’anagrafe. Insomma, la via della Cie non è libera da ostacoli. Senza dimenticare il consueto limite del nostro paese, quella sorta di digital divide generazionale che esclude coloro che non sono avvezzi con la tecnologia. Già, gli anziani. Per loro non è affatto meno difficile l’utilizzo della carta d’identità elettronica visto che richiede un lettore Rfd, sul cellulare o a casa, per l’autenticazione. Mica facile. Così la palla torna in mano al Governo, con Butti che prova a spiegare come “sia Spid che Cie sono ‘identità digitali eIDAS‘ (ovvero interoperabili in tutta l’Ue), notificate a Bruxelles. La migrazione andrà pertanto gestita a livello europeo, spiegandone il senso e, soprattutto, notificando tempestivamente eventuali variazioni tecnologiche necessarie a rendere la Cie più usabile”.

Cosa significhi tutto questo ancora non lo sappiamo. Possiamo solo sospettare che la polemica termini in maniera simile a quella del Pos, con un nulla di fatto che farà convivere ancora a lungo le due identità digitali. Magari migliorandole entrambe.

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