Riforma reclutamento e formazione calata dal Governo, martedì inizia l’esame del testo al Senato


Anche gli altri sindacati rappresentativi sono orientati allo sciopero contro il Decreto Legge n. 36 su reclutamento, formazione e valutazione approvato alcuni giorni fa dal Governo senza il consenso delle parti sociali e dei lavoratori: lunedì è previsto un tentativo di conciliazione al Ministero del Lavoro, se dovesse produrre risultati e garanzie sulle richieste della piattaforma di mobilitazione si andrà verso uno sciopero generale della scuola ancora più allargato.
La protesta durerà un’intera giornata e si realizzerà prima del termine delle lezioni dell’anno scolastico in corso. “Dopo il riuscito sciopero di giorno 6, durante il quale abbiamo mandato un importante segnale a chi governa la scuola con un importante seguito mediatico anche della manifestazione davanti al ministero dell’Istruzione, ci dichiariamo già ora pronti ad un altro stop: Anief andrà avanti con la mobilitazione fino a quando l’assurda riforma del reclutamento e della formazione-valutazione degli insegnanti, inclusa nel Pnrr, non sarà pesantemente cambiata in Senato approvando gli emendamenti di modifica al testo e dando seguito alle audizioni, a partire da quella dell’Anief, che si svolgeranno dal 17 maggio presso le Commissioni congiunte Affari Costituzionali e Cultura che da martedì cominceranno ad esaminare il testo”.
COSA CHIEDONO I SINDACATI
Il testo contenuto nel decreto non è praticabile: questo Governo aveva preso un impegno lo scorso maggio, promettendo di stanziare risorse aggiuntive alla scuola. Invece, con il Decreto Legge n. 36 si cancellano in qualche anno circa 10mila docenti, si dimezza la carta del docente, utile anche per fare corsi di formazione e aggiornamento, di cui oggi beneficiano 700mila insegnanti di ruolo, e si incentiva un docente su tre con un aumento ‘una tantum’ introducendo anche nella scuola una politica aziendalista-selettiva che confligge con l’obiettivo della formazione delle nuove generazione.
La riforma ignora poi il personale Ata e ‘premia’ chi non partecipa alla mobilità, andando a ledere il diritto alla famiglia. Inoltre, il decreto non considera i precari, mettendo anche loro in concorrenza con i nuovi docenti, eludendo ancora una volta le richieste della Commissione europea di lotta all’abuso di precariato.
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