Cervello più grosso? Sbadigli più lunghi

A che cosa serve sbadigliare? È una delle azioni che compiamo più spesso, ed è un comportamento diffuso tra tutti i vertebrati o quasi; eppure ancora non sappiamo con sicurezza perché facciamo questa cosa strana di spalancare la bocca (ed emettere suoni soddisfatti, a volte) quando abbiamo sonno o al contrario quando ci siamo appena svegliati.

Uno studio pubblicato su Communications Biology, non fornisce una risposta a questo quesito decennale, ma mette in evidenza il legame apparente che c’è tra l’atto di sbadigliare e le dimensioni del cervello: più il secondo è grande, più i primi durano a lungo.

Cervello e sbadigli. Una delle teorie più recenti riguardo all’utilità degli sbadigli risale al 2007, e sostiene che il loro scopo sia (almeno negli umani) quello di raffreddare il cervello facendolo entrare in contatto indiretto con aria che viene da fuori, che è quindi più fresca.

Registrando e analizzando gli sbadigli di 1.291 animali tra mammiferi e uccelli, il team di Jorg Massen, una delle massime autorità mondiali nel campo degli sbadigli animali e umani, ha notato una correlazione molto forte proprio tra le dimensioni del cervello e la lunghezza degli sbadigli. E cioè: gli animali con un cervello più grande sbadigliano più a lungo, il che ha perfettamente senso nell’ottica della “teoria del raffreddamento”, perché un cervello più grande ha bisogno di più aria per raffreddarsi.

Perché gli sbadigli sono contagiosi? Anche il fatto che i mammiferi sbadiglino mediamente più a lungo degli uccelli rientra in questo quadro. I secondi infatti hanno una temperatura corporea mediamente più alta, e quindi una differenza termica maggiore con l’esterno: basta uno sbadiglio breve per far entrare aria più fresca.

L’ipotesi del “condizionatore cerebrale” quindi sembra sempre più valida. Ora si tratta quindi di svelare l’altro mistero degli sbadigli, e cioè perché siano contagiosi, una questione che è stata affrontata lo scorso anno in questo studio e che rimane però ancora aperta. Una delle ipotesi è che la sincronizzazione degli sbadigli abbia una funzione sociale, ma serviranno altre ricerche per arrivare a una risposta più concreta.

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8 curiosità sullo sbadiglio

Sbadigliare: lo facciamo tutti, circa otto volte al giorno. E gli studi dimostrano che, nei momenti di socialità, lo sbadiglio viene più ricambiato di un sorriso. Del resto si tratta di un segnale pressoché impossibile da nascondere: anche chi è abile nel fare questo gesto a bocca chiusa viene tradito dall’intensa contrazione dei muscoli del collo e di quelli che circondano la bocca, inevitabile per impedire alle mascelle di aprirsi. Tutti i presenti, insomma, capiscono che si tratta di uno sbadiglio. Ma perché sbadigliamo? A che cosa serve sbadigliare? E quanto dura uno sbadiglio? Ecco, a domande e risposte, tutto quello che la scienza ha scoperto fino a oggi.

1. Quanto dura uno sbadiglio? Uno sbadiglio dura tra i tre e i 10 secondi (mediamente sei secondi) e la frequenza media degli sbadigli umani è 7 o 8 volte al giorno. Ma c’è una variabilità enorme tra individuo e individuo: si va da 0 a ben 28-30 sbadigli nell’arco della giornata. E non ci sono differenze tra maschi e femmine, mentre in alcune specie animali (sopratutto scimmie) i maschi sbadigliano di più.
2. A che ora si sbadiglia di più? Esistono però momenti della giornata in cui gli sbadigli sono al picco: uno studio condotto negli Stati Uniti sulla distribuzione di questo fenomeno nelle 24 ore ha mostrato che alle 23:00 si sbadiglia di più in assoluto e che gli altri due momenti in cui ci si lascia andare facilmente allo “yaaaawn!” sono le 18:00 e il risveglio. Con alcune differenze tra le persone che si definiscono allodole (quelle che non hanno difficoltà a svegliarsi ed essere attive già la mattina presto) e i cosiddetti gufi (le persone che “carburano” solo verso sera).

3. Quando cominciamo a sbadigliare? Il primo sbadiglio arriva già prima di nascere (tra le 12 e le 14 settimane di età gestazionale). Ma in questo caso non c’è un legame con il sonno: il bambino non ha ancora acquisito il ritmo sonno-veglia. Nelle ecografie, però, si osservano chiaramente lente aperture della bocca contemporanee a un abbassamento della lingua, che occupano il 50-75% dello sbadiglio: la bocca resta completamente aperta per 2-8 secondi per poi ritornare lentamente in posizione di riposo.
Nei feti che crescono poco perché arriva loro meno nutrimento sono stati osservati molti sbadigli in sequenza, tanto che alcuni studiosi hanno ipotizzato che questo meccanismo aumenti il ritorno di sangue al cuore.

Dopo la nascita, però, cambia tutto: secondo una teoria, gli sbadigli del lattante e del bimbo un po’ più grande avrebbero soprattutto lo scopo di stringere legami con gli adulti che se ne prendono cura, inducendoli a imitarli.

4. Perché sbadigliamo? Sembra incredibile, ma dopo secoli di studi (già Ippocrate diceva che “così si scaccia l’aria cattiva dai polmoni”) la risposta a questa domanda è ancora controversa. «Una cosa è certa: non serve a fornire ossigeno al cervello, come si ipotizzava fino a qualche decennio fa», spiega Gianluca Ficca, direttore del laboratorio del sonno del Dipartimento di Psicologia dell’Università della Campania. Quest’ipotesi è stata definitivamente smontata da un celebre esperimento condotto nel 1987. Alcune persone hanno inalatoria con livelli di CO2 più alti del normale (circa 8 volte di più). Risultato: la frequenza respiratoria dei soggetti è aumentata, ma non hanno sbadigliato. Allo stesso modo, se i partecipanti inalavano ossigeno, lo sbadiglio spontaneo non veniva inibito. Il che significa che non si tratta di un riflesso fisiologico permigliorare l’ossigenazione cerebrale.
5. Che cos’è lo sbadiglio? «Probabilmente lo sbadiglio è un riflesso di attivazione del cervello: dopo che si sbadiglia di solito si diventa più attenti, un po’ come quando si sbattono e si stringono gli occhi (ammiccamento). Non a caso quest’ultimo segnale attiva i sistemi montati sulle auto più moderne che avvisano il guidatore che è il momento di fare una pausa», continua Ficca. «Però non si sa se sia lo sbadiglio a svegliare il cervello o piuttosto sia il cervello che, svegliandosi, produce lo sbadiglio. Io propendo per la prima ipotesi».

La verifica sperimentale che lo “yaaaawn!” mantenga il cervello più sveglio anche di fronte a un compito noioso è di pochi anni fa. A un piccolo gruppo di persone è stato fatto indossare sul polso un apparecchio detto actigrafo, che misura il livello di attività della persona (quanto si muove): nei 15 minuti che seguivano ognuno dei 747 sbadigli osservati, la motilità aumentava.
6. Perché arriva lo sbadiglio? C’è però chi afferma che sbadigliare sia più il segno di un’imminente cambiamento di stato piuttosto che un segnale di stanchezza: in effetti si spalanca la bocca quando si passa dal sonno alla veglia, dalla sazietà alla fame, dalla noia all’attenzione. Tant’è vero che le persone che si aspettano che accada qualcosa di nuovo si abbandonano allo sbadiglio di frequente: è stato osservato, per esempio, che i paracadutisti che stanno per lanciarsi tendono a farlo.

«Lo si vede anche negli animali: nei gelada, scimmie simili ai babbuini, si sbadiglia a denti sia scoperti sia coperti. Ma sono entrambi segni di un “passaggio”. Nel primo caso si segnala aggressività, nel secondo invece desiderio di essere più in sintonia con gli altri membri del gruppo, e in questo caso lo sbadiglio è contagioso», fa notare Elisabetta Palagi, docente di Etologia all’Università di Pisa.

7. Perché lo sbadiglio è contagioso? Il mistero più intrigante riguarda appunto la contagiosità di questo atto. «Di recente abbiamo scoperto che tra i leoni, se un individuo sbadiglia, un altro fa lo stesso. Poi, il primo leone si alza e si incammina in una direzione, il secondo leone, qualche attimo dopo, fa lo stesso seguendo pure un’identica traiettoria. Insomma, i due individui si “sintonizzano” tra loro. E così fanno molte altre specie di mammiferi che vivono in gruppo», continua Palagi.
Nell’uomo, il meccanismo non è molto diverso. «Ci sono ormai molte prove del fatto che la contagiosità dello sbadiglio ha a che fare con la capacità di entrare in empatia con gli altri», sottolinea Ficca. Secondo le ricerche dello psicologo evoluzionista statunitense Steven Platek, che ha a lungo studiato questo aspetto, la suscettibilità allo sbadiglio contagioso è infatti associata all’attivazione delle regioni del cervello implicate nei processi cognitivi sociali. Il che significa che chi riesce a mettersi meglio nei panni degli altri si fa anche contagiare di più dagli sbadigli rispetto a chi resta abbastanza indifferente alle emozioni altrui. Lo sbadiglio è quindi un “collante sociale”. Non a caso, i bambini cominciano a imitarlo solo dopo i due anni, quando acquisiscono la capacità detta “teoria della mente” che consiste appunto nell’immaginare che cosa stanno pensando gli altri.

8. A che cosa serve lo sbadiglio? Sbadigliare, dunque, indica un passaggio di stato, un’attivazione del cervello, un bisogno come dormire o mangiare, ma anche quello di sentirsi più vicini ad altri individui. «È un atto che si è evoluto in tempi antichissimi, è normale che in molti milioni di anni abbia acquisito più scopi. E che questi scopi siano anche un po’ differenti in specie diverse», aggiunge Palagi. I centri cerebrali che producono lo sbadiglio si trovano infatti nel tronco encefalico, una zona molto antica del cervello, vicino ai centri respiratori e a quelli che controllano i muscoli mimici del volto, della respirazione e della deglutizione.

Strettamente connessa a queste zone è la cosiddetta formazione reticolare ascendente che arriva alla corteccia cerebrale e ne modula proprio la vigilanza. Ma esiste anche un controllo superiore dello sbadiglio,che dall’ipotalamo arriva alle strutture cerebrali che lo generano e che spiegano l’origine degli sbadigli “da fame” (regolata appunto a livello dell’ipotalamo). Devono però, secondo gli studiosi, esistere anche legami con la corteccia superiore, dato che molte persone – se vogliono – riescono a sbadigliare “a comando” (lo fanno anche gli attori in alcuni esercizi di recitazione). Del resto, in alcune circostanze, sbadigliare può essere una gran soddisfazione. Tanto che molti lo considerano piacevole, come bere quando si ha sete o mangiare quando si ha fame: si tratta pur sempre del soddisfacimento di un bisogno fisico.

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