Libri, libertà? E’ chiudersi in una cantina: la ‘radiomagia’ di Valerio Aiolli

“Quando avevamo aperto gli occhi sulla realtà, la realtà era risultata già occupata”. Può darsi che sia sempre così, che ogni generazione sia costretta ad avanzare a fatica nello spazio presidiato dalle precedenti, ma il gruppo di adolescenti di cui Valerio Aiolli (autore tra gli altri di ‘Nero Ananas’, candidato al Premio Strega nel 2019) racconta le avventure nel suo nuovo romanzo ‘Radio Magia’, in uscita il 20 gennaio per Minimum fax, sembra particolarmente annichilito dagli eventi: l’onda libertaria del Sessantotto li ha colti che erano ancora bambini, quella beffarda del Settantasette – con i colori degli indiani metropolitani e le barricate della violenza politica – presuppone per farne parte un ribellismo che non appartiene loro per carattere, prima ancora che per scelta. Rimangono allora solo il calcio e qualche piccolo atto di teppismo per accompagnarli verso una maturità che stenta anche solo a profilarsi all’orizzonte? No, il modo di far sentire la propria voce esiste, basta cogliere al volo l’opportunità che in quei mesi si sta materializzando qua e là in tutta Italia: basta mettere su una radio libera.

“Già il fatto che all’epoca le si chiamassero così, anziché radio private, la dice lunga sull’idea di spazio collettivo che rappresentavano”, racconta lo scrittore fiorentino all’Adnkronos. “Non occorreva una particolare competenza tecnica, o potenza economica, o esperienza musicale per fondarne una. Era sufficiente trovare una sede. O almeno, la banda di scombinati di cui racconto le gesta era convinta che fosse sufficiente. La sede in questione è nella cantina di Caputo, il personaggio centrale della storia, che si pone come guida degli amici, il loro general manager, in modo naturale, grazie a un carisma fondato tanto sul suo talento organizzativo quanto sulle sue fragilità. Nonché su un’innata capacità di convincere i coetanei anche delle cose più improbabili”.

“Il romanzo descrive anche il passaggio delicato, e universale, tra l’età in cui è l’immaginazione a prevalere e quella, più adulta, dove è la realtà con le sue durezze a farla da padrona”.

Nelle stanze buie e affumicate di quella cantina di Caputo – anticipa Aiolli – succederanno cose che trasporteranno i ragazzi da un piccolo mondo, ritenuto grande, a un grande mondo in cui ci si sente piccoli”. Lo sguardo dell’autore coglie in profondità, senza nostalgia ma con ironia e asciutta commozione, le abitudini e i riti di passaggio di una parte degli adolescenti degli anni Settanta, la parte che non partecipò direttamente alla lotta politica e che per questo è rimasta a lungo poco rappresentata dai giornali, dal cinema e anche dalla letteratura.

“Fondando la loro radio – racconta lo scrittore – Caputo, Toppa, Caio, il Gipo e gli altri aspiranti disc jockey tentarono per la prima volta di dire al mondo: ‘Ci siamo anche noi’. In che misura ci riuscirono, lo scoprirà chi legge il libro. Ma anche solo per il fatto di averci provato, si ritrovarono a guardare la realtà con occhi più consapevoli rispetto a quelli con cui erano entrati in quella cantina. E forse, chissà – conclude – un po’ di quella radiomagia gli sarà rimasta addosso”.

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