Cuorfolletto e gli uccellini di città

Il Sole risplende sulla città, ma che caldo! La scuola è finita e Marta trascorre il pomeriggio in giardino, insieme al suo Cuorfolletto, mentre la mamma prepara le valigie delle vacanze.
«Domani saremo in spiaggia e potremo divertirci tra le onde”, esclama contenta la bambina.» Anche Cuorfolletto è felice, adora il mare e non vede l’ora di partire. Per questo è diventato tutto rosa, il colore di quando attende qualcosa di speciale. All’improvviso Marta vede alcuni uccellini saltellare tra i cespugli; sembrano un po’ affaticati.
«Guarda quei passerotti» dice a Cuorfolletto “Forse stanno cercando un po’ d’acqua; fa così caldo… L’estate è una stagione bellissima, ma con questo caldo gli uccellini rischiano di morire di sete.»
«Perché non li aiutiamo noi?» suggerisce Cuorfolletto.
«Ci penso io!» esclama Marta e corre in casa. Cuorfolletto la guarda incuriosito dalla finestra, mentre confabula con la mamma. Dopo qualche minuto, la …..

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Riapre al pubblico l’antica spiaggia di Herculaneum

Riapre al pubblico l’antica spiaggia di Herculaneum, la prima all’interno di un parco archeologico. I visitatori, da oggi, possono passeggiare liberamente sull’intera superficie e immergersi nella magia della città di Ercolano lambita dal mare.

La risistemazione giunge a conclusione di un percorso pluriennale di attività multidisciplinari di ricerca, scavo archeologico, restauro, ingegneria e architettura. L’antica Ercolano, città di mare, distrutta dall’eruzione vesuviana del 79 d.C., rivive con la sistemazione finale, sull’onda di una progettazione donata dal Packard Humanities Institute nell’ambito del partenariato pubblico-privato denominato “Herculaneum Conservation Project” per restituire un’immagine il più possibile vicina a come si presentava prima dell’eruzione.All’inaugurazione, avvenuta oggi nel Parco archeologico di Ercolano, è intervenuto il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, guidato nella visita dal direttore del Parco, Francesco Sirano. Il nuovo assetto dell’intera area dell’antica spiaggia, finanziato nell’ambito del Cis Vesuvio Pompei Napoli coordinato gestito dall’Unità Grande Pompei, condurrà nel breve termine all’arricchimento dell’esperienza di visita del Parco e nel medio termine alla ricongiunzione dell’area archeologica principale con la Villa dei Papiri, disegnando così un piano di azione di ampio respiro culturale per i prossimi anni e per il futuro del Parco.Negli ultimi decenni questa area è stata progressivamente interessata da corrosione e decadimento, determinati da una miscela di fattori naturali legati alla veicolazione delle acque piovane e di risalita, che avevano trasformato la spiaggia in una sorta di acquitrino, con connessi pericoli di allagamento e impatti sulla conservazione del patrimonio. Data la complessità dei problemi da affrontare è stato adottato un approccio multidisciplinare per restituire la spiaggia alla sua sicurezza e fruibilità, con la realizzazione di un’area percorribile e la valorizzazione del fronte a mare della città antica, con l’offerta di una percezione completamente rinnovata al visitatore dell’antica Herculaneum.”Questo sito è stato enormemente riqualificato e sta diventando un gioiello. Siamo all’interno dell’area archeologica tra le più importanti del mondo con Pompei, Oplontis ed Ercolano e stiamo lavorando tantissimo anche in termini di risorse. Nella legge di bilancio abbiamo stanziato nuove risorse per gli scavi. Inoltre abbiamo previsto che nello Spolettificio di Torre Annunziata dovrà nascere un polo museale e pensiamo che tutto ciò possa rappresentare anche una grande occasione di sviluppo socio-economico per i nostri territori – ha affermato il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano -. Il Parco archeologico di Ercolano è una grande memoria storica e il valore della storia, come diceva Benedetto Croce, è sempre un fatto contemporaneo. La storia è una sorta di cassetta degli attrezzi dove noi rinveniamo gli strumenti con i quali interpretare il presente e prefigurare ‘vichianamente’ il futuro”, ha aggiunto il ministro.La documentazione fotografica d’archivio legata ai lavori di scavo degli anni ’90 mostra la presenza, nella zona della spiaggia, di una piattaforma in tufo segnata da lunghe incisioni parallele che furono interpretate come segni lasciati nel tufo dalle chiglie delle barche. Indagini recenti hanno dimostrato che il litorale nel corso dei secoli ha più volte cambiato il proprio livello alzandosi e abbassandosi almeno dal III secolo a.C. In quel momento il banco di tufo era parzialmente fuori dal mare: il tufo veniva estratto per utilizzarlo come materiale di costruzione e le onde del mare hanno modellato la superficie tufacea con delle incisioni parallele e curvilinee. Inoltre il progressivo abbassamento del livello del banco, a causa di fenomeni legati al vulcanesimo, insieme all’azione delle onde ha depositato le sabbie che hanno progressivamente creato la spiaggia romana del 79 d.C. L’antica spiaggia appariva come una spiaggia di sabbia vulcanica di colore nero da cui emergeva, in alcuni punti, la piattaforma tufacea sottostante. Aveva una leggera inclinazione verso il mare la cui linea di battigia doveva trovarsi pressappoco dove oggi termina l’area di scavo. Sulla spiaggia non si svolgevano solo attività marinare, ma era usata anche per raggiungere la città e per salire attraverso delle rampe verso le case affacciate direttamente sul mare e per rifornire le terme di suburbane di legna. Nella notte dell’eruzione del 79 d.C. oltre a più di 300 fuggiaschi, sulla spiaggia c’erano anche animali tra i quali muli e cavalli. I fuggiaschi furono sorpresi nel cuore della notte dall’arrivo della prima nube ardente che, con una temperatura di oltre 400° e una velocità di 80 km/h, raggiunse la città e provocò la morte istantanea, per shock termico, di tutti gli abitanti. L’arrivo delle ondate di fango vulcanico dal Vesuvio ricoprí poi i resti dei loro corpi, sigillandoli nella posizione in cui si trovavano al momento della morte. Dallo studio di questi scheletri sono stati ricavati importanti dati biologici sull’alimentazione e sulle malattie degli antichi ercolanesi. I fuggiaschi avevano portato con sé oggetti preziosi, come gruzzoli di monete e gioielli, ma anche lucerne per farsi luce nella fitta oscurità provocata dall’eruzione e le chiavi di casa, segno che avevano avuto il tempo di chiudere le porte prima di fuggire. A fine 2021 l’antica spiaggia ha restituito lo scheletro dell’ultimo fuggiasco di Ercolano, un uomo di circa 40/45 anni di età. Si trovava probabilmente in riva al mare o nelle aree della città soprastante, trascinato dalla forza dell’eruzione insieme ai suoi averi, conservati in una sacca di tessuto. Lo scavo di laboratorio del pane di terra che racchiudeva la sacca ha evidenziato che all’interno essa conteneva un porta monete di legno con uno scompartimento all’interno del quale vi erano degli anelli, e alcune tavolette per scrivere sempre di legno, il cui contenuto ci sarà chiarito dal prosieguo del micro scavo. Sull’antica spiaggia oltre allo scheletro sono stati ritrovati moltissimi reperti di legno trascinati dal flusso piroclastico. Arbusti, radici di alberi ad alto fusto, grandi travi, frammenti di cornici e pannelli appartenenti probabilmente a controsoffitti e alle coperture degli edifici, oltre ad assi di legno, puntoni e altri elementi forse di barche. Tutto questo rende gli scavi di Ercolano unici al mondo.Grazie a questo progetto le acque sorgive naturali e l’acqua raccolta dalle antiche fogne della città, che come in antico scaricano sulla spiaggia, sono messe sotto controllo e in parte riutilizzate. In questo modo sono stati eliminati i continui allagamenti che mettevano in pericolo la stabilità dei fronti di scavo e dei monumenti antichi e avevano creato un paesaggio paludoso mai esistito su questo sito. La spiaggia ha assunto l’aspetto di come si presentava prima dell’eruzione e i visitatori possono ammirare il fronte a mare dell’antica Ercolano passeggiando liberamente sull’intera superficie.Infatti, in mancanza di adeguati sistemi di raccolta e smaltimento ed a causa della difficile manutenzione, la spiaggia fino ai primi anni 2000 si presentava come zona paludosa con accumuli di acqua e vegetazione infestante. L’antico litorale ercolanese non è mai stato fruibile da parte del pubblico, se non per una limitata fascia a ridosso dei fornici occidentali dove, per mezzo di una passerella metallica, ora rimossa nell’ambito delle attuali opere, era possibile avvicinarsi alle strutture e scorgere i calchi degli scheletri dei fuggiaschi rinvenuti durante le precedenti operazioni di scavo.Questa sistemazione finale è stata preceduta da studi, ricerche e da un progetto pilota condotto in collaborazione con l’Herculaneum Conservation Project tra il 2008 ed il 2010.Data la particolare ubicazione dell’antica spiaggia, sottoposta di circa 3 m rispetto al livello del mare, di primaria importanza sono le opere idrauliche, per raccogliere le acque, sia sorgive che convogliate dalla città antica a seguito della riattivazione delle originali fogne nell’ambito di precedenti lavori.Da aprile 2011 è stato realizzato lo studio archeologico della storia plurisecolare dell’antica spiaggia di Ercolano e degli edifici prospicienti. Da aprile 2021 sono stati eseguiti limitati scavi e pulizia archeologica, trovando tracce della sabbia antica ancora in aderenza alle murature del fronte costruito; la stessa sabbia è stata rinvenuta sul banco tufaceo emerso dopo la rimozione dello strato di melma che lo ricopriva. Grazie anche allo studio dei documenti di archivio, oggi sappiamo che al momento dell’eruzione del 79 d.C. tutto l’antico litorale era coperto da uno strato di sabbia di spessore variabile. Su questa base è stata studiata una sistemazione che consiste nella creazione di una superficie sulla quale camminare in graniglia di basalto posizionata in maniera tale (stabilizzata con un’armatura alveolare) da essere carrabile e accessibile anche da parte di disabili, e piccoli mezzi per la manutenzione.La rete idraulica di raccolta e drenaggio delle acque è stata messa in opera direttamente sul banco tufaceo, che è stato poi ricoperto con uno strato protettivo di ghiaia lavata in funzione drenante. Per ricreare il livello della spiaggia del 79 d.C. (eliminato durante gli scavi della fine del 1900), lo strato di riempimento vero e proprio è costituito da materiale di pezzatura variabile, decrescente dal basso verso l’alto, di cui l’ultimo strato costituisce il piano di posa dell’armatura alveolare ricolmata di graniglia di basalto. La stratigrafia per la ricopertura del banco tufaceo antico è altamente permeabile e consente il deflusso delle acque meteoriche che insistono direttamente sulla spiaggia e quello delle acque sorgive disperse ed il convogliamento delle stesse nelle vasche di raccolta esistenti; inoltre, gli spessori dei vari strati che costituiscono il riempimento sono calibrati per poter raggiungere le antiche quote di calpestio dell’area.La scelta dell’utilizzo di graniglia di basalto come finitura superficiale, quindi materiale locale e di colore grigio, è tesa a rievocare l’aspetto dell’antico litorale al momento dell’eruzione, vale a dire ricoperto di sabbia scura. Inoltre, questa soluzione offre vantaggi dal punto di vista funzionale, tra cui l’ottenimento dello stesso grado di permeabilità all’acqua sull’intera superficie della spiaggia, senza nessun pregiudizio per gli strati di riempimento e drenaggio sottostanti; la facilità delle opere di manutenzione, che consistono nella ricopertura periodica delle celle dell’armatura alveolare, in maniera manuale e con l’ausilio di attrezzature comuni da cantiere (pale, rastrelli ecc.), recuperando la stessa graniglia che ha subito movimenti a seguito del passaggio delle persone e dei mezzi, o dell’azione dell’acqua piovana. Infine, l’impianto di illuminazione contribuisce ad arricchire ancor di più la percezione dell’invaso della spiaggia ed a valorizzare il fronte mare della città antica durante le visite e gli eventi serali.Il generale dei carabinieri Giovanni Capasso, direttore generale dell’Unità Grande Pompei, ha detto: “Nell’ambito del Cis Vesuvio Pompei Napoli, in qualità di Direttore per il supporto all’attuazione dei programmi del MiC, nonché rappresentante legale dell’Unità Grande Pompei, svolgo il ruolo di Referente Unico del Ministero della Cultura. La predetta Unità segue l’attuazione, il monitoraggio fisico, procedurale, economico e finanziario degli interventi del Cis Vepona, proposti dal’Ugp, assicurando al beneficiario del finanziamento il proprio sostegno in ogni fase del procedimento amministrativo e attuativo dell’intervento. Il Cis Vepona rappresenta lo strumento individuato dal legislatore per l’attuazione del Piano strategico per lo sviluppo delle aree comprese nel piano di gestione del sito Unesco 829 ‘Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata’, aggiornato e approvato dal Comitato di Gestione nel 2022, in cui, uno degli interventi prioritari, è stato individuato nel ‘Miglioramento del Parco archeologico di Ercolano e del suo rapporto con il territorio’ in considerazione dell’importanza che il rilancio di questo sito potesse avere per l’intera economia dell’area e per il potenziamento della sua attrattività turistica. In tale scenario, vanno inquadrate le azioni previste nel Piano strategico dell’Unità Grande Pompei, tra cui l’intervento denominato Lavori per la valorizzazione dell’antica spiaggia degli Scavi di Ercolano e il ricongiungimento alla visita della Villa dei Papiri negli scavi nuovi, per un importo pari a 3.437.480,01 euro, a valere sul Fsc 2014-2020 (ex Del. Cipe n.10/2018), confluito nel Piano Sviluppo e Coesione del Ministero della Cultura (Del. Cipess n.7/2021 ss. mm. ii.)”.”Per l’attuazione di questo intervento è stato siglato un Accordo tra l’Unità Grande Pompei e il Parco Archeologico di Ercolano nel giugno 2021 – ha spiegato il generale Capasso – Oggi, dopo tre anni di intenso lavoro finalizzato alla valorizzazione dell’antica spiaggia degli Scavi di Ercolano, mediante il drenaggio e il riempimento dell’area occupata anticamente dall’ arenile, viene data la possibilità ai visitatori di accedere liberamente sull’intera zona e di comprendere le dinamiche che hanno portato al seppellimento della città. Il prosieguo dei lavori, costantemente monitorati dall’Unità Grande Pompei, consentirà a breve il ricongiungimento della spiaggia all’area dei nuovi scavi ove è presente la Villa dei Papiri”.Il direttore del Parco Archeologico Francesco Sirano ha aggiunto: “L’antica spiaggia è un luogo straordinario e unico al mondo. Per conservarla per il futuro abbiamo ridotto il rischio di continui allagamenti e i pericoli per la stabilità dei fronti di scavo e del fronte a mare della città antica, rivedendolo oggi come gli antichi romani. Ripristiniamo il paesaggio del 79 d.C. e lasciamo che tutti nuovamente passeggino sulla spiaggia. Se giriamo la testa dove un tempo era il mare, diventiamo esploratori moderni dell’immensa coltre di flussi vulcanici che ricoprì la città in poche ore e non possiamo sottrarci dal condividere quasi il senso di totale annientamento della nostra condizione umana di fronte all’evidenza del cataclisma del 79 d.C. Siamo sul luogo dove la ricerca archeologica ha messo in luce le prove che più di 300 disperati cercarono inutilmente di essere salvati grazie ad una vera e propria operazione di protezione civile diretta dall’ammiraglio e insigne studioso romano Plinio il Vecchio”. “Questo progetto – ha proseguito Sirano – ci permette ora di associare all’estremo interesse storico archeologico anche quello topografico e urbanistico dal momento che è ora possibile apprezzare su un’area di più di 3000 mq, in modo ravvicinato, e direi quasi da protagonisti, l’unico fronte a mare di una città romana quasi interamente conservato. Le ricerche iniziate negli anni ’80 del secolo scorso hanno riportato alla luce un campione antropologico unico rappresentato da oltre 300 vittime dell’eruzione, in gran parte rifugiate all’interno di alcuni magazzini legati all’approdo. Dopo alcuni interventi negli anni ‘90 del 900, grazie al partenariato pubblico privato con il Packard Humanities Institute (Phi), l’area è stata inserita all’interno di una strategia mirata a scavi, ricerche, conservazione e fruizione secondo approcci innovativi basati sulla multidisciplinarità degli interventi programmati e con straordinaria risultati come la scoperta del soffitto in legno policromo del salone principale della casa del Rilievo di Telefo. Nella primavera del 2021 sono ripresi i lavori in questo settore così importante dell’area archeologica, con un progetto complesso ed ambizioso che punta a ridisegnare e valorizzare l’antico litorale ercolanese, restituendolo ad una fruizione potenziata e ad una più immediata comprensione delle dinamiche insediative e di seppellimento del sito. Interessanti dati sono emersi dai primi lavori, con il rinvenimento di migliaia di reperti lignei, perlopiù appartenenti alle coperture degli edifici divelte e scaraventate sulla spiaggia dalla violenza dei flussi piroclastici del 79 d.C. oltre a molti frammenti di tegole e coppi ed alcuni frammenti di marmi e di colonne in marmo”.Jane Thompson, responsabile del partenariato pubblico-privato del Packard Humanities Institute, ha sottolineato: “Vedere questa svolta dell’area fronte mare della città antica portata a termine è una soddisfazione immensa per il ricco team interdisciplinare che l’hanno portato a termine, sia professionisti incaricati dalla fondazione Packard Humanities Institute, sia funzionari MIC. Moltissime delle nostre azioni più importanti in oltre 20 anni di partenariato sono state invisibili, il ripristino delle fogne antiche, i cicli pluriennali di manutenzione programmata ne sono ottimi esempi. Ma qui finalmente un radicale cambiamento all’esperienza dei visitatori che insieme alla riqualificazione di Via Mare cambiano per sempre l’assetto di questo sito”.

Spiagge: che cosa c’è sotto la sabbia?

Vacanze al mare. Senza immaginare che, quando andiamo in spiaggia e stendiamo il telo mare sulla sabbia o giochiamo a racchettoni, lo stiamo facendo sopra un pezzo di storia geologica d’Italia. Sotto i nostri piedi – e ombrelloni – ci può infatti essere roccia che svettava sulle Alpi, materiale espulso da antiche eruzioni vulcaniche, pietra dorata scesa dagli Appennini. Già, perché le spiagge della nostra penisola (almeno buona parte di esse, come vedremo) nascono in montagna.
«Sono formate dal materiale eroso all’interno dei bacini idrografici dei fiumi e da questi portato a valle: tutta Italia, dalle Alpi agli Appennini, contribuisce quindi a creare le spiagge italiane. E così come è complessa la geologia della penisola e delle sue montagne, così è differente la composizione delle spiagge», riassume Enzo Pranzini, docente di dinamica e difesa dei litorali all’Università di Firenze e autore del libro Granelli di sabbia.

Veniamo giù dai monti. Un giro d’Italia da spiaggia a spiaggia, oltre che bellissimo, è dunque un vero Grand Tour geologico. Che facciamo con la guida degli esperti. Per ricostruire le “fonti” delle spiagge dobbiamo innanzitutto risalire i fiumi. «Trasportano il materiale proveniente dalle rocce che affiorano nella loro area di alimentazione, sbriciolate dai fenomeni di erosione», spiega Massimo Moretti, docente di Sedimentologia all’Università di Bari e coordinatore del Corso di laurea in Scienze Ambientali di Taranto.
«All’arrivo al mare, entra in gioco un secondo mezzo di trasporto: le correnti. Sono generate dalle onde e portano le sabbie verso terra e verso mare, o anche lungo la costa: in pratica, le onde che non arrivano perfettamente perpendicolari alla costa spostano la sabbia anche parallelamente a essa. Questo processo si chiama deriva litorale, segue i venti dominanti (che generano le onde, ndr) e permette alle sabbie di viaggiare per centinaia di km lungo le coste».

Cominciamo il nostro tour dal Po e dalla parte settentrionale dell’Adriatico. «Il Po trasporta materiali da due catene montuose, Alpi e Appennini settentrionali: i sedimenti portati sono dunque diversi e questa complessità è riflessa nelle spiagge adiacenti il delta del Po», dice Moretti. E continua Enzo Pranzini, «le sabbie grigie del Po – con materiali dalle montagne alpine – dominano nella costa più settentrionale dell’Emilia-Romagna. Ma ogni fiume dà il suo contributo e i flussi di sabbie si mescolano. A Rimini e sulla riviera romagnola i sedimenti provengono dall’Appenino e si muovono verso nord spinti dalle correnti indotte dal moto ondoso.

Nella parte nord dell’Adriatico, ci sono i fiumi (come Brenta o Piave) che veicolano sedimenti dalle Alpi Orientali, per esempio nati dai calcari chiari delle Dolomiti. Pensiamo al Tagliamento, che sfocia e porta materiale alla spiaggia di Lignano Sabbiadoro (UD): un tesoro di sabbia gialla, tanto che, al momento di costituire il nuovo comune nel 1959, al toponimo fu aggiunto l’epiteto “Sabbiadoro” prima usato a scopo promozionale. Le sabbie chiare marchigiane e abruzzesi sono alimentate da materiali erosi sugli Appennini, in zone dove prevalgono i calcari». La spiaggia è insomma una sintesi di rocce: ecco spiegate le differenze di colore tra granelli di arenili diversi o anche di una stessa spiaggia.

Andiamo tra Liguria e Toscana, «tra la foce del Magra (Bocca di Magra, SP) e Livorno. Il Magra, dall’Appennino Tosco-Emiliano, porta al mare anche i sedimenti del Vara: viene dall’Appennino Ligure ed è ricco di materiali scuri e con punte di verde dovute a rocce verdognole come le ofioliti. Le sabbie sono spinte a sud, arrivando a Marina di Pietrasanta (LU) dove incontrano i sedimenti più chiari dell’Arno (che sfocia a Marina di Pisa), che la corrente trasporta a nord e a sud fino a Livorno. Negli spostamenti, i sedimenti si lasciano dietro i granuli più grossi e vengono abrasi: ecco perché nella zona di convergenza di Marina di Pietrasanta si trova la sabbia più fine da Bocca di Magra a Livorno», dice Pranzini. In bianco o in rosa. Abbiamo parlato del trasporto via fiumi e mare. Prima di continuare il tour, spieghiamo cosa succede… all’arrivo, dove la sabbia si deposita formando la spiaggia. Che è ben più della striscia che frequentiamo in vacanza: la parte emersa è solo una frazione di quella sott’acqua. «Consideriamo spiaggia quell’ambiente che va dalla base delle dune fino alla profondità a cui si risente dell’effetto delle onde, che erodono, trasportano e depositano le sabbie», spiega Moretti. Onde e mareggiate spostano la sabbia, trasportandola verso la costa o verso il largo. Non c’è solo la sabbia, poi. «Esistono spiagge di ghiaia, che si formano spesso nei pressi dei delta dei fiumi», dice Moretti.

E nelle zone con pochi corsi d’acqua? «Un esempio è la Puglia: ci sono solo due fiumi pugliesi capaci di trasportare grandi quantità di sedimenti nel Mare Adriatico: il Fortore, per le zone a nord del Gargano, e l’Ofanto a sud.

Ci sono vaste zone carsiche dove buona parte delle precipitazioni viene inghiottita nella falda profonda senza scorrere in superficie. Nella parte ionica del Salento si creano però le spiagge bioclastiche: sono quelle formate da frammenti di conchiglie e di altri organismi marini, rotti dall’azione delle onde. Sono costituite nella quasi totalità da carbonato di calcio, il componente inorganico di conchiglie e altri resti di animali. È il caso delle spiagge di Porto Cesareo o di Pescoluse in provincia di Lecce», spiega Moretti.
Sabbia del Salento. Il carbonato di calcio è bianco e dà alle sabbie un colore candido. Queste spiagge dipendono in realtà da una pianta: la posidonia, che forma praterie sommerse. «Questi organismi con guscio vivono nel posidonieto e quando muoiono i loro resti finiscono sulla spiaggia con quelli della posidonia. Questa si decompone, i frammenti dei gusci restano. La posidonia quindi è fondamentale per fornire materiale a queste particolari spiagge, oltre a costituire una barriera naturale che limita l’erosione costiera: i suoi resti non andrebbero eliminati dalle spiagge», conclude Moretti. «E comunque in generale nelle spiagge una componente organica c’è sempre».

Analogo è il meccanismo che ha creato una formazione straordinaria: la Spiaggia Rosa dell’isola di Budelli (SS), in Sardegna. È composta da frammenti di gusci di Miniacina miniacea: è un foraminifero, un protozoo che si costruisce un guscio calcareo di colore rosa. Vive sulla posidonia e quando muore arriva sulla costa con i resti della pianta. Sabbie di origine biologica si possono trovare anche nelle pocket beach, le “spiagge a tasca”. «Sono quelle limitate da due promontori, sui quali le onde, frangendosi, perdono energia facendo depositare tutti i gusci degli organismi nella baia fra essi compresa», spiega Moretti. «Normalmente, a meno che non siano sede di un fiume, le pocket beach hanno pochi sedimenti terrigeni (provenienti dall’erosione delle rocce più antiche, ndr). Una minima parte viene dall’erosione delle rocce dei promontori stessi. Il resto, come nelle pocket beach della Puglia, proviene dai gusci dei tanti organismi che popolano i fondali marini». Spiagge sonore. Anche alcuni minerali molto diffusi creano spiagge chiare. «Uno di questi è il quarzo, che è trasparente ed è ben presente nelle nostre spiagge perché molto abbondante nelle rocce. Lo stesso vale per altri minerali chiari come i feldspati. E chiari possono anche essere i sedimenti che vengono dai calcari», riassume Moretti.

A volte i materiali si mescolano. «La spiaggia bianca della Pelosa a Stintino (SS), oltre al quarzo proveniente dai graniti che affiorano nella zona, ha in realtà più del 50% di frammenti di resti di animali», aggiunge Pranzini. Parlando di quarzo, un capolavoro naturale costituito da questo minerale è la spiaggia di Is Arutas (OR). La formano granuli di quarzo, arrotondati dall’erosione fino a formare chicchi bianchi e rosati, con inclusioni di altri colori come il verde. Sempre di granelli di quarzo è la spiaggia di Cala Violina a Scarlino (GR). La sua particolarità non è il colore. «È una spiaggia sonora: quando vi si cammina sopra, stride come un violino. L’abbondanza di quarzo si deve al fatto che è un materiale molto resistente: gli altri, più erodibili, sono stati persi e non rimpiazzati perché la spiaggia viene poco alimentata da nuovo materiale», dice Pranzini. Il quarzo è rimasto, con il suo effetto sonoro.

Dalle spiagge chiare, passiamo però alle scure. Che origine hanno? «Molte sono prodotte da materiali vulcanici, dallo sbriciolarsi per esempio del basalto (una roccia scura di origine vulcanica)», spiega Pranzini. Nascono da materiale vulcanico le spiagge nere delle Eolie, come Sabbie Nere a Vulcano e Ficogrande a Stromboli. L’arcipelago siciliano ha vulcani ancora attivi, ma a volte le sabbie scure rimandano a vulcani lontani ed estinti. Qualche esempio? «I minerali che arrivano nell’Adriatico dal monte Vulture, in Basilicata: sono scuri e hanno una densità maggiore (circa 3,6 g/cm³) rispetto per esempio al quarzo (circa 2,6 g/cm³). Per questo sono trasportati in modo diverso, selettivo, rispetto agli altri minerali: tra Margherita di Savoia (BT) e Otranto (LE), per esempio, formano tipiche lamine nere che si alternano alle sabbie chiare», dice Moretti.
La magnetite nella sabbia. Questi minerali sono per esempio anfiboli e pirosseni, comuni nelle rocce magmatiche, e magnetite: un minerale ferroso con densità ancora maggiore (oltre 5 g/cm³), con le più intense proprietà magnetiche in natura, presente nelle rocce basaltiche. Basta una calamita per attrarre la magnetite dalla sabbia. «Allo stesso modo dagli antichi vulcani del Lazio “scendono” i sedimenti scuri che alimentano le spiagge della regione e arrivano a conquistare parte del litorale toscano», dice Pranzini.

Sfumature di nero. Le sfumature di nero possono essere molte. Una è quella della spiaggia di Terranera all’Isola d’Elba.

«È ricca di minerali di ferro: provengono dal materiale di scarto dall’attività mineraria sull’isola. Se fossero rimasti dentro la montagna, non sarebbero arrivati sulla riva», dice Pranzini. Qui si estraevano magnetite, ematite, pirite, minerali di ferro i cui frammenti ora si trovano nella spiaggia scura e luccicante. Ci sono però anche spiagge scure con origini slegate dai vulcani. «Come la spiaggia nera di Cala Jannita a Maratea (PZ), sulla costa tirrenica della Basilicata: è alimentata da calcari e dolomie nerastre (rocce sedimentarie, ndr) che affiorano nel bacino da cui le acque arrivano alla costa. Non tutti i calcari sono chiari», dice Pranzini.
Nella tavolozza delle sabbie italiane ci sono anche rosso e arancione. «Dove si vedono, è segno che ci sono ossidi di ferro», conclude Pranzini. È arancione la spiaggia di Porto Ferro (SS) in Sardegna, dove il colore è dato dalla presenza di ossidi di ferro nelle arenarie che la alimentano. Il punto in cui stendiamo l’asciugamano, insomma, merita davvero attenzione.

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Tutti al mare: le spiagge più belle viste dall’alto

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