ARTICOLO SCRITTO DA: ROBERTA FINAZZI, AUTRICE SCUOLA OLTREEro seduta sul mio balcone una sera di qualche mese fa e guardavo tra i diversi vasi che abitano il mio terrazzo, il vaso giallo comprato un paio di settimane prima, in cui avevo messo un bulbo regalatomi per il mio trentaquattresimo compleanno. Un dono molto apprezzato perché oltre alla presa in giro per il mio mancato pollice verde, ha un significato profondo, fatto di relazione, cura, attenzioni e tempo. Un augurio o una promessa di nascita, rinascita e bellezza.E voi penserete: “E quindi?”Quindi ho pensato che un bel messaggio da dare ai nostri studenti il primo giorno di scuola potrebbe essere legato un po’ a questi concetti.Mi sono immaginata di donare un piccolo vaso con della terra, consegnare loro un seme e un foglietto in cui più o meno dire queste parole: “Oggi inizia per te, per voi, per noi, un nuovo cammino, un nuovo anno scolastico in cui prenderci cura di noi stessi, del compagno e delle relazioni. Un anno in cui donarci ascolto, attenzioni e rispetto, un anno in cui crescere insieme. Ci saranno incomprensioni e litigi, ci saranno giorni no per me o per uno di voi, ci saranno pianti di tristezza o di rabbia, ci saranno risate divertite e strafalcioni detti, ci saranno giornate che sembreranno infinite e giornate coinvolgenti che sembreranno passare in un attimo. Ma vorrei che tra le mura di questa aula trovassimo sempre mani amiche tese verso di noi, sorrisi pronti ad accoglierci e sguardi attenti, non giudicanti. Questo vuole essere un primo giorno di scuola che possa aprirvi il cuore e non solo la mente, un primo giorno di scuola in cui guardarci e augurarci di sbocciare nel più bel fiore che siamo chiamati ad essere. Io dal canto mio mi impegnerò a trasmettervi conoscenza, darvi ascolto e rispetto. Voi in cosa volete impegnarvi? Tra poco metteremo questo piccolo seme nella terra e da adesso ognuno di noi se ne prenderà cura, come si prenderà cura di se stesso”.Queste parole le ho pensate per ragazzi della secondaria, ma adattiamo qualche parola, inseriamo dei disegni e il messaggio sarà forte e potente anche per i piccoli della primaria. Si potrebbe poi descrivere questo piccolo seme, magari facendolo disegnare nei primi anni della primaria e chiedendo di elaborare un testo per i più grandi. Prima di inserire il semino nella terra, si potrebbe condurre una riflessione su se stessi, sulle proprie caratteristiche attuali e su ciò che si vorrebbe per il cammino che si è appena intrapreso. Poi mettendo il seme nel piccolo vaso di terra, bisogna iniziare a prendersene cura. Il compagno è assente? Qualcun altro se ne occuperà. Ecco una delle prime regole ed ecco che introduciamo cosí per il primo giorno di scuola, il tema della collaborazione, dell’aiuto, della reciprocità e dell’altruismo.Partirei proprio da qui, invitando i miei studenti a riflettere sul significato di queste parole, sul trovare esempi in cui sono stati o hanno visto qualcuno mettere in atto atteggiamenti di collaborazione o di altruismo. Se è per noi un valore importante, possiamo realizzare una scritta e invitare i nostri studenti, giorno dopo giorno, ad attuare piccoli gesti che vadano nella stessa direzione.Con questa attività abbiamo l’occasione per parlare di vita, di introdurre, non tutte il primo giorno di scuola, quelle famose life skills e quei concetti e valori che spesso sentiamo mancare nelle aule e tra i muri della scuola. All’insegnante la libertà di lasciarsi ispirare da questo seme e quella che sarà la sua piantina. Potrebbe capitare che durante l’anno questa terra con questo semino possa donarci il modo di parlare di natura, il classicone, dal seme alla pianta, di cosa è composta la terra; di malattia, le foglie magari risultano macchiate; di crescita, misurare l’altezza del piccolo stelo un mese dopo l’altro; di morte, potrebbe capitare che qualcuna delle piccole pianticelle possa seccare o marcire; potrebbe nascere l’occasione per trovare soluzioni nel caso ci sia troppo caldo, troppa acqua o troppo poca acqua. Potrebbe offrirci l’occasione per fermarci dall’ordinaria lezione e chiedere “come stai oggi?” “di cosa hai bisogno?” “cosa vorresti?” Può regalarci l’occasione di riflettere sul rispetto e sull’attesa. È l’occasione per dare ai nostri alunni una piccola responsabilità da portare avanti tutto l’anno e vedere crescere le loro piccole piantine, loro stessi.Lo so che potrebbe sembrare complicato, qualcuno si potrebbe già scoraggiare, ma se ben strutturato e soprattutto se ben responsabilizzati gli studenti, potrebbe essere un meraviglioso modo di dialogare con i nostri uomini e donne in crescita.Solitamente si augura qualcosa agli studenti a fine anno e ancora più spesso a fine del ciclo scolastico o quando sappiamo di doverli lasciare per un cambio sede, un pensionamento o una maternità. Io, con questo articolo, vi chiedo di ribaltare questa tradizione, se cosí possiamo definirla, e iniziare con un augurio per voi e per loro, chiedervi che cosa vorreste insegnare loro, che vada al di là della didattica, e cosa vorreste per voi.Questa esperienza dà all’insegnante la grande opportunità di costruire le basi della sua piccola società, mi piace immaginare cosí ogni classe, una piccola società a misura di bambino, ognuno con le sue peculiarità e caratteristiche, dove ogni giorno ognuno è chiamato a portare un po’ di sé, a sbagliare e correggersi, ad aiutare, a osservare, a lavorare, a divertirsi, ad essere felice o a essere arrabbiato, triste, offeso, scoraggiato, tutto ciò che viviamo noi adulti, ridimensionato in a misura di bambino e ragazzo. Questa esperienza dà l’opportunità di chiedersi quali siano i valori importanti che si vogliono trasmettere tra le quattro mura della propria aula. Serve individuarne tre o quattro e lavorare ogni giorno, affinchè questi emergano da piccoli gesti. Serve fermarsi ogni giorno dalla didattica, bastano pochi minuti e avere un campo visivo più ampio, in cui guardare i nostri ragazzi, non sono come studenti di scuola, come studenti di vita.E vi assicuro, chiunque ripensando agli anni delle scuole tra 30 o 50 anni ricorderà questa esperienza. L’esperienza è apprendimento e l’apprendimento esperienziale dura una vita.