Quanto rendono i concorsi nella scuola

C’è da guadagnare in ogni senso con i concorsi. Il decennio d’oro della didattica della matematica e la personalità di Tullio Viola.

Tullio Viola (1904 – 1985)

Nella scuola quest’anno ci sono concorsi già in fase di espletamento, come per l’infanzia e la primaria. Ci sono poi concorsi per i quali si aspetta la calendarizzazione, come per la secondaria e per le materie STEM, e concorsi annunciati per gli insegnanti di religione e per i docenti di educazione motoria nelle scuole primarie. E concorsi per presidi e segretari e, finalmente, anche se con un contingente irrisorio, per ispettori tecnici, che una brutta politica ha colpevolmente resi inesistenti, sotto ogni profilo. Il 2022 sembra così candidarsi ad essere ricordato nella storia della scuola come l’anno dei concorsi.

I concorsi rendono. La resa economica, ad esempio, è di tutto rispetto.

Un giro di soldi dovuto alla massiccia domanda che c’è di corsi di preparazione che enti, case editrici e agenzie sono protese a svolgere e stanno già svolgendo a largo raggio. Al riguardo, e solo per inciso, va detto che un lavoro serio da fare sarebbe quello di indagare quanto costi fare il docente in Italia e quante siano le “certificazioni” sul mercato, anche per chi aspira a una supplenza di collaboratore amministrativo. Un lavoro che potrebbe illuminare, tra l’altro, di quanto ci sia allontanati dalla retta via con il miraggio di valutazioni e certificazioni oggettive.

Inutile dire però che i concorsi rendono anche sul piano culturale e professionale e certamente in modo più duraturo.

Una delle ragioni per cui la cultura pedagogica in Italia, e la scuola elementare in particolare, rivelavano punte di eccellenza rispetto agli altri gradi di scuola, era la regolare biennalità dei concorsi. Era la regolarità con la quale docenti e direttori didattici studiavano sia per essere candidati che per essere preparatori. Studiavano e ci guadagnavano, in entrambi i casi. Poi ci si è fermati. Ci si è fermati con i concorsi regolari e a peggiorare le cose c’è stata anche l’omologazione che ha reso tutti uguali, senza più distinzioni di settori e gradi di scuola, sia per i presidi che per gli ispettori.

La scuola secondaria non ha vissuto la stessa regolarità del settore primario.

Eppure nella storia della scuola un posto di rilievo spetta al concorso a 23317 cattedre bandito con D.M. del 5 maggio 1973. Rimane una pietra miliare. Realizza un’ampia mobilitazione intellettuale, che va studiata e conosciuta per i suoi significati nel contesto dell’intero decennio,  decisamente eccezionale per la scuola. È il decennio della legge delega, dei decreti delegati, degli organi collegiali e della partecipazione delle famiglie alla gestione della scuola, delle sperimentazioni didattiche. Dei corsi di abilitazione, speciali ed ordinari, e dei provvedimenti di immissioni in ruolo per tutti gli abilitati.  Della crescita del sistema scolastico e di quello universitario. Della crescita della cultura della scuola alla luce della partecipazione e del confronto.

È infatti anche il decennio d’oro della pedagogia e della didattica della matematica.

Così quegli anni settanta del secolo scorso sono stati definiti più volte su queste pagine web e non solo. E a caratterizzarli tali un contributo notevole lo diede anche quel concorso a cattedre. Durò 5-6 anni e per le classi di concorso che interessavano la matematica e la fisica le nomine in ruolo partirono con l’anno scolastico 1978/79. Concorsi impegnativi per i non pochi candidati e commissari. Un impegno che diede però i suoi frutti.

Di decennio d’oro abbiamo parlato anche ultimamente ricordando la figura e l’opera di Vittorio Checcucci.

Il concorso a cattedre del 1973 riporta a un altro protagonista di quegli anni: Tullio Viola.

Fu lui il presidente coordinatore della commissione del concorso per l’allora classe LXIII, poi A047 e oggi A-26, Matematica nelle scuole secondarie di secondo grado. Più che per le altre classi di concorso (Matematica e Scienze della scuola media e Matematica e Fisica), la LXIII arricchì di significato quel concorso. Alla personalità di Tullio Viola si deve molto.  Era stato già presidente nazionale della Mathesis e aveva combattuto la battaglia contro l’abbinamento della Matematica e delle Scienze sperimentali nella scuola media. Battaglia che aveva perso, tant’è che proprio in quegli anni la L. 348 del 1977 potenziava quell’insegnamento integrato portando a 18 le ore di cattedra con la nuova denominazione Scienze matematiche, chimiche, fisiche e naturali.

Bruno Rizzi (1935-1995)

Mentre Bruno de Finetti, che quella battaglia invece  l’aveva vinta e gli era succeduto nel 1971 nella carica di Presidente della Mathesis, svolgeva la sua parte nel caratterizzare il nuovo decennio, Tullio Viola continuò a dare il suo contributo non meno prezioso anche nel tenere insieme un numero consistente di commissari e contribuì a realizzare un’esperienza che segnò la loro vita professionale oltre che quella delle centinaia di  concorrenti.

Il suo prestigio scientifico, la sua conoscenza dei problemi scolastici e la sensibilità didattica, l’amore per la storia della scienza e della matematica contagiò un numero elevato di quei commissari che collaborarono con lui in ricerche oggetto di varie pubblicazioni. Bruno Rizzi e Silvio Maracchia furono tra questi e anche altri come Bruno Firmani, Luigia Berardi, Osvaldo Ferri, Serafino Patrizio, Fabio Mercanti e altri ancora. Quasi tutti quei docenti-commissari passarono ad insegnare all’Università, che ne aveva assoluto bisogno. Un travaso che privò certamente la scuola di quelle risorse, sostituite peraltro dai nuovi vincitori, ma arricchì l’Università. Molti di essi continuarono l’impegno a favore dell’insegnamento medio e furono attivi nel dibattito sulla didattica. Bruno Rizzi e Silvio Maracchia furono i presidenti della Mathesis negli anni seguenti. Successori di Viola e di de Finetti.

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