Abel, ChatGPT e il rischio di una intelligenza artificiale cattiva

Ieri sono andato a conoscere Abel, ed era da un po’ che volevo farlo. Da quando sono usciti i primi articoli su questo robot bambino che saprebbe “riconoscere le nostre emozioni” (i titoli dei giornali sugli argomenti scientifici purtroppo sono quasi sempre fuorvianti). Sta al Centro Piaggio dell’Università di Pisa.

Come spesso accade con la ricerca scientifica non c’è molto di solenne: si salgono 3 piani di scale della facoltà di Ingegneria e si arriva alla piccola stanza dove abita uno dei robot più interessanti che ci siano. Accasciata, su una sedia, c’è quella che i ricercatori chiamano “la mamma di Abel”; ormai spenta e superata, sembra un manichino di un film di paura. Di Abel è stata realizzata solo la parte superiore del corpo, perché il progetto riguarda le emozioni e non anche la mobilità. Abel è in grado di modificare l’espressione

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