La mitologia nell’Universo: Plutone, pianeta nano

Una storia un po’ triste fra mitologia e astronomia. La strana metamorfosi: Ades o Plutone da signore dell’Oltretomba a pianeta nano.

Gian Lorenzo Bernini, il ratto di Proserpina, Roma

Quella che state per leggere è la storia un po’ triste, fra mitologia e astronomia, di Ades o Plutone, che, dopo essere stato per secoli considerato il dio dell’inferno, viene relegato in soffitta per oltre un millennio e mezzo. Nel 1930 ritorna in ballo come nono pianeta del sistema solare; ma dopo 76 anni viene riclassificato e inserito fra i pianeti nani, dove ritrova (ahimè!) l’irata suocera Dèmetra o Cèrere.

La mitologia.

Ades (“invisibile” o “che rende invisibile”), figlio di Cròno e Rèa, fratello di Zèus, signore degli dei e degli uomini, e di Posèidone, signore del mare, scuotitore della terra, è il dio dell’inferno e regna sulle ombre dei morti con la moglie Persèfone o Còre, che egli rapì alla madre Dèmetra, chiamata dai Romani Cèrere, anch’ella figlia di Cròno e di Rèa e dea dell’agricoltura, onorata nei misteri eleusini.

Vale la pena di approfondire un po’ la storia del ratto di Persèfone, chiamata dai Romani Prosèrpina e il cui padre era Zèus. La madre errò sulla terra nove giorni per cercarla, e finalmente, irata, fece sì che il terreno divenisse sterile. Zèus, per placarla, ottenne da Ades che Persèfone trascorresse i quattro mesi dell’inverno agli Inferi col marito e gli altri otto con la madre.

Anticamente si credeva che Ades stesso salisse sulla terra a prendere le anime dei defunti, ma in seguito questo ufficio fu attribuito ad Ermes, figlio di Zèus e di Màia, messaggero degli dei, chiamato perciò “psykhopompòs” (“che conduce o accompagna le anime dei morti”).

Ades, divinità truce e terribile, nel V sec. a.C., nei misteri eleusini fu venerato anche col nome di Plutone (“ricco” o “dispensatore di ricchezza”) e considerato una divinità benefica che manda dalla profondità della terra prosperità e ricchezza.

Con l’avvento del cristianesimo, Ades o Plutone andò ad ammuffire in soffitta, come tutti gli dei dell’Olimpo. Neppure Dante, che nell’”Inferno” rispolverò Caronte e Cerbero, lo degnò della benché minima considerazione.

Gian Lorenzo Bernini, il ratto di Proserpina, particolare

L’astronomia.

Nel 1915 l’astronomo americano Percival Lowell (1855-1916), studiando le perturbazioni residue di Urano non giustificate completamente dalla sola presenza di Nettuno, intuì la presenza di un nuovo pianeta, del quale calcolò l’orbita senza tuttavia trovarlo nel cielo. Alla stessa conclusione giunse in seguito anche William Henry Pickering (1858-1938). Il pianeta fu scoperto per una fortunata combinazione il 18 febbraio 1930 da Clyde Tombough, in una posizione assai prossima a quella prevista. Al nuovo corpo celeste venne dato il nome di Plutone perché il suo simbolo PL ricorda le iniziali di Percival Lowell.

Plutone diventa così il nono pianeta del sistema solare, distante in media dal Sole 5,906 miliardi di km, con perielio a 4,437 e afelio a 7,376 miliardi di km; al suo perielio si trova perciò più vicino all’astro centrale di quanto non lo sia Nettuno. Compie la sua rivoluzione in 247,9 anni “siderei” (cioè riferiti alle stelle fisse), alla velocità media di 4,669 km/s su un’orbita ellittica di eccentricità e = 0,2448, maggiore di quella di tutti gli altri pianeti, con inclinazione media sul piano dell’”eclittica” (la traiettoria descritta apparentemente dal Sole sulla sfera celeste) di 17,13826°.

La massa di Plutone è lo 0,22% di quella terrestre e meno del 18% di quella lunare, ma è anche minore di quella di altri sei satelliti del sistema solare: Ganimede [Giove], Titano [Saturno], Callisto, Io, Europa [Giove], Tritone [Nettuno].

Il suo diametro medio è di 2376,6 km, ovvero circa il 68% di quello della Luna.

La superficie è composta per oltre il 98% di ghiaccio d’azoto, monossido di carbonio e tracce di metano. La temperatura superficiale si aggira tra i 40 e i 50 K. Qui di seguito sono riportati tutti i dati relativi a Plutone:

  • Semiasse maggiore                         5.906.380.000 Km = 39,4817 UA
  • Periodo orbitale                               247,9 anni
  • Velocità orbitale media                  4,669 Km/s
  • Eccentricità                                      0,2448
  • Inclinazione sull’eclittica               17,13826°
  • Temperatura superficiale media  45 K (-228,2 °C)
  • Periodo di rotazione                        6g 9h 17min 36 s
  • Diametro medio                               2376,6 km
  • Massa (Terra = 1)                            0,00218
  • Densità media                                 2,5 ⋅
  • Gravità superficiale (Terra = 1)   0,063
  • Satelliti naturali                              5.

Plutone possiede 5 satelliti naturali conosciuti, il più massiccio e importante dei quali è certamente Caronte.

Scoperto il 22 giugno 1978 e avente un raggio poco più della metà di quello di Plutone, è l’unico dei satelliti in equilibrio idrostatico e dalla forma sferica. Sono noti anche 4 satelliti minori: Notte e Idra, scoperti nel maggio 2005; Cerbero, scoperto nel luglio 2011 e Stige, scoperto nel luglio 2012.

Caronte possiede dimensioni non molto inferiori a Plutone; alcuni preferiscono quindi parlare di un sistema binario, giacché i due corpi orbitano attorno a un comune centro di gravità situato all’esterno di Plutone. Nell’Assemblea Generale UAI (Unione Astronomica Internazionale) dell’agosto del 2006 venne presa in considerazione la proposta di riclassificare Plutone e Caronte come un “pianeta doppio”, ma la proposta fu poi abbandonata.

Caronte ruota su se stesso con un movimento sincrono in 6,39 giorni, presentando sempre la stessa faccia a Plutone, come la Luna con la Terra.

Tuttavia, a differenza della Terra, il blocco mareale vale anche per Plutone che rivolge quindi anch’esso il medesimo emisfero a Caronte, unico caso nel sistema solare dove anche il corpo principale è in rotazione sincrona col suo maggior satellite; da qualsiasi posizione della superficie di ciascuno dei due corpi, l’altro rimane fisso nel cielo oppure perennemente invisibile.

Idra è il satellite più esterno del sistema e sembra essere il maggiore dei 4 nuovi satelliti. Stige è la più piccola luna del sistema plutoniano, avendo un diametro compreso tra i 10 e i 25 km.

Da Plutone, il Sole appare puntiforme, anche se ancora molto luminoso, da 150 a 450 volte più luminoso della Luna piena vista dalla Terra (la variabilità è dovuta al fatto che l’orbita di Plutone è altamente eccentrica).

Caronte visto dalla superficie di Plutone ha un diametro angolare di circa 3,8°, quasi otto volte il diametro angolare della Luna vista dalla Terra. Appare come un oggetto molto grande nel cielo notturno, ma risplende circa 13 volte meno della Luna, a causa della poca luce che riceve dal Sole.

Pianeta nano.

Dopo la scoperta di Plutone, nel 1930, gli astronomi avevano stabilito che il sistema solare contenesse nove pianeti e migliaia di altri corpi dalle dimensioni significativamente minori, asteroidi e comete. Per quasi 50 anni, Plutone è stato ritenuto più grande di Mercurio, ma la scoperta nel 1978 della sua luna Caronte permise di misurarne la massa con precisione, ottenendo per essa un valore molto più piccolo delle stime iniziali: il valore misurato corrispondeva a circa un ventesimo della massa di Mercurio, rendendo Plutone di gran lunga il pianeta più piccolo. Sebbene fosse ancora 14 volte più massiccio di Cerere, l’oggetto più grande presente nella fascia principale degli asteroidi, anche dal confronto con la Luna Plutone appariva ridimensionato, raggiungendone meno del 18% della massa. Inoltre, possedendo alcune caratteristiche inusuali quali un’elevata eccentricità orbitale e un’elevata inclinazione orbitale, divenne evidente che si trattava di un corpo differente da ogni altro pianeta.

Fra il 2002 e il 2005 furono scoperti 8 oggetti che condividevano le caratteristiche chiave di Plutone.

Il termine “pianeta nano” è stato introdotto ufficialmente nella nomenclatura astronomica il 24 agosto 2006 da un’assemblea dell’UAI, fra molte discussioni e polemiche. Nella risoluzione si legge:

“[…]  La UAI quindi decide che i pianeti [dal greco “plànētes” = errante] e gli altri oggetti nel nostro sistema solare, eccetto i satelliti, siano classificati in tre categorie distinte nel modo seguente:

  1. un “pianeta” è un corpo celeste che
    1. è in orbita intorno al Sole;
    2. ha una massa sufficiente affinché la sua gravità possa vincere le forze di corpo rigido, cosicché assume una forma di equilibrio idrostatico (quasi sferica);
    3. ha ripulito le vicinanze intorno alla sua orbita;
  2. un “pianeta nano” è un corpo celeste che:
    1. è in orbita intorno al Sole;
    2. ha una massa sufficiente affinché la sua gravità possa vincere le forze di corpo rigido, cosicché assume una forma di equilibrio idrostatico (quasi sferica);
    3. non ha ripulito le vicinanze intorno alla sua orbita;
    4. non è un satellite.
  3. tutti gli altri oggetti, eccetto i satelliti, che orbitano intorno al Sole devono essere considerati in maniera collettiva come “piccoli corpi del sistema solare”.

Nonostante il nome, un pianeta nano non è necessariamente più piccolo di un pianeta. In teoria non vi è limite alle dimensioni dei pianeti nani. Si osservi inoltre che la classe dei pianeti è distinta da quella dei pianeti nani, e non comprende quest’ultima.

L’UAI riconosce cinque pianeti nani: Cerere, Plutone, Haumea, Makemake ed Eris.

Cerere era il più grande degli asteroidi, ha un diametro medio di appena 955 km e fu il primo di questi pianetini ad essere scoperto nel 1801 da Giuseppe Piazzi (1746 – 1826), direttore dell’Osservatorio di Palermo. Carl Friedrich Gauss (1777 – 1855) calcolò la sua orbita con il metodo dei minimi quadrati.

Haumea è stata scoperta nel 2004 e Makemake nel 2005.

Eris, scoperta nel 2005, ha un diametro medio di 2326 km ed una massa 1,28 volte quella di Plutone; è il pianeta nano più distante dal Sole, avendo un semiasse maggiore di 68,071 UA. Deve il suo nome ad Èris, sorella di Ares, chiamata dai Romani Discòrdia, che accompagna il fratello nelle battaglie e personifica la discordia.

I seguenti oggetti del sistema solare potrebbero essere classificati, in base alla definizione, come pianeti nani, sebbene l’UAI si riservi di decidere in futuro se includerli o meno nella lista ufficiale. Fra parentesi è data per ciascuno la data di scoperta:

Gonggong (2007), Quaoar (2002), Sedna (2003), Orco (2004), 2002 (2002) e Salacia (2004).

L’elenco dei 6 candidati pianeti nani è stato fatto in base al diametro medio decrescente: dai 1290 Km di Gonggong ai 921 km di Salacia. Il più vicino al Sole è Orco (39,173 UA; periodo orbitale 247,492 anni); il più distante Sedna (524,400 UA; periodo orbitale 12059,06 anni).

Epilogo (non troppo serio).

Il nostro amico Plutone siede da solo ad un piccolo tavolo nel piccolo “Bar del pianeta nano”, dove ambrosia e nettare sono sconosciuti e i camerieri, quando lui entra nel locale, fanno i debiti scongiuri.

Pensa con rimpianto ai bei tempi in cui regnava sulle ombre di gente come Patroclo, Ettore, Achille, Priamo, Agamennone, Cassandra, Leonida e i suoi 300 compagni, Alessandro Magno.

Pensa pure a quando, dopo un lunghissimo letargo, era diventato per soli 76 anni il nono pianeta del sistema solare. Ora è solo un pianeta nano e in che compagnia si ritrova!

Per prima sua suocera Cerere, che lo ha sempre odiato; poi c’è quell’attaccabrighe di Èris, impegnata a seminar zizzania e sempre smaniosa di menare le mani (ed anche un po’ più grossa di lui). C’è poi quella coppia di sconosciuti dagli strani nomi, Haumea e Makemake, che se ne stanno sempre per i fatti loro e non danno confidenza a nessuno.

Plutone pensa, pensa e una lacrima scende sulle barbute guance dell’antico dio. Certo, è proprio caduto in basso: solo un ripensamento di quella dannata UAI potrebbe un giorno farlo tornare un pianeta “normale”, magari “doppio” in coppia col vecchio amico Caronte.

“Méllonta taúta?” [è l’equivalente in greco di “Ça ira?”]: non lo so, ma mi farebbe veramente piacere se accadesse.

  • Domenico Bruno (Catania 1941). Laureato in Fisica. Già Docente di Matematica e Fisica nei Licei. Dal 1983 Dirigente Superiore per i Servizi Ispettivi del Ministero dell’Istruzione.

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Una passeggiata a Capo Sunio, in Grecia

Là dove la terra di Atene si immerge nel mare degli dei, si erge possente il tempio di Poseidone.

Su quel promontorio di roccia il sole lo avvolge, il vento lo consuma e le onde gli sussurrano voci antiche.

Ma dove si trova esattamente questa meraviglia? È in Attica, nel punto più a sud della penisola greca, a una sessantina di chilometri dal centro di Atene, su uno sperone roccioso alto circa 60 metri.

La sua storia inizia intorno al 490 a.C., quando viene iniziato un tempio dorico perìptero esàstilo (cioè con un giro di colonne attorno alla cella e sei colonne in facciata) realizzato in poros, una pietra calcarea molto usata in età arcaica.L’edificio, però, non era affatto arcaico. Le colonne, infatti, rispettavano già il rapporto pari al doppio più una tra il numero di quelle dei fronti e il numero di quelle sui lati, che sarà tipico dell’età classica. Dunque le colonne di questo primo tempio erano già 6×13.
Il tempio non era ancora completo quando, nel 480, i Persiani di Serse distruggono tutti i monumenti dell’Attica. Ma la risposta di Pericle non si farà attendere. Dopo aver avviato i lavori del Partenone e degli altri edifici dell’Acropoli di Atene, vuole ricostruire anche il tempio di Capo Sunio, sia per omaggiare quel dio, Poseidone, che aveva perso nella contesa sull’Attica contro Atena, sia per ripristinare quell’avamposto proteso verso il mare Egeo, simbolo della forza militare e politica degli ateniesi.

E così, tra il 444 e il 440 nasce un nuovo tempio leggermente più grande del precedente ma a quello molto simile, di cui ingloba lo stilobate. Stavolta però è tutto in marmo e presenta alcune importanti novità.

Queste riguardano soprattutto la cella e il suo rapporto con la peristasi: le due ante del lato est sono allineate con la terza colonna mentre quelle del lato ovest (il retro del tempio) sono allineate con la mezzeria della terza colonna. Il risultato è che il portico posteriore è più profondo di quello anteriore, un caso unico nell’intero panorama dei templi greci.

Sembra un dettaglio insignificante ma era attraverso questi particolari che ogni tempio si differenziava dagli altri, alla continua ricerca del modello perfetto.

Un’altra novità assoluta era negli elementi decorativi. Il fregio dorico aveva metope lisce, ma all’interno della trabeazione correva un fregio ionico, cioè una fascia continua con scene in bassorilievo. Nel Partenone questa fascia circondava la parete esterna della cella. Qui invece circondava il deambulatorio. Di quelle sculture rimane solo qualche frammento al Museo Archeologico di Lavrio, a nord di Capo Sunio.

Infine sono inedite anche le colonne. Alte 6,10 metri, presentano un rapporto tra altezza e diametro di base pari a 5,78, una misura che corrisponde a uno slancio verticale che non era stato raggiunto neanche dalle colonne del Partenone (in quel caso il rapporto è pari a 5,48).A mitigare la snellezza di questi fusti, che erano anche privi di èntasis (cioè il rigonfiamento a circa un terzo dell’altezza tipico dei templi arcaici), interviene una singolare riduzione del numero di scanalature. Nelle colonne doriche sono in genere 20, ma qui sono 16. Questa scelta potrebbe derivare dal tentativo di offrire spigoli meno affilati all’azione corrosiva dei venti.

Le vicende successive possiamo immaginarle. Con il declino della civiltà greca il tempio cade in abbandono e le sue pietre vengono in gran parte smontate e riutilizzate come materiale da costruzione. Eppure le rovine di Capo Sunio non smisero di affascinare generazioni di viaggiatori, tanto da far ribattezzare il promontorio “Capo Colonne“.

Tra gli autori antichi che hanno descritto il tempio c’è il geografo Pausania, detto il Periegeta. La sua Guida della Grecia, risalente al II secolo d.C., si apre proprio con la descrizione del promontorio (Ma scambia il tempio per quello di Atena, che era invece edificato poco distante e che a quell’epoca era stato già smontato): “Nel continente della Grecia verso le isole Cicladi, e il mare Egèo, sporge fuori dell’Attica il capo Sunio; e v’ha per chi lo costeggia un porto, e sulla sommità è il tempio di Minerva Suniade.” Ma ne parlarono anche Omero, Erodoto, Euripide, Sofocle, Aristofane e Strabone.

Il tempio tornerà a far parlare di sé nei resoconti dei viaggiatori a partire dal Seicento. Ma la sua epoca d’oro sarà l’Ottocento, il secolo del Romanticismo e dell’amore sfrenato per le rovine di un passato splendore.È questo il periodo a cui risalgono le più antiche raffigurazioni del tempio di Poseidone come quelle dell’italiano Simone Pomardi e dell’inglese Edward Dodwell, due artisti che viaggiarono assieme in Grecia tra il 1804 e il 1806 lasciando una preziosa testimonianza delle condizioni in cui si trovavano gli edifici classici all’inizio del XIX secolo.

Cinque anni dopo il tempio sarà visitato da un viaggiatore d’eccezione: George Gordon Byron. Il poeta inglese era lì per il suo Grand Tour, affascinato da quel misto di antichi miti e suggestioni orientali. Di quelle emozioni resta traccia nel poemetto Le isole della Grecia (dentro il Don Giovanni, 1819-1824):
Place me on Sunium’s marbled steep,Where nothing, save the waves and I,May hear our mutual murmurs sweep;There, swan-like, let me sing and die:A land of slaves shall ne’er be mine,Dash down yon cup of Samian wine!
(Mettimi sulla rupe in marmo di Sunio, / Dove niente, salvo le onde e me, / Possa udire spazzare i nostri reciproci mormorii; / Là, come un cigno, lasciami cantare e morire: / Una terra di schiavi non sarà mai mia, / Butta giù quella tazza di vino di Samo!)

L’esaltazione per quel luogo magico, per quell’incanto di marmo, fu tale che lord Byron non potè resistere alla tentazione di incidere la sua firma sul tempio, alla base del pilastro destro del pronao.

Oggi gli daremmo del vandalo, ma all’epoca non esisteva il concetto di beni culturali e apporre la propria firma su un monumento era quasi obbligatorio per ogni viaggiatore. Non faremo l’errore di giudicare un uomo di duecento anni fa con i criteri e la sensibilità dell’epoca attuale…Per altro l’amore di Byron per la Grecia non era quello del ricco intellettuale in vacanza: sentiva fortemente l’aspirazione del popolo Greco alla libertà contro il dominio turco e per questo andrà a combattere nel 1823 nella Guerra d’indipendenza greca morendo l’anno dopo (forse di meningite) a Missolungi, uno dei teatri più drammatici degli scontri.Il dipinto che lo raffigura sul letto di morte, simile a un eroe antico, mostra sullo sfondo proprio un tempio, simbolo di quella culla di civiltà.

Dopo il 1832, con la fine della Guerra d’indipendenza, nuovi artisti si recano a Capo Sunio per disegnare il magnifico tempio mentre altri, pur non essendosi recati personalmente in Grecia, ne hanno lasciato immagini superbe ed evocative. Sto parlando di William Turner, il pittore degli eventi atmosferici estremi, delle nebbie e delle tempeste. Il suo tempio al chiaro di luna, del 1834, è la rovina romantica per eccellenza. Non è gotica, come quelle amate da Friedrich, ma è ugualmente ricca di mistero.

Dai suoi dipinti vennero tratte anche numerose incisioni come quelle di Edward Finden del 1832.

La versione più drammatica arriverà nel 1856 con il russo Ivan Ajvazovskij. Si tratta di Sunio in tempesta, una scena che mescola la vista sublime di un vascello sbattuto dalle onde con la veduta pittoresca del tempio in cima al promontorio, illuminato dalla luce bianca della luna.

Il tempio non è il protagonista del dipinto ma è una scelta comprensibile per un pittore innamorato del mare come Ajvazovskij. E forse rende meglio degli altri la spettacolare collocazione scelta dagli antichi greci per erigere la struttura.
Oggi Capo Sunio con il suo tempio è una rinomata località turistica. Le sedici colonne superstiti (delle trentotto originarie) attirano ogni giorno centinaia di visitatori.

La maggior parte ci va per il panorama e per assistere a quello spettacolo mozzafiato che è l’ora del tramonto. E io non volevo essere da meno…
Questo è il paesaggio che si può ammirare ai piedi del tempio, dove si ammassa la folla prima del crepuscolo.

Ma io non volevo perdermi la vista del tempio contro il cielo del tramonto. Per questo mi sono spostata sulla punta retrostante, in modo da cogliere in controluce quelle millenarie colonne.

Ecco, il sole scompare sotto l’orizzonte. Il cielo si tinge di rosso e quei marmi, come segno fragile ma eterno dell’incontro tra uomo e natura, si disegnano sottili sulla roccia.

È un attimo sospeso. Fugace come la bellezza e come la felicità.
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Emergenza Coronavirus COVID-19: notizie e provvedimenti

Ordinanza del 2 giugno 2021 Ulteriori misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. 

Ordinanza 29 maggio 2021 Ai fini del contenimento della diffusione del virus Sars-Cov-2, le attività economiche e sociali devono svolgersi nel rispetto delle “Linee guida per la ripresa delle attività economiche e sociali”, elaborate dalla Conferenza delle Regioni e delle Provincie autonome, come definitivamente integrate e approvate dal Comitato tecnico scientifico, che costituiscono parte integrante della presente ordinanza

Ordinanza 21 maggio 2021 Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-Cov-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro.

Ordinanza 21 maggio 2021 Linee guida per la gestione in sicurezza di attivita’ educative non formali e informali, e ricreative, volte al benessere dei minori durante l’emergenza COVID-19.

Ordinanza 21 maggio 2021 Ulteriori misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.

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