Concorsi a cattedre
Le discussioni sui risultati delle prove scritte dei concorsi a cattedre e sulla selezione dei docenti mediante i quiz.
In questi giorni i quotidiani danno notizia delle lamentele dei docenti sottoposti alle prove concorsuali del settore umanistico.
Consideriamo la notizia come è stata data dal quotidiano la Repubblica il 28 marzo 2022. Occhiello: “Migliaia di candidati non sono riusciti a superare la prima selezione per salire in cattedra a medie e superiori. In alcune regioni respinti 8 su 10”. Titolo: “Prof bocciati, rivolta al concorso. La prova sembrava un quiz tv”. Sottotitolo: “Dalla Lombardia alla Puglia monta la rabbia degli esclusi. Faccio il precario da anni e mi sono giocato il posto con un test a crocette”. Nell’articolo Ilaria Venturi raccoglie le voci di candidati che riferiscono esempi di quiz nozionistici astrusi e non di rado errati. Nell’articolo di spalla intitolato “Reclutamento da ripensare. Anche i migliori così rischiano” il preside Mauro Piras riconosce che “i quiz hanno un elemento di aleatorietà”.
Io direi che sono del tutto aleatori.
Il difetto di fondo consiste nell’alone di mistero che circonfonde le persone incaricate di preparare le prove e le prove stesse. Una volta accertata la congerie di inesattezze ricorrenti nei quesiti, qualcuno dovrebbe essere chiamato a risponderne. Noi non sappiamo con quali criteri siano designati gli artefici dei quiz. Saremmo curiosi di sapere quali siano le loro referenze. Sono chiamati a verificare le competenze altrui mentre ignoriamo quali siano le loro.
Una così penosa situazione dipende da una responsabilità diretta e da una responsabilità indiretta.
Sulla pagina spicca anche una foto del ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi. Lui non è direttamente responsabile di ciò che accade nei concorsi. Infatti, secondo quanto riferisce Eliana Cocca su Il fatto quotidiano del 26 marzo 2022, è stato il ministro della pubblica amministrazione Renato Brunetta a disporre che i candidati debbano essere selezionati sulla base di quiz a risposta multipla. Abbiamo scritto della responsabilità indiretta del ministro dell’istruzione. Essa non è meno grave di una responsabilità diretta. La scuola appare lasciata come un “legno sanza vela e sanza governo”. Esiliata. Attualmente non si sa quando potrà essere riammessa nella patria della cultura. Una patria in cui la attende ansiosa l’intera storia della pedagogia insieme con gli odierni sviluppi delle scienze umane.
Vi è anche una responsabilità remota di questa offesa alla scuola.
Sono corresponsabili del disastro tutti coloro che nel tempo si sono dati da fare per svilire le discipline, subordinandone la conoscenza a scriteriati criteri di sondaggi nozionistici effettuati mediante test. La testa ben fatta auspicata da Edgar Morin, ricolma dei suoi saperi necessari per l’educazione del futuro, è stata aborrita e vilipesa da funzionari impegnati a demolire le fondamenta della reale conoscenza in nome di problematiche competenze. A nulla è valsa tutta una letteratura scientifica protesa a dimostrare il primato della conoscenza. Si è preferito orecchiare le tesi di quanti vagheggiano un addestramento dell’individuo da privare del suo spessore umano nel renderlo funzionale al mercato del lavoro. Questa sorte dovrebbe continuare a toccare a docenti e studenti. Potrebbe far sorridere, se non fosse tragica, la circostanza di studenti che consolano i loro docenti restati in cattedra, sebbene bocciati per le risposte errate ai quiz.
Dalla presa di coscienza dei soprusi bisognerebbe passare all’organizzazione di efficaci forme di protesta.
Ormai la frattura fra governo della scuola e scuola militante è scomposta. Siamo di fronte a una vera e propria spaccatura. La riabilitazione, se la si vorrà, richiederà tempo. Volerla, tocca a quanti oggi si lamentano. Si dica basta al lasciar correre. La protesta dovrebbe mettere in risalto il rifiuto da parte dei docenti già in servizio e dei candidati alla docenza di continuare a subire siffatte offese alla loro dignità. Alla pars destruens occorrerebbe far seguire la pars construens. Una proposta potrebbe essere quella di introdurre la formazione in servizio per quanti già insegnano e la frequenza di corsi professionalizzanti per chi aspira ad insegnare. A livello universitario lo studio delle discipline di elezione dovrebbero essere correlato allo studio delle metodologie di insegnamento. Non risulta incongruo contemplare un periodo di prova per chi sia stato immesso in servizio.
Di fronte a una sproporzione fra l’alto numero di aspiranti e i posti disponibili selezionare si rende necessario, ma la selezione, da chiamare piuttosto scelta, dovrebbe riguardare insieme la conoscenza disciplinare e la vocazione professionale. Il sistema dei quiz, che si vorrebbe spacciare come risposta alle nuove esigenze della società, è la negazione del futuro. Perpetuarlo significherebbe dover continuare ad ascoltare la tormentosa querela scholae.