“Gli insegnanti devono scegliere il sostegno per vocazione, non come ripiego”

Ho già avuto con lei un intenso colloquio telefonico, durante il quale le ho manifestato la mia solidarietà e la vicinanza delle Istituzioni. La donna è ancora molto scossa da quanto accaduto e restìa a far tornare il bambino a scuola. Tutto ciò è comprensibile ma Luca (nome di fantasia) ha bisogno di stare fra i suoi compagni di classe. E ogni giorno senza didattica rischia di farlo regredire nel suo delicato percorso formativo. Ho altresì chiesto all’Ufficio scolastico regionale del Lazio di acquisire tutte le informazioni necessarie a capire la dinamica dei fatti e ad accertare eventuali responsabilità.

Il quadro emerso finora è sicuramente desolante sotto diversi profili. E anche solo la violazione di norme deontologiche basterebbe a far scattare delle sanzioni. Le cronache, purtroppo, si stanno riempiendo di episodi simili. Non possiamo e non dobbiamo restare a guardare. L’inclusione, la solidarietà e l’accoglienza vanno praticate nella quotidianità. Non è tollerabile la presenza nei nostri istituti di insegnanti senza alcuna attitudine per svolgere una professione tanto delicata. Evidentemente va rivisto qualcosa nei meccanismi di valutazione e selezione di chi aspira a ricoprire il ruolo di docente di inclusione e sostegno e non solo. C’è bisogno di persone realmente motivate, che intraprendano questa strada per vocazione e non come ripiego. Lo dobbiamo ai nostri ragazzi e ai loro genitori e agli stessi docenti”.

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