Il ventaglio delle parole gentili

Il ventaglio delle parole gentili è un laboratorio pedagogico progettato dalla dott. ssa Marta Tropeano. Cliccate sulle immagini o sui pulsanti colorati per scaricare le schede da stampare (in bianco e nero). Stampa la scheda Stampa la scheda Come utilizzare i laboratori pedagogici I laboratori pedagogici emotivi sono composti da due momenti di relazione differenti: una poesia da leggere insieme ai bambini e una scheda operativa che permette di realizzare un piccolo amuleto emotivo. …

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Diciassette artisti e un ventaglio

Non mi ero mai imbattuta in nulla di simile. E per questo mi ero ripromessa di raccontarlo qui sul blog.
È un oggetto esposto al Museo Nazionale per l’arte, l’architettura e il Design di Oslo, assieme a migliaia di altri manufatti altrettanto affascinanti. Ma questo meritava un piccolo approfondimento, quanto meno per la sua originalità.
Sto parlando di un ventaglio dipinto. Non uno di quelli di stoffa, pensati per stare in mano a una signora: quello che ho visto è tutto in legno ed è formato da 17 dipinti autonomi realizzati da quindici pittori e due pittrici norvegesi, tutti allievi di Knud Bergslien.

Quest’opera collettiva è stata pensata proprio per essere donata all’anziano maestro, direttore di una rinomata scuola di pittura dal 1870 al 1900 (frequentata, tra gli altri, anche da Edvard Munch), in occasione dell’anniversario del 1898.

Ciascun artista ha dipinto una stecca a olio con un paesaggio, un ritratto o una scena di vita rurale. L’effetto è molto vario, sia per le tinte utilizzate che per i soggetti. Tuttavia l’insieme è unificato dall’elemento centrale di snodo, un pavone con la coda aperta.

Trovo molto interessante che anche l’orientamento della propria immagine sia stato scelto liberamente dai pittori: qualcuno ha deciso di tenere conto della posizione della propria stecca nel ventaglio aperto e ha orientato di conseguenza la scena (come nei primi quattro paesaggi da sinistra) mentre altri hanno scelto di usare come orizzonte della veduta, l’asse longitudinale della stecca. Altri ancora hanno dipinto ponendo la stecca in verticale, specialmente per le figure umane.
Vediamo rapidamente i vari elementi partendo da sinistra. L’elenco ordinato degli autori è leggibile nella didascalia del museo.

La prima, dunque, è di Otto Sinding. Si tratta di una marina con montagne innevate sullo sfondo, probabilmente un fiordo norvegese.

La scelta non meraviglia visto che Sinding era specializzato in paesaggi costieri, specialmente delle isole Lofoten.

È un paesaggista anche il secondo autore, Amaldus Nielsen. Il suo stile però è più lirico e ricorda il linguaggio dei pittori romantici tedeschi.

Il terzo pittore, Christian Skredsvig, ha scelto invece una scena più pittoresca: un laghetto con due mucche che si abbeverano, il prato e i riflessi delle nuvole sull’acqua. D’altra parte questo è il suo soggetto preferito, come si evince dalla sua produzione.

La stecca successiva è del ben più noto Christian Krogh, pittore cosmopolita dedito alla rappresentazione dei ceti sociali più bassi e di scene di vita quotidiana che influenzerà anche l’arte di Munch. Naturalmente il suo contributo è una figura umana e in particolare un pescatore.

Gustav Lærum è l’autore della quinta stecca. Lui era prevalentemente un illustratore, ma in questo caso ha dipinto a olio un piccolo ritratto, probabilmente la figura di Axel Heiberg, diplomatico norvegese e munifico mecenate delle arti e delle scienze.

La sesta stecca è stata dipinta da Gerhard Munthe con una scena di vita rurale, un tema frequente nella produzione di questo pittore e illustratore.

L’autore della settima stecca è Hans Gude, pittore paesaggista che, per l’orizzonte marino della sua scena, sceglie di riferirsi alla posizione del ventaglio aperto. Bella la scelta di far inclinare il veliero per via del vento nel senso della stecca.

Con Hans Heyerdahl si torna alla figura umana. Non ci è dato sapere chi sia il giovane ritratto nella sua stecca, ma potrebbe essere un autoritratto vista la somiglianza del taglio degli occhi con altri autoritratti del pittore.

La stecca seguente, la nona del ventaglio, è opera di Carl Fredrik Sundt-Hansen. Come nell’opera di Munthe anche qui c’è una scena di genere: una ragazzina in abiti tradizionali appoggiata al fianco di una casa di legno. L’autore è ricordato proprio per questo genere detto “nazionalista-romantico”, con cui ha raccontato la vita del popolo.

La decima stecca, dipinta da Fredrik Kolstø, è un omaggio al destinatario del ventaglio: il ritratto di Knud Bergslien, dal caratteristico baffone bianco. L’autore è un pittore realista che si è occupato prevalentemente di ritratti e paesaggi.

Anche la stecca successiva contiene un ritratto. Stavolta si tratta dell’esploratore e scienziato Fridtjof Nansen (premio Nobel per la pace nel 1922), dipinto da Jacob Bratland. Nansen era già famoso per essere stato il primo uomo ad attraversare la Groenlandia con gli sci nel 1888-1889. Nel 1893 tentò di raggiungere il Polo nord con una nave da lui attrezzata e poi con il kayak e infine a piedi, ma dovette fermarsi alla latitudine di  86°14′ (comunque mai raggiunta prima da nessun’altro). Riuscirà a tornare in patria solo nel 1896 grazie a una spedizione britannica incrociata nella “Terra di Francesco Giuseppe”. 

Il simpatico cagnolone dipinto nella dodicesima stecca è opera di Karl Uchermann, un pittore noto proprio per i suoi dipinti di animali e in particolare di cani.

L’uomo ritratto nella tredicesima stecca è Frederik Hjalmar Johansen, esploratore e compagno d’avventura di Nansen nel tentativo di conquista del Polo Nord. L’autore invece è Severin Segelcke, artista (ma anche ufficiale dell’esercito) noto soprattutto per le illustrazioni di libri di viaggio.

Axel Ender, autore della quattordicesima stecca, ha preferito invece una scena di vita rurale con la raffigurazione di una donna in abiti tradizionali davanti a una casetta con il tetto coperto d’erba. Questo è perfettamente in linea con la sua produzione, incentrata sulla vita del popolo, specialmente d’inverno.

La stecca successiva raffigura ancora un altro esploratore. In questo caso si tratta di Eivind Astrup, ricordato per aver più volte attraversato e mappato la Groenlandia. Il dipinto è stato realizzato dalla celebre e talentuosa ritrattista Asta Nørregaard.

La stecca successiva, la sedicesima, è un paesaggio malinconico con una donna in primo piano, opera di Eilif Peterssen. Stavolta l’orientamento è quello del bordo sinistro della stecca, un formato senz’altro più adatto a un’ampia veduta. Il soggetto è ripreso, pressoché identico, da un suo quadro di due anni prima (il terzo della sequenza).

Il ventaglio si conclude con la stecca dipinta dalla pittrice Elisabeth Sinding (cugina di Otto Sinding, l’autore della prima stecca) che raffigura una slitta trainata da cavalli, uno dei suoi soggetti preferiti. Questa è, a mio parere, una delle opere più belle del ventaglio per l’audace composizione in prospettiva – per altro coerente col formato trapezoidale – e per le delicate scelte cromatiche.Non bisogna dimenticare che l’area dipinta in ogni stecca  è lunga circa 25 cm e larga, nella sua parte più ampia, solo 7.

A questo punto si apre un piccolo mistero: contando le stecche si arriva a diciassette, più una stecca nera che copre il ventaglio quando è chiuso. Eppure, sia nella didascalia affissa accanto all’opera nella sala, sia sul sito del museo, vengono elencati diciotto artisti. Ma, escludendo che l’ultimo dell’elenco, cioè Thorolf Holmboe, possa aver dipinto di nero la sua stecca, che fine ha fatto il suo contributo? Forse era previsto ma non è stato realizzato? Forse è andato perduto? Di certo scriverò al museo per avere maggiori chiarimenti.
Ad ogni modo, che abbia diciassette o diciotto stecche, questo ventaglio rimane un oggetto straordinario come tutte le opere collettive: manufatti che mettono assieme, in modo armonioso, tanti mondi artistici individuali. È un prodotto che nel mondo della scuola avrebbe una forte valenza educativa: realizzare un ventaglio di gruppo, scegliendo ognuno liberamente il proprio tema e il proprio stile, significa imparare a mantenere la propria autonomia senza omologazioni ma, allo stesso tempo, partecipare a progetto unitario il cui valore complessivo è maggiore della somma delle singole parti.
Di questi ventagli collettivi ne ho trovati in rete solo pochi altri esempi di fattura tedesca o polacca, di fine Ottocento o inizio Novecento.

Il più appariscente è questo con venti stecche dipinte, di gusto vagamente simbolista. Tra le firme ne spicca una piuttosto nota: Franz von Stuck, autore della terza immagine.

Io, intanto, ho già pensato a come riciclare gli stecchini di legno del gelato… se solo avessi più tempo!

Progetto lettura: la poesia salverà il mondo!

Gli alunni delle sezioni D ed F della scuola secondaria di primo grado dall’inizio dell’anno si sono avvicinati alla poesia per poter vedere il mondo con occhi diversi e per giocare con le parole attraverso le molteplici possibilità espressive del linguaggio.

Il progetto lettura d’Istituto dedica, infatti, alla parola e in modo particolare a quella poetica una ricca sezione della programmazione.

Nella nostra società sempre più travagliata da guerre, pandemia, difficoltà economiche e povertà culturale l’educazione alla poesia può rappresentare un antidoto contro il male di vivere odierno.

Educare alla poesia ci aiuta a vedere con stupore tutto ciò che abbiamo sotto gli occhi nella quotidianità ma che ci sfugge perché siamo sempre di fretta.

Le professoresse Barbara e Cinzia Pedrazzi facendo propria l’idea che, per avvicinare gli studenti alla poesia sia necessario partire dall’innamoramento e dalla meraviglia della parola, hanno condotto i propri alunni in viaggio alla ricerca della poesia che è nascosta in ognuno di noi e nelle piccole cose.

Lo scrittore Bernard Friot ha fornito utili spunti attraverso due testi: “Dieci lezioni sulla poesia. L’amore e la vita” e “Un anno di poesia”.

Un anno di poesia si propone come una raccolta di spunti per apprendisti poeti, un valido stimolo per sviluppare quella voce poetica che è presente in tutti noi.

libro, tradotto dalla poetessa Chiara Carminati, propone un’attività poetica al giorno, per un anno intero, fornendo semplici e divertenti suggerimenti creativi in grado di sviluppare l’interesse poetico di ogni alunno.

Le parole del testo, sono arricchite inoltre dalle semplici e colorate immagini di Hervé Tullet, che si fondono con le parole dando vita ad una poesia visiva, che coinvolge tutti i sensi. Parole come segni, come suoni, come gioco, la parola che diventa tutto ciò che vogliamo: è questo il messaggio delle attività proposte senza dimenticare naturalmente la struttura, le figure retoriche, la metrica, che si acquisiscono però in modo libero e assoluto.

Come si poteva iniziare il laboratorio se non con una prima poesia che prendesse lo spunto a partire da queste semplici parole: tra un anno…/ ti darò …/ una poesia per …e continuare poi con un’altra nella quale è nascosto il tuo nome.

Poesie corte, poesie cancellate, poesie rubate, colorate, ritagliate, poesie urbane e d’attualità, poesie di sguardi, poesie smembrate, poesie sensoriali o grammaticali, poesie visive. In tutto quello che ci circonda c’è poesia, l’importante è vederla.

Attraverso le 10 lezioni di poesia, invece,  i nostri alunni hanno potuto sperimentare le stesse attività suggerite nel libro dall’insegnante Simon durante dei laboratori di poesia frequentati dai due protagonisti del libro Marion e Kevin.

Marion ha 12 anni, un padre che non vede da tempo, un fratellino e la mamma oberata di impegni di lavoro e di assistenza alla nonna malata. Quest’anno non ha molta voglia di andare al campo estivo, perché si sente troppo grande per questo tipo di cose, ma sua madre non le lascia scampo.

Il primo giorno conosce gli altri partecipanti e si rende conto che tanti provano la sua stessa insofferenza nei confronti del centro estivo: Kev, ad esempio, una sorella maggiore lontana per gli studi, un papà che deve lavorare e la prospettiva di frequentare il centro per tutta l’estate.

Marion e Kev vengono inseriti nel gruppo delle attività al chiuso, cioè in un laboratorio di poesia tenuto da un quarantenne, magro, abbronzato, occhi grigi – Simon. Con loro ci sono le gemelle Lucia e Lila, 11 anni, la saggia Alice, 10 anni, Luca e i suoi occhiali, 8 anni e mezzo, Pedro e Hector, 13 anni, grande e grosso e con qualche pelo di barba.

All’inizio l’entusiasmo è poco e soprattutto Marion partecipa controvoglia, ma Simon si rivela un grande maestro – uno di quelli che seminano aspettando di vedere se qualcosa fiorisce, uno di quelli che accende scintille sperando di vedere alte fiammate, uno di quelli che lasciano il segno insomma. Pian piano questo gruppo sgangherato si appassiona al gioco della poesia.

La biblioteca scolastica diventa una vera e propria palestra di parole e sarà utilizzata come palcoscenico della recita finale. In dieci giorni Simon svolge dieci lezioni introducendo ogni lezione con una citazione di un poeta famoso che spiega il senso della lezione stessa.

cos’è la poesia: «La poesia non si sa cos’è, ma la si riconosce quando la si incontra per strada» (Jean l’Anselme).

A coinvolgere maggiormente i nostri alunni è stata appunto la prima lezione “Che cos’è la poesia”. I ragazzi sono stati coinvolti in un laboratorio di scrittura creativa. Ognuno di loro è stato invitato a completare la frase Per me la poesia è…..e a scrivere la loro definizione su fogli di carta da pacco attaccati alle pareti. Di seguito riportiamo alcune delle loro intuizioni:

“La poesia è un filo di parole, la penna lo intreccia e nasce la poesia”, “La poesia è la via delle emozioni che vagano tra le parole”, “La poesia è musica agli occhi dei poeti che danzano tra le rime”, “La poesia è una freccia lanciata dal poeta che colpisce il mio cuore”, “La poesia è viaggiare tra le strofe”.

Altri testi di riferimenti sono stati  quelli di Donatella Bisutti “La poesia salva la vita”, L’albero delle parole”, di Chiara Carminati “Quel che c’è sotto il cielo”, “Perlaparola” e “Viaggia verso”, Fare poesia con voce, corpo, mente e sguardo” e “Acerbo sarai tu” di Silvia Vecchini. 

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