Pensioni 2023: in arrivo assegni più alti? I possibili importi

La recente impennata dell’inflazione, prevista per il 2022 fra il 6 e il 7 per cento, rischia di avere come diretta conseguenza un aumento degli importi delle pensioni a partire dal 2023. Con ingenti costi per le casse dello Stato. Cosa c’è da aspettarsi, quindi, nei prossimi mesi?

Il fenomeno dell’inflazione

Come abbiamo anticipato, nel corso del 2022 il fenomeno dell’inflazione arriverà a toccare il tetto dei 6,8 punti percentuali. Ciò significa, quindi, che il governo dovrà molto probabilmente lavorare ad una significativa rivalutazione degli assegni pensionistici. Stando infatti alle stime dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), nel prossimo triennio lo Stato dovrà sborsare più di 45 miliardi di euro per tutelare il potere d’acquisto dei pensionati. Una cifra considerevole, che dovrà aggiungersi alla spesa prevista per la Riforma delle pensioni.

Nello specifico, se l’inflazione dovesse continuare di questo passo, la spesa per le pensioni aumenterebbe nel 2023 di 10 miliardi fino a raggiungere i 16 miliardi nel 2024. Con un’ulteriore crescita fino a 20,5 miliardi nel 2025. Ma vediamo ora come potrebbero variare gli importi.

Pensioni 2023: in arrivo assegni più alti?

Alla luce dell’inflazione e delle considerazioni fatte finora, a partire dal 2023 gli assegni pensionistici dovrebbero quindi subire un incremento al fine di tutelare il potere d’acquisto di migliaia di italiani. Nello specifico, si starebbe parlando di un adeguamento mensile di cifre in alcuni casi anche di rilievo. Considerando, infatti, l’inflazione al 6,8 per cento, chi ad oggi percepisce una pensione di 1.000 euro al mese vedrebbe crescere l’assegno fino a raggiungere l’importo di 1.068 euro.

Per chi, invece, riceve una pensione intorno ai 2.000 euro, l’assegno andrebbe ad aggirarsi sui 2.136 euro. Vale a dire, dunque, 816 euro in più all’anno nel primo caso e 1.632 euro in più nel secondo. Si ricorda, infine, che nel mese di gennaio 2023 dovrebbe inoltre scattare anche il conguaglio sull’inflazione del 2021, un adeguamento pari allo 0,2%, poiché calcolate su un aumento dei prezzi dell’1,7% che poi è cresciuto all’19,9%.

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ISTRUZIONE – Pensioni, rivalutazione 2024. La manovra e la tabella dell’aumento. Pacifico (Anief): “il lavoro a scuola va considerato usurante, sì al riscatto gratuito della formazione universitaria”

Da gennaio 2024 cambieranno le regole sulla rivalutazione pensioni grazie a nuovo sistema di calcolo a sei fasce, rivisto con la Legge di Bilancio, in via di definizione, rispetto a quello già attuato nel 2023. Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ha commentato affermando che “a questo punto, però, chiediamo di non indugiare più: il lavoro a scuola va considerato usurante e la formazione universitaria, come altri tipi di contributi accumulati negli anni, devono essere riscattati gratuitamente.

Come pure occorre introdurre agevolazioni fiscali e investimenti appropriati per le pensioni complementari, per rivalutare quello che ad oggi rimane un contributo figurativo da parte dello Stato”. Pacifico ricorda che “che chi governa la scuola deve ricordare che il personale che vi lavora è il più vecchio al mondo, con una percentuale altissima di malattie invalidanti dopo i 60 anni e una percentuale di dipendenti infinitesimale sotto i 30 anni”.
Il governo Meloni con la nuova manovra di Bilancio mette mano alla tabella della rivalutazione 2024 delle pensioni, quel meccanismo di aumento degli assegni detto anche “indicizzazione” o “perequazione” che consente l’adeguamento all’inflazione dal 1° gennaio di ogni anno. La logica alla base del sistema è semplice: più corrono i prezzi, più i cedolini salgono. Ma non per tutti allo stesso modo. I maggiori incrementi saranno per i trattamenti più bassi e per le minime, mentre per quelli più alti sarà confermata la stretta con una diminuzione del “bonus” al crescere dell’importo lordo dell’assegno.
Con l’indicizzazione all’inflazione 2022, un assegno che prima dell’inizio di quest’anno era di mille euro mensili è prima salito di 73 euro per effetto della rivalutazione iniziale del 7,3% e ora con il conguaglio dello 0,8% (circa 8 euro) dovrebbe arrivare a quota 1.081 euro.
Complessivamente il ritocco dovrebbe quindi essere di 81 euro. Con il conguaglio dovrebbero anche arrivare gli arretrati (8 euro al mese per le mensilità precedenti a partire da gennaio 2023).
Per effetto della stretta introdotta con la Legge di bilancio approvata a fine 2022, la rivalutazione piena al 100% (e annesso conguaglio) è garantita solo per le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo Inps (2.101,52 euro lordi mensili).
Per il 2024 questo meccanismo sarà rivisto. Secondo quanto emerge, la rivalutazione per la fascia tra 4 e 5 volte il minimo dovrebbe lievitare dall’85 al 90%.
Gli aumenti, in forza della rivalutazione pensioni stabiliti dalla Legge di Bilancio 2024, seguiranno queste percentuali: 100% rispetto alla rivalutazione ISTAT per chi percepisce una pensione fino a 4 volte il trattamento minimo INPS, ossia fino a 2.254,96 euro. Tra queste ovviamente vi sono anche le pensioni minime. Determinato per questa fascia, cioè, un aumento pari a quella che sarà la percentuale di aumento da definire in base ai dati ISTAT; 85% (inizialmente si prevedeva il rialzo al 90%, poi annullato) rispetto alla rivalutazione ISTAT per chi percepisce una pensione pari o inferiore a 5 volte il minimo, ossia da 2.254,97 euro e fino a 2818,7 euro al mese. Determinato per questa fascia, cioè, un aumento dell’85% rispetto a quella che sarà la percentuale di aumento da definire in base ai dati ISTAT; 53% rispetto alla rivalutazione ISTAT per chi percepisce una pensione pari o inferiore a 6 volte il minimo, ovvero tra 2.818,8 e 3.382,44 euro. Determinato per questa fascia, cioè, un aumento del 53% rispetto a quella che sarà la percentuale di aumento da definire in base ai dati ISTAT; 47% rispetto alla rivalutazione ISTAT per chi percepisce una pensione da 6 a 8 volte il minimo, ovvero tra i 3.382,45 euro e 4.509,92 euro. Determinato per questa fascia, cioè, un aumento del 47% rispetto a quella che sarà la percentuale di aumento da definire in base ai dati ISTAT; 37% rispetto alla rivalutazione ISTAT per chi percepisce una pensione da 8 a 10 volte il minimo, ovvero tra 4.509,9 e 5.637,4 euro. Determinato per questa fascia, cioè, un aumento del 37% rispetto a quella che sarà la percentuale di aumento da definire in base ai dati ISTAT; 22% (invece del 32% valido nel 2023) rispetto alla rivalutazione ISTAT per chi percepisce una pensione superiore a 10 volte il minimo, ovvero oltre a 5.637,4 euro. Determinato per questa fascia, cioè, un aumento del 22% rispetto a quella che sarà la percentuale di aumento da definire in base ai dati ISTAT.
Il Governo ha previsto anche una supervalutazione ed incrementi per i pensionati di età superiore ai 75 anni. Si tratta di incrementi pari al:1,5% per i pensionati sotto i 75 anni ;6,4% per quelli sopra i 75 anni.
Si tratta, come accennato, di importi netti. Ovviamente, bisognerà attendere la vera percentuale ISTAT e le tabelle ufficiali dell’INPS per avere contezza degli aumenti reali.

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