Una mamma ottiene la carriera alias per il figlio omosessuale

La mamma di un sedicenne iscritto in una scuola di Milano, ha ottenuto il regolamento che istituisce la carriera alias per suo figlio e che sostituisce sui documenti della scuola il nome anagrafico con quello adottato dallo studente. 

Si tratta dell’Olmo Frisi una prassi che evita il disagio di continui e forzati coming out e vale solo per i documenti interni della scuola, dove dovrebbero pure esistere i bagni neutri, mentre  per i docenti sarebbero pure proposti corsi di formazione. “Ieri ho firmato ufficialmente la carriera alias per mio figlio. Lui ha avuto la fortuna di trovare una scuola che ritiene la diversità un valore. E io ora non mi fermo, perché c’è un grande lavoro da fare, per evitare ad altri genitori, che non ne hanno la forza, di affrontare il percorso che ho sostenuto io”: così la mamma del ragazzo al Corriere della Sera.

Infatti …..

Continua la lettura su: https://www.tecnicadellascuola.it/una-mamma-ottiene-la-carriera-alias-per-il-figlio-omosessuale Autore del post: Tecnica della Scuola Fonte:

Articoli Correlati

Ragazzi, soli, mai!

Ragazzi,  soli,  mai!

di Antonietta Cataldi

Madre: Smettila di commiserarti!  Ti comporti come se tutto ciò che ti è capitato fossero disgrazie e tu non avessi alcuna responsabilità.

Figlio: No, Mamma!  Il fatto è che, da ogni parte, viene scaricata su di me ogni colpa, come se fossi stato io a compiere tutte le scelte, sin da quando ero piccolo.

M.:  Cosa intendi dire?  Chi ti ha costretto a fare quel che non volevi?

F.:  Nessuno, ma io ero davvero in grado di capire quello che volevo?  A undici anni, appena uscito dalle elementari, quando ho formulato l’idea di entrare in seminario, ero in grado di capire cosa significasse questa scelta?

M.:  Ti dirò la verità, tuo padre e io non ci siamo posti il problema, forse perché, a quel tempo, avere un prete in famiglia era un titolo di merito, forse perché alcuni genitori sceglievano questa strada per i figli che non erano in grado di mantenere agli studi.  In ogni caso, non era una scelta definitiva, era un percorso che si poteva interrompere.

F.:  Voi avete guardato al futuro lontano senza considerare quello prossimo.  Vi siete chiesti quale sarebbe stata la mia vita in una realtà monca, soltanto maschile, con scarsi contatti con l’esterno?  A quell’età, non ero in grado di pormi questo problema.  Il mio mondo era popolato da ragazzetti come me, che amavano giocare a calcetto.  Ma la preadolescenza era vicina, con la sessualità che avrebbe presto imposto un cambiamento di prospettiva e, in quel momento, io mi sarei trovato chiuso in un mondo senza la presenza femminile.  Mi sarebbero state negate tutte le curiosità, le emozioni, anche le difficoltà, le frustrazioni nel rapporto con l’altro sesso.  La mia vita sarebbe stata priva di quella molteplicità di stati d’animo che l’attrazione, l’infatuazione, l’innamoramento comportano.  Pensi che una simile amputazione possa avvenire senza conseguenze?

M.:  Figlio mio, pensavo che si potessero generare forme di trasgressione come la lettura di giornalini scandalistici che quasi costò a tuo zio l’espulsione dal collegio.

F.:  No, Mamma, le conseguenze di quella deprivazione erano molto, molto più gravi.  Non selezionare i ricordi.  Pensa a ciò che ti raccontò tuo marito, che pure era già al ginnasio all’epoca dei fatti: tra i ragazzi c’era l’abitudine di accarezzare quelli con i glutei più rotondi!

M.:  E’ vero, ma poi tuo padre ha avuto una vita sessuale normale e io ne sono testimone.

F.:  Forse perché, dopo due anni, minacciò di scappare dal collegio se non lo avessero fatto uscire e, comunque, portò a lungo i segni di quelle esperienze.

M.:  In concreto, secondo te, cosa avremmo dovuto fare?

F.:  Quello che tu stessa mi hai detto che fece tuo padre con te.  Mi hai raccontato due episodi. Il primo è di quando eri ancora alle elementari e la suora che ti dava lezioni di pianoforte gli comunicò che intendevi farti suora.  Lei ti regalò un libro su Santa Chiara e lui non proferì parola, né in quel momento né in seguito.

M.:  Era un uomo saggio, capiva bene che la mia giovane età impediva che si potesse dare un valore permanente a quella mia supposta aspirazione.  In effetti, ero semplicemente attratta dalla veste monacale e dal mistero che sentivo aleggiare nella vita del convento.

F.:  E quando, a quindici anni, gli comunicasti che volevi fare l’attrice?  

M.:  Ancora una volta, mio padre fu abilissimo: mi disse che non sarebbe stato un problema ma che prima dovevo finire la scuola.

F.:  Lo vedi?  Non ti presentò difficoltà ma prese tempo per dare a te stessa il modo di maturare una decisione, tant’è che, dopo la maturità, eri proiettata verso altri obiettivi.  Perché non faceste così con me, consigliandomi di proseguire la scuola pubblica per entrare poi in un seminario maggiore?  A diciotto anni sarei stato molto più consapevole, avrei saputo agire e reagire adeguatamente nelle varie situazioni.  Avrei saputo respingere gesti mai immaginati e rifiutare approcci non desiderati, perché avrei capito e riconosciuto la differenza rispetto alle tenerezze e alle effusioni che avrebbero popolato i miei sogni e regalato magia alla mia realtà.  Avrei capito che i compagni di seminario non erano comparabili con le amiche di scuola.  Invece l’impossibilità del confronto ha finito col rendere accettabili comportamenti di coetanei e superiori che mai lo sarebbero stati in condizioni normali.  Io non sono gay, Mamma!

M.:  Sono stata miope e superficiale, figlio mio: mi dispiace non avere colto in tempo le implicazioni della tua situazione e tratto le conseguenze.  Non mi ero resa conto del motivo per cui addossavi a me e a tuo padre parte della responsabilità per la tua condizione e non avevo decifrato il dolore e il disagio che ti porti dentro.  Solo ora immagino la riluttanza a cedere a desideri che non erano i tuoi, ad abituarti a sollecitazioni non richieste e che, anche per chi le forniva, erano soltanto un ripiego, un surrogato, come il caffè di cicoria che si beveva durante la guerra, come l’omosessualità in carcere.  Se soltanto ci avessi pensato per tempo!  Sento parlare di una potente lobby gay in Vaticano e mi rattrista pensare che tu, per un’unica ragione, il fatto di essere in procinto di diventare prete, possa essere inquadrato tra i colpevoli mentre sei una vittima.  Perché intendiamoci: se si è omosessuali, il problema è costituito dalla mancata astinenza, ma se non lo si è, a questo si aggiunge anche l’aver agito controvoglia o l’avere addirittura semplicemente subito.

F.:  Sono vittima ma anche colpevole per non avere avuto il coraggio di ribellarmi, fin dall’inizio.

M.:  Ma se tu stesso hai detto che non conoscevi altra realtà!  A quell’età, poi, quando non si è ancora definita la propria identità, non si capisce nemmeno bene cosa si vuole e cosa non si vuole e, in ogni caso, non si può rifiutare ciò che non si riconosce, a parte il fatto che ti devi essere trovato in una condizione di impotenza se non addirittura di sudditanza.  Da quando ho percepito il tuo problema, mi sono impegnata a studiare …

F.:  Ecco, lo sapevo, tu trasformi sempre tutto in una occasione di studio, quasi che così si risolvano le questioni.

M.:  E’ vero, figlio mio, che non si risolvono ma conoscere il passato ci offre spunti per decifrare il presente e per individuare spiragli che indichino possibili vie d’uscita, perché – credimi – la storia dell’umanità ha delle costanti che ci possono sorprendere.  Pensi forse che il ricevere attenzioni sessuali indesiderate o, peggio, subire atti omosessuali sia una particolarità del nostro tempo?  La costante è che gli esseri umani riescono ad abituarsi quasi a tutto, specie quando le regole sono dettate, se non da dominatori, dalle convenzioni o dalle tradizioni.  Credi davvero che tutti i giovani gradissero il ruolo passivo che, nelle società tribali, toccava loro nella relazione, anche sessuale, con cui si concretizzava parte del rito di iniziazione che segnava il passaggio all’età adulta, quando era ammesso solo il ruolo attivo, quello che caratterizza il rapporto con la donna?

F.:  Certo che no e sicuramente non lo gradivano tutti i ragazzi tra i dodici e i quattordici-quindici anni che, ad Atene, si ritrovavano soggetti passivi, pur “all’interno di un legame affettivo duraturo”.  Ne sono testimonianza “le affermazioni di autori come Platone, Senofonte e lo pseudo Luciano, quando parlano del disgusto dei giovani amati, dell’umiliazione e del rancore che essi provavano verso gli amanti dopo il rapporto”[1].

M.:  Vedo che hai letto il saggio di Cantarella. 

F.:  Illuminante.  Così ho capito il perché di quei rapporti che alcuni semplicemente accettavano mentre altri, come Aristotele, rimpiangevano: “il ricordo del piacere provato provoca il desiderio di rinnovare il congiungimento che vi si accompagnava”. Non c’era possibilità di scelta, secondo le proprie inclinazioni; erano una “necessità sociale”[2] legata al fatto che, al centro dell’organizzazione della comunità non c’era il rapporto uomo-donna ma il rapporto tra uomini. Cantarella spiega: “il rapporto eterosessuale dava la vita fisica; la funzione di dare vita nel gruppo al maschio adulto, la funzione di creare l’uomo come individuo sociale spettava invece al rapporto omosessuale, che come sappiamo si stabiliva a questo scopo, quasi istituzionalmente, tra un adulto e un ragazzo. Ma questo rapporto doveva durare solo per un periodo di tempo ben delimitato.  Una volta raggiunta la maturità, infatti, il ragazzo doveva abbandonare il ruolo passivo (sia dal punto di vista culturale, sia dal punto di vista sessuale) e assumere un ruolo duplicemente attivo: quello eterosessuale del marito, e quello omosessuale dell’amante, educatore di un ragazzo amato»”[3].

M.:  Vedi, figlio mio, che c’è una ragione per tutto?  E’ perché c’era un tempo per tutto, anche per “assumere il ruolo virile con una donna, nel matrimonio”.  A questo proposito, c’è una indicazione molto significativa nell’Iliade, quando Teti si rivolge al figlio, disperato per la morte di Patroclo: “Accanto ad Achille sedette l’augusta sua madre, / lo carezzò con la mano e chiamandolo a nome gli disse: / «Figlio mio, fino a quando gemendo e soffrendo dolori / ti roderai il cuore, del tutto oblioso del cibo, / del letto?  Eppure è bello congiungersi con una donna / in amore»”[4].  E’ l’immagine di una madre affettuosa che esorta il figlio a superare quello stadio, ad andare oltre il “cameratismo di guerrieri” e “a compiere finalmente il suo dovere sociale”[5].

F.:  A me il discorso di Teti sembra quello tipico del genitore che si cura meno dei problemi psicologici che dei problemi sociali.

M.:  Sento un tono di rimprovero nella tua voce.

F.:  Te ne meravigli?  E’ vero che Teti sta agendo su ordine di Giove, adirato per lo scempio che, da nove giorni, Achille sta facendo del corpo di Ettore, colpevole di avere ucciso Patroclo.  E’ vero altresì che è difficile il compito di convincere il figlio, caratterizzato dall’«ira funesta», a consegnare la salma a Priamo per la sepoltura.  E’ pur vero, tuttavia, che, nel suo discorso, Teti non sembra tenere in alcun conto l’intensità del rapporto che legava i due amici.  Noi sappiamo, infatti, che Achille, sperando di essere il solo tra i due a morire a Troia, confidava di poter assegnare a Patroclo il ruolo di tutore del proprio figlio.  E sappiamo anche quanto premuroso Patroclo fosse stato con Briseide quando era stata condotta schiava di guerra.  A lui, cadavere, la donna rivolge il proprio lamento, quasi possa sentirla: “tu no, non volevi / ch’io piangessi, ma sempre dicevi che resa m’avresti / d’Achille divino la sposa legittima e, a Ftia sulle navi / condotta, il banchetto nuziale tra i Mirmidoni avresti imbandito. / Perciò senza fine io ti piango morto, dolcissimo sempre!”[6].  A me sembra altissima la statura umana di questo eroe ucciso: non mi meraviglia che abbia suscitato tanto amore e non mi importa se il legame con Achille avesse o no una componente sessuale.  Era amore e tanto mi basta. Per me il problema sorge quando l’amore non c’è o non è reciproco. 

M.:  Capisco quello che intendi dire: i genitori, nel valutare la condizione dei propri figli, usano parametri che prescindono dal loro benessere presente e futuro.  Ad esempio, non tengono in conto se abbiano o no conosciuto una realtà prima di allontanarsene.  Forse hai ragione.  Il problema è che spesso è così difficile conoscervi!  Tu, per esempio, sei sicuro di esserti sforzato di farmi comprendere il tuo disagio, quando ha cominciato a prendere corpo?

F.:  Ecco, lo sapevo che, ancora una volta, la colpa era mia!  Proprio tu mi parli così, tu che hai sempre sostenuto che ti bastasse uno sguardo per capire se qualcosa non andava! Ma non mi vedevi, in quei brevi periodi che trascorrevo a casa?  Non ti rendevi conto di quanto poco sereno fossi? Sembra quasi che tu non mi abbia guardato come persona ma come un esserino da gestire nel modo migliore possibile, quello che potesse darti la massima tranquillità.  E dove maggiore tranquillità che in un seminario?

M.:  Dimentichi che sei stato tu a chiederlo?

F.:  No, ma tu e Papà siete stati pronti ad assecondarmi, come se la mia fosse la migliore delle scelte possibili, come una buona sorte.  Non mi avete posto nessun problema, non mi avete presentato nessuna difficoltà.  Non vi siete chiesti e non mi avete chiesto se ci fosse un qualcosa che mi sarebbe potuto mancare.

M.:  Tu avresti saputo rispondere?

F.:  Non credo, ma sarei stato costretto a riflettere.  Invece così mi sono trovato in un ambiente sconosciuto, al quale mi sono semplicemente dovuto adattare accettando relazioni che non avevo mai nemmeno immaginato.  Mentre rispondeva pienamente alle mie aspettative la realtà educativa, sono stati per me sorprendenti alcuni rapporti affettivi che ho via via individuato e che erano talvolta connotati da una fisicità che mi appariva morbosa e comunque sgradita.  Era come se invano fossero trascorsi millenni da quando, nella Grecia precittadina, “i ragazzi apprendevano le virtù che avrebbero fatto di loro degli adulti durante il periodo di segregazione, vivendo in compagnia di un uomo, al tempo stesso educatore e amante”, mentre a Sparta “i ragazzi, a dodici anni, erano affidati a degli amanti, scelti tra i migliori uomini in età adulta, e da questi imparavano a essere dei veri spartiati”[7].

M.:  Ma quanti di questi casi hai trovato in tutti questi anni?

F.:  Mamma, cosa dici?  Fai una questione di numeri? 

M.:  No, figlio mio, volevo solo dire che in ogni contesto ci sono le eccezioni, le famose “mele marce”, ma questo non consente di generalizzare; come dice il proverbio, di “buttare il bambino con l’acqua sporca”.  Nella vita mi è capitato di avere a che fare con un sacerdote che stimavo, al quale mi rivolgevo per le messe ai defunti, e che poi ha dato scandalo, sorpreso a compiere atti sessuali con un ragazzino.  Una storia squallida, che però non mi ha indotto a colpevolizzare tutto il clero.  Mi rendo conto di quanto sia difficile la rinunzia alla sessualità e come questa, in un contesto in cui non sia possibile la sua libera espressione, possa trovare vie improprie.  Mi viene in mente ciò che disse Gesù a conclusione di una discussione sul matrimonio e sul fatto che non convenisse sposarsi se non si poteva ripudiare la propria moglie: “vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli”[8].  Ora, un conto è “la teorizzazione della continenza come valore morale”, un altro è la pratica “dell’astinenza come stato di vita più alto e più vicino al Signore, come strumento per la conquista del premio nella vita eterna”[9].   Non è facile accettare l’idea della “superiorità del celibato volontario”[10], rifiutare la sessualità e rendersi eunuchi, specie per alcuni.  Ora ti dico una cosa che spero non ti scandalizzi.  E’ un pensiero rimasto confuso finché non ho letto questo passo di Mancuso: “Riferendosi all’espressione «il discepolo che egli amava», presente sei volte nel Vangelo di Giovanni, alcuni hanno ipotizzato una tendenza omosessuale di Gesù.  La realtà è che questa figura un po’ enigmatica del discepolo preferito è completamente assente nei Sinottici, ricorre solo nel Quarto vangelo e solo nella seconda parte, forse come proiezione del suo autore, e non ha nulla a che fare con la vita di Gesù quale emerge da tutte le altre fonti, ben più affidabili dal punto di vista storico.  Se quindi si vuole ritrovare nel «discepolo che egli amava» un segnale di tendenza omosessuale, essa riguarda non Gesù ma l’autore del Quarto vangelo”[11].  Non avevo mai pensato che Gesù fosse omosessuale semplicemente perché, in quanto Dio venuto in terra come “Figlio dell’Uomo”, cioè figlio dell’Essere Umano, nella mia mente non poteva avere altro ruolo che quello di fratello dell’umanità intera.  Avevo sempre pensato che l’espressione di Giovanni potesse essere una vanteria, come quella dei bambini quando sostengono “la mamma vuole più bene a me”.  In alternativa, l’espressione mi sembrava interpretabile come “il discepolo che lo amava”, lo amava più di tutti e pertanto era da lui ricambiato con la massima intensità.  L’ipotesi riportata da Mancuso mi ha fatto molto riflettere: se davvero Giovanni fosse stato gay, sarebbe stato bellissimo, perché vorrebbe dire che Gesù davvero lo amava particolarmente perché era il più fragile, quello che faceva più fatica a stargli accanto, a “rendersi eunuco per il regno dei cieli”.

F.:  Mamma, davvero non c’è limite alle tue elucubrazioni!  Però devo ammettere che la tua ipotesi mi intriga.  Amare qualcuno e stargli accanto sapendo bene di dover respingere qualunque impulso, di doversi negare qualunque aspettativa, è terribile: vuol dire amare fino al sacrificio.  Ora rivedo la mia esperienza con altri occhi ma non cambia la mia convinzione che il seminario minore sia un errore.

M.:  Ma, figlio mio, io ho sempre pensato che il seminario fosse, dopo la famiglia e forse più ancora che la famiglia, il luogo più protetto al mondo!

F.:  E non hai pensato che una realtà mutilata come quella potesse generare storture e potesse impedire a ciascuno di trovare la propria identità, anche sessuale? Tu non hai idea di come sia triste assistere alle manovre di preadolescenti che cercano di trovare uno sbocco alle loro pulsioni!

M.:  Vuoi forse dire che le cose andavano meglio nella Grecia dell’età classica, quando era previsto che il figlio, per il passaggio all’età adulta, venisse affidato a un adulto di valore, che avesse le qualità per fare di lui un degno esponente della propria comunità e che con lui avesse un rapporto esclusivo, anche di tipo sessuale? Andavano meglio quando i genitori, che non ponevano in discussione le convenzioni, si limitavano a proteggere i propri figli dai corteggiatori inadeguati facendoli, come  ad Atene,  “controllare dai pedagoghi”[12]?

F.:  Non dico che era meglio; dico che, già allora, c’erano leggi a protezione dei ragazzi, tese a evitare ai giovanissimi “le possibilità di frequentazioni e di incontri pericolosi” col rischio di diventare prede di avventurieri.  Per questo “era considerato infame intrattenere qualunque rapporto” con i minori di dodici anni ed era corposo l’elenco degli amanti di “cattiva qualità” cui era proibito frequentare il locale ginnasio: tra questi gli schiavi, i liberti, i prostituti, i commercianti, gli ubriachi e i pazzi[13].  Alcune cose, a mio giudizio, col tempo sono cambiate ma non tutte con effetti positivi.  Per esempio, “l’uomo romano era condannato alla virilità”[14].  Per questo, “a differenza dei greci, i romani non ritenevano che, per i ragazzi, essere soggetti passivi di un rapporto omosessuale fosse educativo. […] Sessualmente […] erano uomini, anche se solo in potenza: e come tali non dovevano mai essere sottomessi”. D’altra parte, mancando la “funzione pedagogica del rapporto, […] fondamentale in Grecia”, veniva meno ciò che dava una motivazione nobile al compito assegnato all’adulto, che pur godeva di una posizione di predominio.  Di conseguenza, nel mondo latino, dove “l’adolescenza era breve” tanto che, “a quattordici anni, un ragazzo era già considerato un adulto […] e poteva prendere moglie”[15], “con il giovinetto amato […] si viveva una vera storia d’amore: destinata peraltro a finire […] nel momento in cui l’amante compiva l’atto che per i romani altro non era, di regola, che un dovere sociale, e che segnava l’inizio di una nuova era della vita: il matrimonio”[16].  Questo scatenava i pappagalli stradali, le cui iniziative potevano diventare veri e propri “attentati all’onore” dei “ragazzi di nascita libera”.  I “giovani ingenui”, che non potevano uscire da soli, erano protetti dal pretore con la punizione di “chi sottraeva loro la scorta” giacché, “senza scorta, essi si presentavano, a chi li incontrava, come persone di facili costumi”[17].

M.:  In conclusione, vuoi dire che c’erano più tutele di oggi?  Di nessun rilievo è dunque il fatto che “quel che era riprovato era solo il fatto di amare un giovane libero e cittadino romano”, mentre restava escluso lo schiavo che “non apparteneva, come soggetto, al mondo della città” e che poteva dunque essere sodomizzato senza problemi giacché “subire il padrone era parte integrante del dovere di servirlo”[18]?

F.:  Questo è un altro discorso, Mamma.  Voglio semplicemente dire che, se certe cose accadono oggi, non si può liquidare la faccenda dando la colpa al fato.  A me sembra che le famiglie non si assumano appieno le proprie responsabilità, scaricandole sulla scuola o, più genericamente, sulla società.  Penso a quanto si è impoverito il novero delle doti richieste a un compagno di scuola per essere considerato degno di essere frequentato: basta che sia “di buona famiglia” e prenda bei voti.    Poco importa se manca di sensibilità ed è anche magari un po’ bullo; se ti capisce; se ha piacere di stare con te o lo fa solo per convenienza; soprattutto, se tu hai piacere di stare con lui.

M.:  Figlio mio, non hai idea di quanto sia difficile essere genitore.  Mio padre diceva sempre: “io faccio quello che posso; il resto, come Dio vuole”.  Io non so se ho fatto tutto quello che potevo.  Probabilmente no.  Certo mi sono posta il problema dell’identità sessuale ma non ho mai immaginato che potesse essere messa a repentaglio in un seminario.  Ho letto tanto, cominciando naturalmente con Platone e quella bellissima immagine che spesso viene citata solo per metà: “Tanto tempo fa la nostra forma non era come adesso, ma diversa. Per cominciare, i generi umani erano tre, non come oggi, due: maschio e femmina.  Allora se ne aggiungeva un terzo, partecipe d’entrambi i sessi. […] L’uomodonna esisteva come sesso a parte, allora”.  Mi è sembrata rivoluzionaria questa “lezione preliminare sulla fibra umana” perché supera la concezione binaria per cui, sin dalle origini, o si è maschi o si è femmine. Questi esseri sferici “erano mostri d’aggressività e di resistenza.  Pieni d’orgoglio assalirono le divinità. […] Zeus ebbe un lampo di genio. Disse: «[…] li spacco tutti in due, ad uno ad uno, così le loro forze caleranno».  […] Ora, dopo il dimezzamento della figura umana, ogni parte rimpiangeva quel suo doppio”. Qui finisce la parte più citata della storia.  La più interessante è, a mio giudizio, il seguito, in cui Platone fa una casistica di ciò che poteva accadere a ciascuno nella ricerca della metà mancante.

F.:  Lo so, ho studiato il Simposio: “Esistono uomini risultato della spaccatura di quel vivo nodo che, allora, si chiamava uomodonna: sono amatori della donna, questi, e la risma degli adulteri, quasi tutta, alligna qui; ed ecco anche le donne appassionate d’uomo, specialmente adultere, tutte dallo stesso ceppo”.  Questo è l’effetto   del ricongiungimento delle due parti del terzo sesso.  Nessun problema per gli altri due. Infatti, “donna nata da spaccatura di donna, non fa tanto caso all’uomo, quanto si orienta sulle altre donne: da qui le donne che vanno con le donne.  Chi è taglio di maschio, bracca il maschio”.

M.:  E contempla i vari stadi e le varie possibilità di interazione anche sessuale tra due metà con “radici maschili”, concludendo: “Qualcuno dice che sono scandalosi: è una calunnia.  Non compiono quell’atto per istinto osceno: anzi, è tutto cuore, fibra maschia, d’uomo vero, è l’attrazione, in loro, per natura affine. Documento sicuro di questo: solo questi, fattisi maturi, riescono uomini versati in politica”[19].  Io penso che dovrebbero leggere questo passo tutti coloro che nascono “taglio di maschio” e soprattutto coloro che li avversano, li denigrano, li dileggiano, li giudicano anormali. 

F.:  Io lascerei da parte il riferimento alla politica, visto il basso livello di considerazione di cui gode al giorno d’oggi.  Piuttosto confronterei il discorso di Platone con le informazioni che, da medico, già venticinque anni fa, ha offerto la monaca benedettina e teologa Teresa Forcades quando, parlando di gender, ha spiegato che esistono almeno tre dimensioni del sesso biologico: “Sul piano cromosomico (genetico) tutti sappiamo che esistono xx(femmina) e xy (maschio) e molti sono convinti che vi siano soltanto queste due possibilità, ma non è così. […] Oltre a xx e xy, che tutti conosciamo, esiste infatti anche xxy: in medicina si chiama «sindrome di Klinefelter».  Questa composizione genetica riguarda una persona ogni mille.  C’è poi anche un’altra possibilità: x0 («sindrome di Turner»). Questi due sessi genetici che ho nominato cosa sono: femmine o maschi?”[20]. Pensa a quanto è divenuto attuale questo discorso durante le ultime Olimpiadi …..

M.: …con osservazioni e commenti che denotavano estrema ignoranza e volgarità. A me, invece, viene in mente ciò che disse Calvino in una intervista nel 1980: “Nella mia vita ho incontrato donne di grande forza.  Non potrei vivere senza una donna al mio fianco.  Sono solo un pezzo d’un essere bicefalo e bisessuato, che è il vero organismo biologico e pensante”[21].  Sembra Platone rivisitato ed è stupendo il modo in cui viene proposto il risultato del rapporto che si crea quando c’è vera intimità e appartenenza reciproca.  E’ l’effetto dell’amore vero e a me non interessa se si generi tra due persone dello stesso sesso o di sesso diverso e non m’importa nemmeno che sia eterno: mi basta che esista all’interno di una relazione.  Sono troppo vecchia per accettare rapporti basati solo su un’attrazione momentanea, su una voglia occasionale. Siamo persone; per me non esiste il “fare sesso”, non ha senso un amplesso equivalente al mangiare quando si ha fame, bere quando si ha sete, e trovo fulminante l’affermazione di Simone de Beauvoir riportata da Forcades: “rispetto alle esperienze sessuali riferite dalle giovani ragazze americane quindicenni sosteneva che avessero fatto più che altro «ginnastica pelvica»”[22].  Per me esiste solo il fare l’amore – come cantava Dalla – “ognuno come gli va”.  Mi rendo conto ora di non aver riflettuto sulla condizione di chi l’amore non lo può fare e se ne deve privare senza nemmeno averlo conosciuto.  Ci penso e me ne rammarico profondamente.

F.:  Peccato che avere studiato tanto ti sia servito tanto poco, come madre!

M.:  E’ vero.  Il fatto è che, per tanti anni, convinta che, per gli esseri umani, il sesso, non essendo legato alla procreazione, dunque alla conservazione della specie, sia o debba essere semplicemente un piacere, ho trovato normale poterne fare a meno, come col desiderio di cioccolata, cui si rinuncia in tempo di fioretti. Non solo. Non mi sono posta il problema di tutte le persone per cui si tratta di un impulso irrefrenabile, che non possono essere condannate a una vita da eunuchi. Dopo tutto, Gesù stesso parla del “rendersi tali”, cioè di una decisione di cui non può farsi carico un ragazzino.

F.:  E ora che l’hai capito?

M.:  Ora sono per l’abolizione dei seminari minorili.  Ti dirò di più, sarei per la chiusura dei seminari in generale, così da permettere a tutti di conoscere la vita.  Farei esistere solo Facoltà universitarie di Teologia analoghe alle altre Facoltà, cioè programmate con un corso base triennale e successivi corsi biennali specialistici, a seconda della branca di studio prescelta.  Sarebbero tutte aperte a uomini e donne, sposati e non, che, a seguito di concorsi, potrebbero avere accesso all’insegnamento o ad altre professioni. L’unico corso specialistico riservato agli uomini non sposati sarebbe quello di formazione alla vita ecclesiastica. Così dovrebbe essere fino a quando la Chiesa cattolica non si sentirà pronta per il sacerdozio femminile. In ogni caso, si tratterebbe di una scelta della quale un adulto sarebbe consapevole; soprattutto, una scelta della quale nessuno se non l’interessato potrebbe o dovrebbe sentirsi responsabile.

F.:  Questa, secondo te, sarebbe la soluzione di tutti i problemi?

M.:  Certo che no, ma toglierebbe spazio alla segregazione che ne causa tanti, su cui i più preferiscono tacere.  Per questo ho trovato coraggioso, anche se dirompente, e non mi ha scandalizzata affatto il termine “frociaggine” utilizzato da Bergoglio, che considero un grande Papa.  Lui si riferiva a quelle pratiche che poi diventano costume e non cessano con l’età né col mutamento delle condizioni. E’ un termine indubbiamente forte ma che richiama esclusivamente il fare sesso, non riguarda l’amore, che è un sentimento dolce, capace di illuminare un momento di vicinanza fisica tra due persone, uomini o donne che siano. Bisogna guardare in faccia la realtà, affrontarla e non fare come si è fatto per troppo tempo.

F.:  Beh, mi complimento.  Ne hai fatti di progressi!

M.: So di meritare il tuo sarcasmo; tu però non ti rendi conto del clima in cui sono cresciuta. Non so se ti ho mai detto quello che mi raccontava mio padre: quando lui era ragazzo, in paese tutti sapevano che un certo prete aveva una compagna, peraltro accettata in famiglia, e addirittura potevano vederne uno che si caricava una ragazza sulla canna della bicicletta, la portava in campagna e poi la riportava con grande disinvoltura. Mi spiegò che per tutti era normale distinguere tra ciò che l’individuo faceva in quanto uomo e la sua funzione di sacerdote sull’altare. Sdoppiamento? Sì. Ipocrisia? Forse.  Realismo? Certo.

F.:  Un po’ tardi, non ti pare, per raccontarmi queste cose? Non mi hai dato la possibilità di pensarci su.  Mi sarei posto il problema della castità.

 M.:  Perdonami. In tanti anni ho assistito a innumerevoli conferenze sull’educazione dei figli ma il tema della castità non è stato affrontato mai. Ricordo le posizioni più diverse, da quella che sostanzialmente richiamava la famosa canzone popolare napoletana, secondo la quale «mazz’ e panell’ fann ‘e figli bell’; panell’ senza mazz’ fann e’ figl pazz’», a quella di ispirazione bucolica che richiamava la consuetudine contadina di affiancare a un alberello ancora instabile un piccolo tronco che lo sostenga e lo aiuti a crescere diritto.  La posizione più interessante mi è sembrata quella di uno psicologo che prendeva ad esempio se stesso nel rapporto col proprio cane che, inizialmente, quando erano in giro per strada, scappava costringendolo a lunghi inseguimenti.  Quando aveva cambiato strategia e aveva smesso di rincorrerlo, si era accorto che l’animale fuggiva ma poi si fermava dietro l’angolo.  Il figlio si aspetta che il genitore lo segua, anche quando sembra sfidarlo.

F.:  Appunto, Mamma, il genitore deve accettare sfide, correre rischi, non prendere a scatola chiusa soluzioni rassicuranti.

M.:  Pensa che io mi ero posta un unico problema, quello del matrimonio dei preti, perché nell’anno che ho trascorso negli Stati Uniti ho avuto occasione di conoscere due figlie di pastori protestanti, entrambe compagne di scuola.  Erano agli antipodi: una quasi una suorina; l’altra del tutto fuori norma, sbandata, non di rado ubriaca.  Probabilmente mi sono capitati esempi sbagliati.  Certo è che, da allora, penso che avere un genitore ecclesiastico debba essere opprimente, quasi come lo era per me sentirmi dire che non potevo fare varie cose perché mio padre “portava le stellette”, cioè era un militare.

F.:  Dunque niente prole, niente matrimonio.  Come se ne esce?

M.:  In primo luogo, come ti dicevo, eliminando la possibilità di entrare in seminario se non si è maggiorenni.

F.:  E poi?

M.:  E poi, se ancora di seminari parliamo, dando ampia possibilità di ripensamenti e verifiche.  Non ci devono essere condizionamenti morali.  Pensa che un anno, nel liceo che dirigevo, è venuto un ragazzo proveniente da un seminario.  I suoi occhi erano smarriti quando è arrivato e non mi pare lo fossero di meno quando è andato via, dopo il pur brillante scrutinio finale.  Era stato troppo breve il lasso di tempo che si era concesso per capire, per scegliere e forse non lo aveva aiutato la presenza di amici, che c’erano e che presumo si fossero impegnati a fargli conoscere una vita diversa.  Credo che decisioni di questo genere richiedano riflessione, silenzio e una lenta   maturazione.

F.:  E allora?

M.:  Ora tocca a te.

F.:  Ho deciso: vengo via dal seminario ma non torno a casa.

M.:  E dove vai?!

F.:  Ancora non so. Ho bisogno di cambiare aria. Voglio andare in una città, finire il liceo e poi frequentare l’università.

M.:  Potresti andare dai tuoi cugini. Sarebbero felici di ospitarti.

F.:  Mamma, per favore, ho riflettuto su questa possibilità ma non sarete voi genitori a decidere.  Se questa lunga esperienza mi ha insegnato qualcosa è che non bisogna delegare le proprie scelte ad altri, nemmeno a chi ci ama moltissimo.  D’ora in poi, farò quello che mi sembrerà giusto e, se sbaglierò, pagherò.  Tanto il prezzo non potrà mai essere più alto di quello pagato finora.

M.:  Figlio mio, io ho semplicemente formulato un’ipotesi, peraltro seguendo la tua indicazione.  Ti prego, non estromettermi dalla tua vita.  Sarebbe una punizione tremenda.

F.:  Non ho nessuna intenzione di estrometterti, in primo luogo perché non voglio e poi perché non potrei, dato che non sono ancora né maggiorenne   né finanziariamente autonomo. Ti chiedo solo di non starmi col fiato sul collo e di rispettare il mio bisogno di indipendenza. Dopo tutto, non è questo che vuol dire crescere, diventare adulto?  Dovresti esserne sollevata.  Invece ti vedo incupita. Vuoi forse suscitare in me nuovi sensi di colpa?

M.:  No, per carità!

F.:  E allora smetti di preoccuparti per me.

M.:  Non ci riesco.  Non so cosa darei per garantirti, per il futuro, la serenità che ti è mancata in passato e che ti manca ancora.  Mi rendo perfettamente conto di quanto sia difficile questo momento, ma ricordati che non sei e non sarai solo, mai. Abbi fiducia in te stesso e abbi fede: la tua vita è nelle mani del Signore e, come sappiamo, Dio, se ti vuole, ti trova.  Quanto a me, non dubitare: se e quando dovessi desiderare avermi accanto a te, in qualunque strada del mondo, ti basterà fermarti dietro l’angolo, ti raggiungerò.

[1] CANTARELLA Eva, Secondo natura.  La bisessualità nel mondo antico, Milano, Feltrinelli, 2021, pagg. 67 e 272-3.

[2] Ibidem.

[3] Ibidem, pag. 76.

[4] OMERO, Iliade –  Odissea , Roma, Newton Compton, 2021, Libro XXIV, vv. 126-131.

[5] CANTARELLA Eva, op. cit. , pagg. 19 e 25-6.

[6] Ibidem, Libro XIX, vv.328 e seguenti; v. 296-300-

[7]CANTARELLA Eva, op, cit., pagg. 21-2.

[8] Matteo 19, 12.

[9] CANTARELLA Eva, op. cit., pag 263.

[10] I VANGELI – Marco Matteo Luca Giovanni, a cura di Giancarlo Gaeta, Torino, Einaudi, 2006, pag. 923.

[11] Mancuso Vito, I quattro maestri, Milano, Garzanti, 2020, pag. 370.

[12] CANTARELLA Eva, op, cit.,pag. 39.

[13] Ibidem, pagg. 67 e 48-49.

[14] Ibidem, pag. 280.

[15] Ibidem, pagg. 276-7.

[16] Ibidem, pag. 163.

[17] Ibidem, pagg. 141 e 153-4.

[18] Ibidem, pagg. 138 e 131.

[19] PLATONE, Simposio, Apologia di Socrate, Critone, Fedone, Milano, Mondadori, 2020, pagg. 71-3.

[20] FORCADES Teresa, Siamo tutti diversi! Per una teologia queer, Roma, Lit Edizioni, 2019, pagg. 117-8.

[21] CALVINO Italo, Gli amori difficili, Milano, Mondadori, pag. XL.

[22] FORCADES Teresa, op. cit., pag. 45.

Carriera alias

Carriera alias: documenti, certificati e diplomi per gli studenti che cambiano nome nel corso della carriera scolastica. Disamina normativa e stato dell’arte.

di Carmelo Salvatore BENFANTE PICOGNA, Dario Angelo TUMMINELLI, Zaira MATERA

Definizione

Con “carriera alias” s’intende una procedura amministrativa, relativamente semplice da attuare e di recente istituzione, atta a garantire la possibilità, per una studentessa o uno studente maggiorenne (in transizione di genere) o alla famiglia che esercita la responsabilità genitoriale (nel caso di minore), di chiedere la modifica del proprio nome anagrafico con quello elettivo (“identità pseudonima”), scelto dal discente in incongruenza di genere, corrispondente al genere sessuale al quale si sente di appartenere, di tutti gli atti interni e/o dei registri in possesso dell’istituzione scolastica (e/o universitaria).

Il nominativo dell’identità elettiva scelta sarà l’unico visibile a tutti: personale educativo, docente, amministrativo, tecnico, compresi studenti, costituendo di fatto l’unico nome a cui ricondurre la persona nei servizi interni erogati dall’istituzione scolastica.

È bene precisare che la scuola continua ad utilizzare il nome anagrafico del/lla ragazzo/a formalmente iscritto su tutti gli atti e/o documenti con valenza certificatoria esterna (a titolo di esempio: documenti di valutazione, certificati, diplomi e altre attestazioni). In buona sostanza solo nei documenti interni alla scuola (es. elenchi del registro elettronico, libretto delle assenze, e-mail personale, account, comunicazioni etc.) sarà utilizzato il nominativo elettivo “alias”.

Inquadramento giuridico

Nell’ordinamento giuridico del nostro Paese da oltre un trentennio è prevista la riassegnazione del sesso e del genere anagrafico, tramite domanda al prefetto della provincia di residenza, grazie alla promulgazione della Legge 14 aprile 1982, n. 164 “Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso” pubblicata in Gazzetta Ufficiale, serie Generale n. 106 del 19 aprile 1982. L’art. 1 prevede, infatti, la rettificazione del proprio nominativo (negli atti dello stato civile) in forza di sentenza del tribunale passata in giudicato che attribuisce “ad una persona sesso diverso da quello enunciato nell’atto di nascitaa seguito di intervenute modificazioni dei suoi caratteri sessuali” ai sensi dell’art. 454 del Codice civile.

Approfondimento La legge in parola, a sua volta, è stata in più occasioni oggetto di modifiche successive. Con l’art. 110 del Decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 “Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127”, si è, infatti, intervenuti sull’art. 1 modificandolo, mentre il successivo Decreto Legislativo 1 settembre 2011, n. 150, “Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69” ne ha abrogato articoli e commi. Questo decreto legislativo è stato enormemente innovativo in quanto ha accolto il concetto di identità di genere non più definito solo sulla base della modifica dei caratteri sessuali (organi genitali), ma basato su elementi caratterizzanti il profilo psichico e sociale.

In altre parole, la cd. “carriera alias” è attivabile, su istanza di parte, da chiunque ne abbia interesse,  dimostri e comprovi, con adeguata documentazione a supporto, rilasciata da strutture sanitarie accreditate, di aver intrapreso un percorso di variazione di genere e desideri utilizzare un nome di elezione diverso rispetto a quello anagrafico, con la creazione di un’identità alternativa (alias, appunto), temporanea, registrata, la cui efficacia è finalizzata esclusivamente al percorso di studi intrapreso (scolastico e/o accademico) strettamente circoscritta alle attività poste in essere che si svolgono all’interno dell’istituto scolastico o dell’ateneo e collegate ai servizi erogati.

A tal fine viene richiesta dall’alunno/a maggiorenne o dagli esercenti la responsabilità genitoriale (per i minorenni), sulla base di un accordo (o patto di riservatezza confidenziale) cofirmato dagli interessati contenente gli elementi caratterizzanti l’attivazione e la gestione di una “carriera alias” che consiste praticamente nella riassegnazione di una nuova identità “provvisoria”, transitoria e non consolidabile, che sia la reale espressione del genere elettivo, utilizzata dall’istituzione scolastica ai fini delle procedure interne e riservata esclusivamente al percorso di studi intrapreso.

Invero la “carriera alias” non è aggiuntiva, ma convive e coesiste con quella originaria “ufficiale”, già attivata, con cui coincide giuridicamente fintantoché perdurerà la carriera effettiva, a meno che nelle more non intervenga una sentenza definitiva di rettifica di attribuzione del sesso emessa dall’Autorità giudiziaria competente, fatte salve eventuali richieste di interruzione avanzate dalla persona richiedente e dalla famiglia esercente (per i minorenni) o le cause di interruzione previste nell’apposito Regolamento adottato.

Finalità

La “carriera alias” risponde a diverse finalità che vengono di seguito sinteticamente elencate:

rimuove ostacoli di “ordine sociale” a vantaggio, non solo della persona direttamente interessata alla procedura ma di tutta la comunità educante e scolastica;

previene e contrasta qualunque forma di violenza e discriminazione sociale, nel rispetto dei principi di uguaglianza e inclusione sanciti dalla Costituzione;

rispetta le libertà e l’inviolabilità della persona umana nel rispetto della normativa vigente;

persegue gli obiettivi delle pari opportunità per tutti;

valorizza il benessere di chi studia, garantendo contestualmente ambienti di studio sicuri e sereni (benessere psicofisico), ponendo in essere specifiche misure di protezione e tutela alla dignità alla persona in transizione di genere;

realizza il principio di autoaffermazione e autodeterminazione di genere;

tutela la riservatezza e la “privacy” delle studentesse e degli studenti in una fase delicata della loro crescita e sviluppo, evitando ripercussioni sul percorso scolastico e contestualmente fenomeni di devianza, bullismo e cyberbullismo, utilizzando appositi rimedi “spazi sicuri” (es. scelta del bagno, dello spogliatoio etc.),

previene forme di abbandono scolastico, contrastando le povertà educative e l’insuccesso.

Numerose ricerche, peraltro confermate da psicologi ed educatori sul campo, hanno evidenziato che il non riconoscersi ed identificarsi nel sesso biologicamente assegnato, attribuito alla nascita è quasi sempre causa di grande sofferenza interiore che genera nel soggetto frustrazione, disorientamento, disagio, disistima e altre forme di inquietudine. La studentessa/lo studente hanno la percezione di non essere “conformi” alle aspettative sociali (stereotipi) e questo può avere ripercussioni negative sul rendimento scolastico fino a sfociare nell’insuccesso, nella disaffezione allo studio e nella marginalizzazione sociale.

Linee Guida

Già nel 2017, il Ministero dell’Istruzione, aveva promosso con nota, prot. n. AOODGSIP.5515 del 27 ottobre 2017 il Piano Nazionale per l’Educazione al Rispetto, finalizzato a contrastare nelle istituzioni scolastiche ogni forma di violenza e discriminazione, atte a favorire il superamento dei pregiudizi, degli stereotipi e delle disuguaglianze e a promuovere azioni educative e formative tese alla promozione dei valori e dei principi sanciti dall’art. 3 della Costituzione italiana “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”

Nell’ambito del piano, il Ministero ha pubblicato delle apposite Linee Guida nazionali del 27 ottobre 2017 intitolate “Educare al rispetto: per la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione” in attuazione dell’art. 1 comma 16 della Legge 13 luglio 2015, n. 107 “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti” per la promozione dell’educazione alla parità tra i sessi e la prevenzione della violenza di genere. Valori peraltro solennemente ribaditi dall’articolo 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (2000/C 364/01), così come dall’articolo 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

Tali linee guida furono messe a punto da un gruppo di esperti, istituito presso il Ministero dell’Istruzione, con Decreto Dipartimentale prot. n. 1140 del 30 ottobre 2015, per offrire all’istituzioni scolastiche un concreto strumento per combattere tutte le forme di disuguaglianza e degli stereotipi per “rendere centrale l’educazione al rispetto e alla libertà dai pregiudizi, riconoscendo dignità a ogni persona, senza esclusioni, nell’uguaglianza di diritti e responsabilità per tutte e tutti”.

Adempimenti scolastici

Molte istituzioni scolastiche, specialmente le secondarie di secondo grado, ricevono con sempre maggior frequenza, istanze di attivazione della “carriera alias” da parte di studentesse e studenti (o delle loro famiglie), che vivono una problematica di disforia e inquietudine interiore con il disconoscimento della propria identità anagrafica rispetto a quella percepita e agita.

Se l’istituzione scolastica, su richiesta di parte, intende attivare la procedura dovrà acquisire in primis la delibera del Consiglio d’Istituto con l’adozione di un apposito regolamento e la sottoscrizione dell’accordo/patto di riservatezza a seguito di istanza di parte del soggetto interessato che comprovi, con idonea documentazione a corredo, rilasciate da strutture sanitarie accreditate, di aver intrapreso un percorso di variazione di genere.

Giova evidenziare che ancora oggi il Ministero dell’Istruzione e del Merito non ha redatto delle Linee guida specifiche per l’attivazione della “carriera alias” che servano come modello unico nazionale da cui attingere, per orientare le istituzioni scolastiche a stilare i protocolli di intesa, accordi di riservatezza o patti. Tutt’oggi l’attivazione delle “carriere alias” dipende più che altro da singole sensibilità o iniziative autonome (che l’istituzione scolastica può avviare in applicazione dell’art. 21 della L. 15 marzo 1997, n. 59 e successivi decreti attuativi) promosse delle istituzioni scolastiche con delibere del Consiglio d’Istituto, pertanto, al momento di scrittura del presente articolo, la “carriera alias” non è espressamente disciplinata giuridicamente né regolamentata da alcuna norma specifica né da alcuna nota/circolare esplicativa ministeriale.

È bene precisare che solo dopo la conclusione del percorso intrapreso di transizione del sesso biologico l’interessato potrà produrre formale istanza presso il Tribunale territorialmente competente per ottenere l’autorizzazione alla riassegnazione del genere anagrafico e conseguentemente al cambiamento del proprio nominativo.

In tal caso il Dirigente scolastico, una volta pervenuta l’istanza formale da parte dell’interessato/a, dovrà procedere contattando l’Ambito territoriale provinciale competente, ufficio rilascio diplomi, e dovrà

acquisire sentenza definitiva o passata in giudicato;

richiedere all’interessato la consegna del diploma originale o sostitutivo;

acquisire il diploma;

procedere al cambio del diploma, annullando il precedente diploma;

richiedere all’Ambito territoriale di competenza il cambio diploma restituendo il diploma annullato;

richiedere contestualmente l’autorizzazione al rilascio di un nuovo diploma;

emettere proprio decreto, rilasciando il nuovo diploma con annotazione nel registro perpetuo dei diplomi delle nuove generalità;

rilasciare all’interessato il nuovo diploma con le nuove generalità.

Approfondimento A conclusione della presente trattazione, vista la portata innovativa, corre l’obbligo di dare menzione che l’Amministrazione scolastica, a tutela del benessere psicofisico del proprio personale, garantirà l’identità “alias”, su istanza di parte, di coloro che intendono chiedere la modifica del nominativo anagrafico come libera manifestazione della propria autodeterminazione di genere, nel caso di specie, cartellino di riconoscimento, credenziali di posta elettronica, tabelle turno orari, targhetta sulla porta d’ufficio; mentre non saranno previste modifiche nei documenti di rilevanza esterna quali: busta paga, matricola, sottoscrizione di atti di rilevanza esterna, sanzioni disciplinari, vedi art. 21 ipotesi del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del personale del comparto “Istruzione e Ricerca” periodo di riferimento 2019-2021, rubricato in “Transizione di genere” sottoscritto all’ARAN con le Organizzazioni sindacali rappresentative e firmatarie di contratto in data 14 luglio 2023.   Si consiglia, ancora, la lettura integrale, dei commi 1 e 2 del citato articolo. Comma 1: Al fine di tutelare il benessere psicofisico di lavoratori transgender, di creare un ambiente di lavoro inclusivo, ispirato al valore fondante della pari dignità umana delle persone, eliminando situazioni di disagio per coloro che intendono modificare nome e identità nell’espressione della propria autodeterminazione di genere, le Amministrazioni riconoscono un’identità alias al dipendente che ha intrapreso il percorso di transizione di genere di cui alla legge n. 164/1982 e s.m.i. e ne faccia richiesta tramite la sottoscrizione di un Accordo di riservatezza confidenziale. Modalità di accesso e tempi di richiesta e attivazione dell’alias saranno specificate in apposita regolamentazione interna, la carriera alias resterà inscindibilmente associata e gestita in contemporanea alla carriera reale. L’identità alias da utilizzare, anche con riferimento a quanto previsto dall’art. 55-novies del d.lgs. n. 165 del 2001, al posto del nominativo effettivo risultante nel fascicolo personale, riguarda, a titolo esemplificativo, il cartellino di riconoscimento, le credenziali per la posta elettronica, la targhetta sulla porta d’ufficio, eventuali tabelle di turno orari esposte negli spazi comuni, nonché divise di lavoro corrispondenti al genere di elezione della persona e la possibilità di utilizzare spogliatoio e servizi igienici neutri rispetto al genere, se presenti, o corrispondenti all’identità di genere del lavoratore. Comma 2: Non si conformano all’identità alias e restano pertanto invariate tutte le documentazioni e tutti i provvedimenti attinenti al dipendente in transizione di genere che hanno rilevanza strettamente personale (come ad esempio la busta paga, la matricola, i provvedimenti disciplinari) o la sottoscrizione di atti e provvedimenti da parte del lavoratore interessato.”   Invero, non si tratta di una novità in assoluto ma l’applicazione di norme statali nella Pubblica Amministrazione in tutti i comparti del pubblico impiego quali, in ordine cronologico progressivo: C.C.N.L. delle Funzioni Centrali (siglato maggio 2022), C.C.N.L. Enti Locali (siglato novembre 2022) e C.C.N.L Sanità (firmato novembre 2022). Lo stesso Ministero dell’Istruzione e del Merito lo specifica con propria nota di chiarimento del 17 luglio 2023 che si riporta: “In merito alla norma sull’identità alias per i docenti in transizione di genere, contenuta nel contratto di Istruzione, università e ricerca, si precisa che si tratta di una clausola già presente in tutti i contratti della pubblica amministrazione, da ultimi quelli sugli enti locali e sulla sanità”. La nota prosegue e aggiunge: “La clausola trova fondamento in una legge del 1982 e in alcune sentenze della Corte costituzionale sulla transizione di genere. Consente il cambio del nome all’interno dell’istituto scolastico per coloro che abbiano già iniziato il percorso di transizione di genere, il che presuppone preventivi passaggi giudiziari e sanitari. La clausola è nata da un confronto tra i Sindacati e l’Aran”.   L’ipotesi contrattuale al momento è al vaglio degli organi di controllo (MEF e Funzione pubblica) e sarà definitiva solo quando supererà tutti i controlli, a seguito della sottoscrizione definitiva da parte delle Organizzazioni sindacali di categoria.

Riferimenti normativi

COSTITUZIONE ITALIANA, art. 3

CODICE CIVILE, art. 454

CARTA dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (2000/C 364/01), art. 21

CONVENZIONE Europea dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali Roma, 4 novembre 1950, art. 14

CONVENZIONE ONU sui diritti infanzia e adolescenza 1989

RISOLUZIONE del Parlamento Europeo del 28 settembre 2011 sui diritti umani, l’orientamento sessuale e l’identità̀ di genere nel quadro delle Nazioni Unite

ORIENTAMENTI del Consiglio dell’Unione Europea del 24 giugno 2013 per la promozione e la tutela dell’esercizio di tutti i diritti umani

LEGGE 14 aprile 1982, n. 164 “Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso”

LEGGE 15 marzo 1997, n. 59 “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa” art. 21 comma 10

LEGGE 13 luglio 2015, n. 107 “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”, art. 1 comma 16

DECRETO LEGISLATIVO 1 settembre 2011, n. 150, “Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69”.

DECRETO LEGISLATIVO 30 marzo 2001, n. 165 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”, art. 55-novies

DECRETO del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275 “Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell’art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59”, art. 4 comma 1

DECRETO del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 “Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127”, art. 110

IPOTESI C.C.N.L. personale del comparto “Istruzione e Ricerca” 2019-2021 del 14 luglio 2023

LINEE Guida Nazionali del 27 ottobre 2017 “Educare al rispetto: per la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione”

NOTA MIUR prot. n. AOODGSIP.5515 del 27 ottobre 2017 “Piano nazionale per l’educazione al rispetto, Linee Guida Nazionali (art. 1 comma 16 L. 107/2015) e Linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo nelle scuole (art. 4 L. 71/2017)”

DECRETO DIPARTIMENTALE prot. n. 1140 del 30 ottobre 2015

Sitografia

PORTALE di riferimento PARI OPPORTUNITA

https://www.noisiamopari.it/site/it/home-page/

ARAN sottoscritta l’Ipotesi di CCNL del Comparto Istruzione e Ricerca 2019-2021

https://www.aranagenzia.it/comunicati/14020-firmato-laccordo-sul-ccnl-del-comparto-istruzione-e-ricerca-2019-2021.html

MINISTERO ISTRUZIONE e del MERITO Contratto scuola, università e ricerca: clausola su identità alias presente in tutti i contratti pubblici

https://www.miur.gov.it/-/contratto-scuola-universita-e-ricerca-clausola-su-identita-alias-presente-in-tutti-i-contratti-pubblici

MINISTERO ISTRUZIONE Scuola, Fedeli: “Al via il Piano nazionale per l’educazione al rispetto”. Dieci azioni per contrastare disuguaglianze e discriminazioni

https://www.miur.gov.it/-/scuola-fedeli-al-via-il-piano-nazionale-per-l-educazione-al-rispetto-

MIUR LINEE Guida Nazionali

https://www.miur.gov.it/documents/20182/0/Linee+guida+Comma16+finale.pdf/

STRATEGIA NAZIONALE (2022 – 2025) per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere

Vuoi rimanere aggiornato sulle nuove tecnologie per la Didattica e ricevere suggerimenti per attività da fare in classe?

Sei un docente?

soloscuola.it la prima piattaforma
No Profit gestita dai

Volontari Per la Didattica
per il mondo della Scuola. 

 

Tutti i servizi sono gratuiti. 

Associazione di Volontariato Koinokalo Aps

Ente del Terzo Settore iscritta dal 2014
Tutte le attività sono finanziate con il 5X1000