Bolle di sapone

Ecco la nostra ricetta per preparare le bolle di sapone in casa. In base alla quantità di liquido che volete preparare potete utilizzare cucchiai, misurini da sciroppo o tazzine da caffé. Il nostro consiglio è di non preparare una quantità eccessiva di liquido, altrimenti andrà sprecato.

Come fare le bolle di sapone Ricetta (con glicerina)

OCCORRENTE

3 cucchiai d’acqua calda;1 cucchiaio di detersivo liquido per piatti;2 cucchiai di glicerina liquida.

PREPARAZIONE

Ponete l’acqua calda in un contenitore. Incorporate il detersivo per piatti mescolandolo con un cucchiaio o una forchetta finché non sarà ben disciolto nell’acqua. Infine incorporate la glicerina. Prima di utilizzare il liquido vi consigliamo di lasciarlo riposare per 24 ore.

GUIDA: Come fare le bolle di sapone colorate

Ricetta (senza glicerina)

OCCORRENTE

3 cucchiai d’acqua calda;1 cucchiaio di detersivo liquido per piatti;2 cucchiai di zucchero.

PREPARAZIONE

Ponete l’acqua calda in …..

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Storia del Rum: Cyrille Mald rivista di settore

Torna in libreria il libro di settore dedicato agli appassionati di distillati: Cyrille Mald, edita dalla casa editrice  L’ippocampo, specializzata nella pubblicazione di volumi illustrati di pregio dedicati a lifestyle, gourmet, arte, design e moda.

Oltre che di whisky, Cyrille Mald è uno dei maggiori esperti al mondo di rum. È responsabile delle degustazioni presso la rivista di settore Rumporter nonché presidente di Rum Intelligence, la società organizzatrice dell’International Sugarcane Spirits Awards. Rum e altri distillati di canna da zucchero esplicita le 450 sfumature di aromi scientificamente identificate, raggruppate in 12 famiglie (Ruota degli aromi). Il libro ci invita a un giro del mondo che abbraccia ben 91 paesi e presenta le distillerie più celebri, le aree geografiche e gli itinerari di visita, senza tralasciare alcun paese produttore. Grazie a 14 cartine, si conferma anche come uno degli atlanti dedicati al rum più completi di sempre.

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Riportiamo di seguito un piccolo estratto della rivista, dove troverete anche mappe geografiche a colori

LA DIFFUSIONE DELLA CANNA DA ZUCCHERO IN ORIENTE

7000 a.C. Negli orti dell’attuale Nuova Guinea, in Melanesia, compaiono le prime coltivazioni di Saccharumrobustum, specie selvatica all’origine della famiglia insulare della canna da zucchero (Poaceæ), di cui fa parte la varietà naturale S. officinarum (canna nobile). La canna da zucchero poi si diffonde in Oceania e in Asia, dove S. officinarum e S. spontaneum (specie selvatica continentale originaria dell’Asia orientale) si incrociano naturalmente dando inizio a due nuove varietà: in Cina a S. sinense e in India a S. barberi, adattata alla coltivazione dello zucchero.

6000 a.C. In Cina nascono le prime tecniche di estrazione dello zucchero.

4000 a.C. Nell’Alta Mesopotamia viene usata la distillazione di soluzione acquosa per ottenere oli essenziali. Il principio è quello di utilizzare il vapore per rompere le cellule vegetali e liberare alcuni composti odorosi.

2000 a.C. Nella regione del Bengala, in India, vengono sviluppate le prime tecniche di cristallizzazione dello zucchero (dal sanscrito sarkara, che significa “sabbia dolce”).

VI secolo a.C. I Persiani dell’impero achemenide importano dall’India la coltivazione della canna da zucchero e le sue tecniche di estrazione.

IV secolo a.C. Alessandro Magno sconfigge l’impero achemenide e conquista l’intera Persia. I Greci apprendono la coltivazione della canna da zucchero e la diffondono nel Vicino Oriente.

III secolo a.C. Zosimo di Panopoli descrive alcuni apparecchi presenti in un tempio di Menfi (Egitto). Il loro recipiente superiore, dotato di tubi orientati verso il basso, permette il deflusso del liquido condensato nei contenitori laterali. Zosimo distingue gli alambicchi a due (dibicos) e a tre becchi (tribicos). Le tecniche egizie sono riprese dai Greci (alambicco viene dal greco ambix: vaso) e poi dagli Arabi (al-ambiq indica l’apparecchio nel suo complesso).

VII secolo Grazie alla conquista araba le tecniche di estrazione dello zucchero si diffondono dal Vicino Oriente fino al Nord Africa, alla penisola iberica e alla Sicilia.

790 circa L’alchimista arabo Abu Musa JaˉbiribnHayyaˉn, meglio conosciuto come Geber, perfeziona alcuni processi chimici di base e gli impianti di distillazione, destinati in quel tempo alla sola preparazione di oli essenziali per idrodistillazione. Nello stesso periodo anche l’arabo al-Kindi (che documenta le tecniche di produzione di 107 essenze profumate) e il persiano al-Razi attingono alle conoscenze dell’antico Egitto per sviluppare i propri studi.

869-883 Gli schiavi Zanj, di origine africana, si rivoltano contro il califfato abbaside nel bacino di Bassora, nel sud dell’Iraq.

910 circa Il persiano al-Razi isola l’etanolo, utilizzandolo a scopo medico.

LA DIFFUSIONE DELLA CANNA DA ZUCCHERO NEL MONDO

1099 Nel corso della prima (1096-1099), della seconda (1147-1149) e della terza crociata (1189-1192) gli europei importano la canna da zucchero dal Vicino Oriente.

1130 Le scuole di medicina europee, in particolare quella di Salerno, fanno notevoli progressi nelle tecniche di distillazione. Magister Salernus fornisce la prima descrizione nota della distillazione alcolica frazionata, che consente di separare l’etanolo dall’acqua sfruttando le diverse soglie di evaporazione. In quel tempo l’acquavite viene utilizzata a scopo terapeutico: l’alcol permette infatti di conservare le piante e disinfettare le carni.

1144 L’inglese Roberto di Chester traduce dall’arabo Kitab al-Kimya (Libro di composizione alchemica) mentre, intorno al 1180, l’italiano Gherardo da Cremona traduce Kitab al-Sab’een (I Settanta Libri), entrambe opere di JaˉbiribnHayyaˉn.

1275-1285 A Bologna viene inventato il condensatore a serpentina, costantemente refrigerato da acqua fredda, che permette la condensazione dei vapori. L’italiano Teodorico Borgognoni e lo spagnolo Arnaldo da Villanova, professore di medicina alla scuola di Montpellier, lo utilizzano per sviluppare diverse tecniche di distillazione. Intorno al 1300 il secondo distilla l’acquavite (aquaardens) a partire da vini rossi invecchiati e trascrive queste ricerche nel suo Antidotarium: in particolare comprende che i composti attivi e odorosi dei vegetali macerati in questa “acqua ardente” si conservano e permettono di ottenere bevande alcoliche aromatizzate, di cui raccomanda l’uso a scopo terapeutico.

1302 I principi della distillazione, sviluppati nelle scuole di medicina di Salerno e Montpellier, si diffondono in tutta Europa.

1444 Il navigatore portoghese Dinis Dias penetra nella foce del fiume Senegal e raggiunge l’estremità occidentale dell’Africa, a cui dà il nome di Capo Verde. Su ordine del principe portoghese Enrico il Navigatore aggira le rotte commerciali controllate dagli Arabi, consentendo al suo Paese di accedere all’oro e alla tratta degli schiavi. Quattro anni dopo, il suo conterraneo AntãoGonçalves acquista 1000 schiavi neri e li deporta alle Azzorre e a Madera.

1450 La canna da zucchero viene introdotta a Madera. Per porre un freno alle crescenti razzie finalizzate alla tratta degli schiavi, nel 1458 Enrico il Navigatore favorisce le relazioni con i negrieri africani.

1483 Inizia la produzione di zucchero nelle isole Canarie.

1484 Nell’arcipelago di SãoTomé e Príncipe, nel golfo di Guinea, si comincia a coltivare la canna da zucchero.

1487 Il portoghese Bartolomeu Dias, figlio di Dinis, apre una nuova rotta verso l’India ed è il primo europeo a doppiare l’estremità meridionale dell’Africa (capo di Buona Speranza, capo Agulhas e baia di Algoa).

1493 Durante il suo secondo viaggio verso le Americhe, Cristoforo Colombo fa una sosta di due giorni presso l’isola di Gomera, alle Canarie, rifornendosi di talee di canna da zucchero da portare alle Antille.

1505 L’isola Hispaniola (oggi politicamente divisa tra Haiti e Repubblica Dominicana) avvia la produzione di zucchero. Circa 10.000 schiavi africani vengono deportati sia sull’isola che a Porto Rico e a Cuba, per impiegarli nelle piantagioni di canna da zucchero.

1506 Il portoghese Afonso de Albuquerque si impadronisce dell’arcipelago di Socotra, nel Mar Rosso, dell’isola di Hormuz (1507), allo sbocco del Golfo Persico – chiudendo così l’accesso all’oceano Indiano –, di Goa, in India (1510), e di Malacca (1511), sulla costa occidentale della penisola malese. Con la conquista delle Molucche, in Indonesia, il Portogallo ottiene il controllo sul commercio delle spezie.

1516 Le colonie organizzano le prime esportazioni di zucchero verso la Spagna.

1519 Il Messico avvia la produzione di zucchero.

1526 Il Portogallo comincia a importare zucchero dalla regione di Pernambuco, nel Nordeste brasiliano. La canna da zucchero viene introdotta da alcuni piantatori di Madera, per la maggior parte marrani, cioè ebrei portoghesi costretti a convertirsi al cristianesimo per scampare all’Inquisizione.

1532 Secondo l’antropologo brasiliano Luís da CâmaraCascudo viene distillata la prima cachaça in una piantagione di canna da zucchero di São Vicente, nello Stato di San Paolo. Altre fonti datano le prime distillazioni di cachaça verso il 1600, a Pernambuco.

1533 Il Perù avvia le prime piantagioni destinate alla produzione di zucchero, che iniziano a esportare intensamente vent’anni più tardi.

1560-1570 Dopo la scomparsa della manodopera amerindia, per la produzione dello zucchero nelle colonie brasiliane i portoghesi decidono di ricorrere alla tratta degli schiavi, di cui il porto di Rio de Janeiro diventa presto il centro più importante a livello mondiale, grazie al commercio diretto (cioè effettuato direttamente tra Europa e America) organizzato dall’Angola.

1575 In Brasile le colonie portoghesi contano 60 engenhos – aziende per la produzione di zucchero, comprendenti le piantagioni, la macina, i locali di riscaldamento e raffinazione, oltre alle abitazioni – tra Pernambuco e Bahia, che diventeranno 130 nel 1585 e 436 nel 1629, alcuni dei quali vicini a Rio de Janeiro.

1581 Viene istituita la repubblica delle Sette Province Unite, formatasi dopo la secessione delle province spagnole dei Paesi Bassi settentrionali.

1580-1585 La rivolta della Santidade de Jaguaripe, guidata da schiavi amerindi, africani e meticci della baia di Todosos Santos, nello Stato di Bahia, si trasforma in movimento millenarista. Viene soffocata dall’Inquisizione nel 1592.

1595 Ottenere un alcol concentrato attraverso la distillazione di soluzioni alcoliche continua a presentare alcune difficoltà. Tuttavia la messa a punto della doppia distillazione e il miglioramento delle condensazioni graduate, delle serpentine refrigeranti (come sistemi di raffreddamento ad acqua) e del collo di cigno consentono in tutta Europa di aumentare la qualità delle acquaviti. Nel XVI secolo gli olandesi sviluppano la distillazione dei vini della Charente e producono il brandewijn (letteralmente “vino ardente”), oggi noto con il nome di brandy.

1596 L’olandese Cornelis de Houtman inaugura una nuova rotta marittima che collega l’Europa all’Indonesia, facendo così concorrenza al monopolio portoghese del commercio delle spezie. È l’inizio dell’espansione olandese nel Sud-Est asiatico.

1602 Nasce la Compagnia olandese della Indie Orientali, che permette di finanziare spedizioni in Asia e Oceania passando per l’Africa e di creare avamposti commerciali. Nel corso del secolo diventerà la più importante compagnia privata del mondo. In Europa si intensificano gli scambi commerciali e gli olandesi importano nei Paesi nordici il vino di Bordeaux.

1608 I progressi tecnici della distillazione si diffondono grazie a due opere fondamentali: De distillatione (Libri IX, 1608) di Giambattista Della Porta, e The Art of Distillation (1651) di John French.

1619 Sull’isola di Giava gli olandesi si impadroniscono di Jayakarta (l’attuale Giacarta) e vi fondano Batavia. Qui scoprono i metodi cinesi per la distillazione della melassa fermentata, la cosiddetta arrack.

1621 Alla Compagnia olandese della Indie Occidentali si aggiunge la fondazione di diversi avamposti commerciali nelle Americhe, in particolare quello di Nieuw Amsterdam, sull’isola di Manhattan, che gli inglesi ribattezzeranno New York nel 1664.

1627 Barbados diventa la prima colonia britannica delle Antille e vi vengono trasferiti molti schiavi africani, destinati al lavoro nelle piantagioni.

1630 A seguito dell’intervento militare della Compagnia olandese delle Indie Occidentali, le isole del delta del Nordeste, la regione del Pernambuco e le città di Recife, Natal e Salvador passano sotto il controllo delle Province Unite, che prende così il controllo di tutta la produzione di zucchero di questa parte nordorientale del Brasile. Nello stesso periodo gli Stati Uniti iniziano a consumare rum.

1637 Il mercante olandese Pieter Blower avvia alcune piantagioni per la produzione dello zucchero a Barbados. Inizierà a produrre rum cinque anni dopo.

1639 La Compagnia francese delle Isole d’America concede a un certo Jean Faguet un privilegio decennale per la produzione di un’acquavite di canna a Saint-Christophe e in Martinica. È il primo riferimento a questo tipo di distillazione nelle Antille francesi.

1640 Durante le rivolte del Pernambuco alcuni coloni si rifugiano a Barbados e a Nieuw Amsterdam. La persecuzione degli ebrei luso-olandesi a partire dal 1650 e la riconquista portoghese delle terre del Nordeste nel 1654, dopo venticinque anni di presenza olandese, spingono 1200 piantatori delle Province Unite a stabilirsi nelle Antille francesi: 900 di loro, per la maggior parte di confessione ebraica, si spostano in Guadalupa.Nello stesso anno in Martinica vengono costruiti i primi stabilimenti per la produzione dello zucchero. Nella sua Histoire généraledesAntilleshabitées par les François (1667-1671), padre Jean-Baptiste Du Tertre descrive le fasi del processo produttivo del tafia, osservate durante il suo primo viaggio alle Antille francesi, tra il 1640 e il 1642.

1650 In un documento che elenca i beni della Three HousesPlantation, a Barbados, compare la più antica testimonianza scritta del termine rum. In precedenza gli anglosassoni avevano utilizzato rumbullion o kill-devil e i francesi tafia o guildive, a volte anche per indicare bevande piuttosto diverse l’una dall’altra.

1655 Gli inglesi invadono la Giamaica, colonia spagnola dal 1494. Per la prima volta i marinai della Royal Navy beneficiano di una razione quotidiana di rum, che progressivamente va sostituendo altri alcolici più delicati o più ingombranti da trasportare, per esempio la birra.

1656 Negli Stati Uniti lo Stato del Connecticut prende i primi provvedimenti contro l’abuso di rum. L’incremento nella sua produzione genera, verso il 1660, un aumento nella importazione di melassa. Le distillerie di Boston iniziano a produrre rum, che diventa l’alcol prediletto dai coloni facoltosi, finché, dopo la Dichiarazione di Indipendenza (1776), si interrompe il rifornimento di melassa da parte delle colonie britanniche.

1660 A Rio de Janeiro i carioca si ribellano contro la tassazione della cachaça. Nello stesso anno la canna da zucchero è introdotta nell’oceano Indiano, in primo luogo a Mauritius e alla Riunione. In queste isole compare il flangourin, un succo di canna fermentato.

1661 La corte generale di Boston stabilisce che la produzione di rum rappresenta un pericolo per la società.

1670 La Martinica conta 117 zuccherifici, che salgono a 450 nel 1767.

1671 Nasce la Compagnia danese delle Indie Occidentali (e della Guinea, a partire dal 1680) per lo sfruttamento delle Indie Occidentali danesi (le attuali Isole Vergini americane), che nel XVII e XVIII secolo si specializza nel cosiddetto “commercio triangolare”, scambiando schiavi africani con lo zucchero grezzo acquistato nel porto di Flensburgo (oggi in Germania). Tale centro diventa noto come “città del rum”, perché le sue raffinerie trasformano in rum lo sciroppo non cristallizzabile.

1672-1673 La Compagnia Reale Africana, costituita da Giacomo II d’Inghilterra nel 1672, la Compagnia del Senegal, creata da Luigi XIV nel 1673, e la Compagnia della Guinea, che si forma nel 1684 e che si fonderà con la precedente, dominano il commercio triangolare. In questo sistema di tratta negriera, gli schiavi africani vengono scambiati con le materie prime del Nuovo Mondo, compresi i prodotti legati allo zucchero, che sono importati e lavorati in Europa per poi scambiarli in Africa con altri prigionieri. Sono le piantagioni di canna da zucchero, dove la produzione di rum è ancora scarsa, a richiedere il maggiore afflusso di manodopera. Secondo l’economista Robert Fogel dell’università di Chicago, a esse viene destinato il 60-70% degli schiavi.

1685 Nel mese di marzo Luigi XIV promulga un editto reale in materia di pubblica sicurezza nelle isole dell’America francese, legiferando così sulla condizione degli schiavi nelle colonie. Fino al termine dell’Ancien Régime nuovi atti legislativi andranno a integrare il testo, il cui corpus prenderà il nome di Code noir [Codice nero]. Vi si trova anche il divieto di distribuire rum agli schiavi, ma è una disposizione che non sarà mai applicata.

1690 Il porto di Bristol annovera 379 importatori, proprietari di 55 velieri commerciali che scaricano nei magazzini sulle rive dell’Avon, vicino a Gropecunt Lane, i loro fusti di cognac e rum. Gli EarlyLanded sono immagazzinati nelle fredde e umide cantine che si estendono sotto la città e vengono affinati per sviluppare profili aromatici particolari. Nel 1993 John Barrett riprenderà lo stesso procedimento per invecchiare i pregiati rum dei Caraibi in una cava sotterranea di Wickwar. Gli importatori francesi non sono da meno, e con metodi analoghi fanno maturare centinaia di botti nei magazzini portuali dei moli di Le Havre, Nantes, La Rochelle, Bordeaux e Marsiglia.

1693 Il missionario Jean-Baptiste Labat compie il suo primo viaggio in Martinica e perfeziona il processo di distillazione del rum utilizzando alambicchi charentaispotstills.

1703 Un atto notarile documenta l’esistenza di un impianto di distillazione nel luogo in cui oggi si trova la distilleria Mount Gay, a Barbados, la più antica ancora in attività.

1713 Una dichiarazione reale del 1713 vieta l’importazione di rum nel regno di Francia, per tutelare le acquaviti di vino della madrepatria. Le importazioni riprenderanno sotto la Rivoluzione francese, ma soprattutto nel 1854, quando Napoleone III avvierà una politica di liberalizzazione doganale, in particolare per rifornire di alcol l’esercito francese impegnato nella guerra di Crimea. Questi depositi portuali di rum verranno utilizzati fino agli anni settanta del Novecento.

1791-1804 La rivolta dei Neri liberi e degli schiavi nella colonia francese di Santo Domingo è la prima insurrezione antischiavista nel continente americano. Guidata da Toussaint Louverture e poi da Jean-Jacques Dessalines, porta all’indipendenza dello Stato haitiano.

1794 La Convenzione nazionale vota l’abolizione della schiavitù nelle colonie francesi. La pratica viene ripristinata da Bonaparte nel 1802 e poi definitivamente cancellata nel 1848.

1802 Il Regno Unito abolisce la tratta degli schiavi, ma la schiavitù scompare solo tra il 1833 e il 1838.

L’AVVENTO DEI RUM MODERNI

1802 L’invenzione dell’aerometro di Sikes permette di determinare con precisione il titolo alcolometrico volumico del distillato e i tagli di distillazione.

1808 Il francese Jean-Baptiste Cellier-Blumenthal mette a punto il primo alambicco verticale a colonna di frazionamento dotato di piatti. Il brevetto viene depositato nel 1813. Due modelli di questo tipo, prodotti a Bordeaux, sono installati per la prima volta in Martinica nel 1818. Inizialmente includono piatti perforati e poi, dal 1820, piatti con campane.

1811 A partire dalle ricerche di Franz Karl Achard e Jean-Antoine Chaptal, e con l’aiuto del chimico Jean-Baptiste Quéruel, il naturalista Benjamin Delessert definisce il metodo di estrazione dello zucchero di barbabietola. La scoperta permette a Napoleone Bonaparte di aggirare il blocco della flotta inglese nelle colonie francesi e di fare a meno dell’approvvigionamento di canna da zucchero nell’ambito del blocco continentale imposto dal 1807. In Francia l’industrializzazione della filiera dello zucchero di barbabietola, combinata con l’abolizione della schiavitù, causa il crollo della quotazione della canna da zucchero. A partire dalla metà del XIX secolo ci si orienta perciò verso la produzione di rum, che diventa più redditizia di quella dello zucchero.

1813 Viene messo a punto l’alambicco ibrido Baglioni per la distillazione non frazionata, composto da una caldaia sormontata da una colonna di distillazione e da un serbatoio a getto continuo.

1815 Grazie al saccarimetro di Bates è possibile misurare la concentrazione di zucchero in una soluzione.

1818 I due produttori di colonne di distillazione Jean-Baptiste Cellier-Blumenthal e Pierre-Armand Savalle cessano la loro collaborazione e diventano concorrenti.

1820 In Francia e nel Regno Unito vengono sperimentati degli alambicchi di legno, che pur dando distillati dal tenore alcolico elevato hanno una resa poco significativa.

1823 L’Excise Act modifica il sistema fiscale nel Regno Unito legalizzando le distillerie clandestine, che ora devono pagare una tassa fissa a gallone.

1825 Il britannico William Grimble mette a punto il condensatore multitubolare a calandra che entra in concorrenza con quelli a serpentina.

1826 Il britannico Robert Stein deposita il brevetto del patentstill, un alambicco a distillazione continua, che viene installato prima nella sua distilleria a Kilbagie e poi in quella del fratello a Kirkliston.

1830 Il britannico AeneasCoffey deposita il brevetto del Coffeystill, alambicco a colonna con prestazioni migliori del patentstill.

1840 Appaiono i primi alambicchi a colonna semplice.

1850 A Cuba l’aumento della produzione di zucchero spinge le autorità dell’isola a incoraggiare la produzione di rum negli zuccherifici. Le opere tecniche pubblicate sul tema sono una decina.

1855 Viene perfezionata la colonna a bassa gradazione di tipo Savalle, che prevede un corso rapido dei liquidi e un sistema refrigerante tubolare che produce flemma (liquidi alcolici dell’inizio della distillazione) a temperature basse, così da evitare ogni perdita per evaporazione.

1864 L’epidemia di fillossera, che devasta i vigneti del Vecchio Continente, spinge gli europei a passare dalla produzione di vini, cognac e sherry a quella di altre bevande alcoliche (whisky, rum, tafia ecc.).

1888 Il tedesco Friedrich Soltwedel scopre a Giava come controllare la riproduzione sessuata della canna da zucchero. A partire da questa data vengono realizzate numerose ibridazioni.

1893 Il francese Ernest Sorel definisce le basi del calcolo delle colonne di distillazione (rettificazione continua, bilanci di materia piano per piano in controcorrente) sulla base delle relazioni tra le composizioni delle fasi liquido/vapore e in funzione della pressione e della temperatura (“gli equilibri liquido/vapore”).

1900 A cavallo del secolo (probabilmente tra il 1883 e il 1900) alcuni zuccherifici delle Antille francesi e dell’oceano Indiano si orientano verso la distillazione diretta del succo di canna da zucchero (vesou) fermentato, già consumato da tempo con il nome di rhum z’habitant. Questo tipo di distillazione è alla base della produzione del rum agricolo.

1902 L’eruzione del monte Pelée distrugge la città di Saint-Pierre con i suoi 30.000 abitanti. Spariscono così le circa trenta distillerie che facevano di questa antica capitale della Martinica e dei suoi dintorni il più importante centro al mondo per l’esportazione del rum.

1920-1933 Negli Stati Uniti il XVIII emendamento, rafforzato dal Volstead Act, instaura il Proibizionismo. Cala la produzione di alcol, ma si hanno importanti sviluppi nel settore dell’ingegneria chimica, da cui scaturiscono diverse pubblicazioni fondamentali, come quella di C.S. Robinson, Elements of FractionalDistillation – la prima opera di riferimento sulla distillazione a essere pubblicata in America (1922) – nonché gli innovativi studi dei chimici Warren L. McCabe, Ernest W. Thiele e di Merrell R. Fenske. Chi vuole eludere il divieto va in vacanza a Cuba per approfittare di bar e alberghi, il che dà un forte impulso alla mixology locale. Matthieu Lange, storico del rum, spiega così l’evoluzione della disciplina negli Stati Uniti: “Alla fine del XIX secolo, il rum è impiegato in una moltitudine di punch, come il Brandy and Rum Punch, il Century Club Punch o l’Egg Milk Punch, in bevande calde come lo Hot Rum, o nei sour, cocktail a base di zucchero, acqua e limone. I rum utilizzati provengono allora principalmente dalla Giamaica e da St. Croix. All’inizio del XX secolo Bacardi, fondatore dello stile cubano, alleggerito dei gusti giudicati aggressivi, grazie a una campagna commerciale trova il proprio spazio nei bar americani, in particolare con il Bacardi Cocktail. Se i rum cosiddetti pesanti, come quelli giamaicani, sono ancora presenti nei cocktail americani fino agli anni venti-trenta del Novecento, lo stile cubano (Cuban rum) prende piede per imporsi poi presso i barman”.

1948 Nella sua opera The Fine Art of Mixing Drinks, David A. Embury classifica i rum in tre categorie: i rum pesanti da distillazione frazionata, fortemente aromatici, che si possono usare nei long drinks e nei punch; i rum leggeri distillati in colonna, deboli di elementi non alcolici e che presentano dolcezza in bocca, utilizzabili come base per altri cocktail; e gli in-betweeners, di norma distillati in colonna, che hanno caratteristiche di entrambe le categorie e annoverano, tra gli altri, i rum delle Barbados, del New England (Stati Uniti) o della Martinica.

1959 Durante la rivoluzione castrista, i Bacardi, fondatori nel 1862 di Bacardi, gli Alvarez, responsabili dello sviluppo della distilleria Matusalem fondata dai Camp nel 1872, e gli Arechabala, creatori della distilleria di Cardenas nel 1878 e del rum Havana Club nel 1934, lasciano Cuba.

1996 Il rum agricolo di Martinica ottiene l’etichetta AOC (Appellation d’Origine Contrôlée).

2012 Il Brasile diventa il produttore esclusivo di cachaça, dopo che gli Stati Uniti la riconoscono come un prodotto a denominazione controllata.

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Materiale didattico per la scuola primariaSat, 18 Mar 2023 11:31:19 +0000it-IT
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3232Sistemi o Apparati? Differenza e classificazionehttps://www.maestravera.it/sistemi-apparati-corpo-umano/

Mon, 21 Sep 2020 15:43:15 +0000https://www.maestravera.it/?p=624Spesso parliamo di sistemi e di apparati come se fossero sinonimi, invece c’è una differenza tra i due termini che è bene chiarire presto ai ragazzi prima di iniziare ad affrontare i vari sistemi e apparati che formano il corpo umano. Ogni essere vivente è costituito da semplici unità viventi chiamate cellule. Gli organismi pluricellulari, […]L’articolo Sistemi o Apparati? Differenza e classificazione proviene da maestravera.it.
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Spesso parliamo di sistemi e di apparati come se fossero sinonimi, invece c’è una differenza tra i due termini che è bene chiarire presto ai ragazzi prima di iniziare ad affrontare i vari sistemi e apparati che formano il corpo umano.

Ogni essere vivente è costituito da semplici unità viventi chiamate cellule. Gli organismi pluricellulari, come l’uomo, sono formati da cellule specializzate ovvero da cellule che svolgono una specifica funzione.

In quarta avevamo già affrontato la cellula animale e vegetale, pertanto abbiamo potuto ripassarla e fare il passo successivo, ovvero chiarire che più cellule dello stesso tipo si uniscono e insieme formano i tessuti.

Nel corpo umano incontriamo varie tipologie di tessuti:

muscolareepitelialeosseonervoso…Per facilitare l’acquisizione della classificazione dei tessuti umani, ho fornito ai ragazzi questo schema riassuntivo.

Schema sui tessuti umaniIl passo successivo è stato comprendere che il corpo umano non è però fatto solo da tessuti e per i ragazzi è stato abbastanza evidente rispondere che è composto da ORGANI. Ne hanno citati molti.

A questo punto ho spiegato che i tessuti che si uniscono per svolgere una funzione specifica formano un organo:

cervellocuorestomaco…Compreso il meccanismo degli incastri, hanno intuito che nella distinzione tra apparato e sistema dovevano necessariamente essere coinvolti gli organi.

Hanno riflettuto sugli apparati che conoscono e li hanno cercati sul libro di testo, semplicemente sfogliando le pagine.

A questo punto è risultato evidente che più organi che contribuiscono a svolgere una funzione più complessa formano un apparato o un sistema, ma qual è la differenza?

La differenza è molto semplice:

Organi diversi che collaborano per uno scopo comune (è il caso dello stomaco e dell’intestino nell’apparato digerente), costituiscono un APPARATO.

Organi simili (come quelli del sistema nervoso), formati cioè da tessuti dello stesso tipo, costituiscono un SISTEMA.

Compresa la differenza tra APPARATI e SISTEMI li abbiamo classificati:

Sistemi

Sono sistemi:

Il sistema scheletrico: formato da cartilagini, ossa e articolazioni.Il sistema muscolare: costituito da muscoli volontari e involontari.Il sistema nervoso: formato da cellule chiamate NEURONIApparati

Sono apparati:

L’apparato digerente: formato da numerosi organi e alcune ghiandole.L’apparato respiratorio: formato dalle vie aeree superiori e inferiori.L’apparato circolatorio: costituito da cuore , vasi sanguigni e vasi linfatici.L’apparato escretore: costituito da reni e vie urinarie.L’apparato tegumentario: costituito da pelle , peli, capelli, unghie, ghiandole sudoripare e sebacee.L’apparato riproduttore: differente tra maschio e femmina.Sul quaderno abbiamo registrato la differenza tra sistemi e apparati e abbiamo iniziato a conoscere quali sistemi e apparati costituiscono il corpo umano.

Per ciascuno abbiamo fatto una piccola rappresentazione. Di seguito riporto un’immagine di riferimento.

Sistemi e ApparatiSe avete bisogno di uno schema chiaro per gli alunni DSA, vi suggerisco di visualizzare quello di Mappe per la Scuola.
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]] >Frazioni proprie, improprie apparenti, equivalentihttps://www.maestravera.it/frazioni-proprie-improprie-apparenti-equivalenti/

Wed, 18 Mar 2020 21:27:33 +0000https://www.maestravera.it/?p=538Lezione di matematica sulle frazioni proprie, improprie, apparenti, complementari e equivalenti. Definizioni, videolezione, schede e appunti.
L’articolo Frazioni proprie, improprie apparenti, equivalenti proviene da maestravera.it.
]] >Per fare un veloce ripasso delle frazioni per la mia quinta ho realizzato un video che riassume i concetti di frazione:

Propria e impropriaComplementareEquivalenteApparentePer rivedere il concetto di frazione, unità frazionaria e intero in questa pagina trovate dei materiali.

Ecco il video:

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Trovo che i mattoncini Lego siano stupendi per rappresentare le frazioni.

La conoscenza per i bambini passa attraverso le mani e maneggiare concretamente i concetti permette loro di interiorizzarli molto più facilmente. I mattoncini oltretutto piacciono molto ai ragazzi, per questo ho chiesto ai ragazzi di esercitarsi nel rappresentare le frazioni utilizzando le frazioni. In questo modo:

Frazione propria:

Indica UNA PARTE dell’intero.

Il numeratore è minore del denominatore e maggiore di ZERO.

Frazione impropria

Indica una quantità maggiore di un intero.

Il numeratore è maggiore del denominatore, ma non è un suo multiplo.

Frazione apparente

Indicano una quantità pari o multipla dell’intero.

Hanno il numeratore uguale o multiplo del denominatore.

QUi un’esercitazione sulle frazioni proprie, improprie e apparenti.

Frazioni equivalenti

Moltiplicando o dividendo il numeratore e il denominatore per lo stesso numero, si ottiene una frazione equivalente alla frazione data.

Per farlo si deve DIVIDERE il numeratore e il DENOMINATORE per un divisore comune.

2/6

Le frazioni equivalenti ci permettono di introdurre anche la semplificazione della frazione, poiché semplificare una frazione significa trasformarla in un’altra equivalente ma con termini minori.

la semplifico:

2 : 2 = 1

6 : 2 = 3

1/3

Frazioni complementari

Qui una scheda sulle frazioni complementari.
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]] >Frazioni: termini e unità frazionariahttps://www.maestravera.it/termini-frazione-unita-frazionaria/

Wed, 18 Mar 2020 16:00:36 +0000https://www.maestravera.it/?p=522Lezione di matematica per la scuola primaria sulle frazioni: concetto di frazione, intero, termini della frazione e unità frazionaria. Spiegazione e schede
L’articolo Frazioni: termini e unità frazionaria proviene da maestravera.it.
]] >Il primo passo nel mondo delle frazioni riguarda l’acquisizione chiara del concetto di INTERO e del suo CONTRARIO (non intero), prerequisito fondamentale per la comprensione dei termini della frazione e dell’unità frazionaria.

Un’attività molto semplice che non prevede preparazioni complesse è la piegatura di alcuni fogli di carta, vanno benissimo anche fogli di riciclo.

Si prende un foglio e lo si piega prima in due parti, poi in quattro, poi in otto, poi in sedici parti…

Si ragiona con i bambini sul fatto che il foglio costituisce un intero, perché è un foglio, ma lo abbiamo diviso in 2 parti UGUALI, o in 4 parti UGUALI, o in 8 e così via…

Io ho proposto anche piegature non uguali per permettere di capire la differenza tra la frazione e la non frazione.

Abbiamo raggruppato i fogli divisi in parti uguali in una scatola e i fogli divisi in parti diverse tra loro li abbiamo messi in un’altra scatola.

A questo punto ho introdotto la definizione di frazione ed ho spiegato che:

Parliamo di FRAZIONE quando un intero (un oggetto o una figura) è diviso in parti perfettamente uguali, infatti, quelle parti se sovrapposte coincidono.

Ora che abbiamo compreso in cosa consiste una frazione abbiamo attaccato sulla scatola dei fogli frazionati il cartellino FRAZIONI, mentre sull’altra scatola abbiamo scritto NON FRAZIONI.

Ciascuno ha poi piegato un foglio a proprio piacimento e lo ha riposto in un sacchetto. A turno i bambini hanno pescato dal sacchetto un foglio piegato e lo hanno riposto nella scatola adatta, a seconda che fosse o NON fosse una frazione.

Al termine di questa attività è stato possibile introdurre il termine “frazionare“, che significa dividere in parti uguali e non semplicemente dividere.

Unità Frazionaria e termini della frazione

Il passo successivo è avvicinare i bambini al concetto di unità frazionaria e ai termini della frazione.

Riprendiamo i nostri fogli divisi in parti uguali e per ciascun “pezzettino” comprendiamo quanto vale.

Conoscere e fare proprio il linguaggio delle frazioni è molto importante. Nella vita di tutti i giorni ai bambini sarà capitato di sentir parlare di “una bottiglia da tre quarti”, di “un quarto d’ora”, di “un terzo di strada”, ecc.

I bambini potranno capire che quelle espressioni si riferiscono a qualcosa di concreto e ne comprenderanno il significato.

Dobbiamo spiegare ai bambini che le frazioni si scrivono in un modo un po’ speciale. Le vedranno scritte come due numeri separati da una linea. Un numero sopra, una linea e un altro numero sotto, ovvero il numeratore che indica quante parti uguali consideriamo, mentre il denominatore indica in quante parti uguali è stato diviso il nostro intero.

Per spiegare meglio i termini della frazione e l’unità frazionaria, abbiamo rappresentato sul quaderno il Tricolore. Abbiamo disegnato un rettangolo diviso in 3 parti uguali e abbiamo colorato le singole parti con i colori della bandiera italiana e su ciascuna parte abbiamo scritto la frazione corrispondente:

È importante indicare ai bambini che ciascuna parte si può leggere UN TERZO o UNO FRATTO TRE, poiché la linea di frazione si legge fratto ed esprime una divisione.

È importante sottolineare che ciascuna parte dell’intero frazionato si chiama unità frazionaria.

A questo punto abbiamo provato ad utilizzare la terminologia specifica riflettendo sui colori della bandiera,che rappresentano le singole parti, mentre la bandiera corrisponde all’INTERO:

La parte VERDE corrisponde a UN TERZO della bandiera (intero).La parte BIANCA corrisponde a UN TERZO della bandiera (intero).La parte ROSSA corrisponde a UN TERZO della bandiera (intero).Il passo successivo è stato sommare le singole parti:

La parte verde e la parte bianca INSIEME costituiscono i DUE TERZI della bandiera.La parte rossa e la parte bianca INSIEME costituiscono i DUE TERZI della bandiera…Alla fine abbiamo concluso che tutte le parti colorate rappresentano TUTTA la bandiera, cioè l’INTERO.

Sul quaderno abbiamo registrato i termini della frazione in questo modo:

Per rinforzare l’acquisizione della terminologia ho proposto questa scheda Gianni e le frazioni tratta dalla guida di Gaia Edizioni “Laboratorio di matematica per lo sviluppo, il recupero e il potenziamento degli apprendimenti – II livello”.

Un’attività che piace molto ai bambini, che possono fare a casa come come compito, ma anche a scuola, per imparare in modo divertente, consiste nel rappresentare le frazioni con i mattoncini lego. Potranno manipolare i pezzetti, assemblarli per comporre un intero, frazionarli nelle singole parti, trovare, più avanti, frazioni equivalenti, complementari…

Potete proporre una frazione e chiedere loro di rappresentarla con i mattoncini, in questo modo:

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]] >Compito di realtà in cucinahttps://www.maestravera.it/compito-di-realta-equivalenze/

Mon, 16 Mar 2020 21:46:26 +0000https://www.maestravera.it/?p=509Compito di realtà per la classe quinta della scuola primaria: ricetta con quantità da trasformare in grammi e calcolo di quantità.
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]] >Equivalenze

In questi giorni di didattica a distanza stiamo ripassando le equivalenze e per mantenere viva l’attenzione ho pensato di proporre un compito di realtà alla mia classe quinta.

Ho dato ai ragazzi della mia quinta una ricetta per preparare 12 muffin ed ho chiesto loro di:

eseguire le equivalenze per trasformare tutti gli ingredienti in grammifare i calcoli per ricavare gli ingredienti necessari per preparare 7, 26, 45 e 2 muffin.Per i calcoli più difficili ho consentito l’uso della calcolatrice.

Ingredienti, equivalenze e calcoli devono essere trascritti sul quaderno.

Terminata la parte matematica ho chiesto ai ragazzi di scegliere quanti muffin preparare, di munirsi di bilancia e grembiule e preparare i muffin. Se fossimo stati a scuola me ne sarei fatta portare uno il giorno successivo. Siamo a casa e mi accontento di una foto.

Ecco la ricetta. QUI trovate il pdf da dare ai ragazzi.

INGREDIENTI

cacao amaro in polvere 70 g 

zucchero 3 hg 

latte intero a temperatura ambiente 0,18 kg 

bicarbonato 0,02 hg 

farina 3000 dg 

burro a temperatura ambiente 15000 cg 

uova a temperatura ambiente 0,220 kg 

lievito in polvere 0,6 dag

PROCEDIMENTO

(TESTO REGOLATIVO)

Per preparare i muffin al cioccolato cominciate versando nella tazza della planetaria il burro a pomata (cioè molto morbido) e lo zucchero. Azionate la frusta e lasciate mescolare per qualche minuto, fin quando non sarà diventato una crema morbida. Se non avete la planetaria potrete utilizzare le fruste elettriche oppure quella a mano. Poi unite le uova a temperatura ambiente e leggermente sbattute un po’ alla volta.

In questo modo il composto si amalgamerà alla perfezione, diventando una massa morbida ed omogenea. Nel frattempo sistemate un setaccio in un recipiente e versate la farina ed il cacao.

Poi il lievito per dolci ed il bicarbonato e setacciate. Un cucchiaio alla volta, inserite le polveri fin quando non saranno completamente assorbite.

L’impasto a questo punto sarà molto consistente quindi allegeritelo aggiungendo il latte a filo, sempre a temperatura ambiente. Sminuzzate il cioccolato al coltello, ottenendo dei pezzettini grandi circa 0,5 mm e aggiungeteli al composto.

Mescolate accuratamente con una spatola per inglobare il tutto e trasferite poi in un sac-à-poche senza bocchetta. Sistemate i pirottini in una leccarda da muffin e spremete circa 100 grammi di impasto così da ottenere 12 tortine.

Cuocete in forno preriscaldato ed in modalità statica a 180° per 28-30 minuti, facendo la prova stecchino per verificarne la cottura (per questi muffin si sconsiglia la cottura in forno ventilato poiché diventerebbero troppo asciutti!). Una volta pronti sfornateli e lasciateli raffreddare o se proprio non resistete, gustate i muffin al cioccolato ancora caldissimi.

(Ricetta di GialloZafferano.it)

“Designed by Tamaratorres / Freepik”I ragazzi si sono divertiti e mi hanno mandato foto incredibili dei muffin. Compito di realtà che la mia classe quinta ha molto apprezzato.
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]] >Sistema Scheletricohttps://www.maestravera.it/sistena-scheletrico/

Mon, 16 Mar 2020 16:26:48 +0000https://www.maestravera.it/?p=496Lezione, sul Sistema Scheletrico, con appunti, metodologia e verifica per la classe quinta della scuola primaria.
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]] >Il Sistema Scheletrico è stato il primo sistema che abbiamo affrontato.

Lo abbiamo fatto comprendendo che possiamo parlare di sistema poiché tutti i suoi componenti sono ossa.

Non tutte le ossa del corpo hanno la stessa forma ma tutte quante si somigliano poiché sono formate da cellule dello stesso tipo, pertanto possiamo parlare di SISTEMA SCHELETRICO.

Per prima cosa abbiamo osservato il nostro corpo, ciascuno ha provato a percepire le ossa al tatto e abbiamo provato a nominarle. Partendo dalla faccia abbiamo il cranio, la mascella e la madibola. Abbiamo trovato poi la clavicola e la scapola, le ossa delle braccia, le costole, la colonna vertebrale il bacino e le ossa delle gambe.

Le abbiamo nominate osservando il modellino che abbiamo in classe e facendoci aiutare dall’immagine con la relativa nomenclatura presente sul del libro di testo.

credit: Wikipedia Questo lavoro ci ha permesso di capire che:

TUTTE le ossa presenti nel nostro corpo formano lo scheletro.Le ossa possono essere raggruppate e distinte in tre gruppi: ossa del CAPOossa del TRONCO ossa degli ARTIFunzioni del Sistema Scheletrico

Abbiamo poi riflettuto sulle funzioni del sistema scheletrico, partendo da una domanda molto banale: come saremmo se non avessimo le ossa?

Le risposte sono state molto divertenti e hanno rivelato una grandissima immaginazione. Qualcuno ha ricordato un termine già visto in quarta: INVERTEBRATI e ciò ci ha permesso di capire che senza il sistema scheletrico saremmo degli invertebrati.

Lo scheletro, insieme ai muscoli, è ciò che SOSTIENE il nostro corpo e permette il MOVIMENTO.

Subito dopo, ragionandoci un po’, i ragazzi hanno capito che un’altra importante funzione è quella di proteggere alcuni organi vitali, come CUORE, POLMONI e CERVELLO.

Abbiamo così individuato le principali funzioni del sistema scheletrico:

SOSTEGNO del corpoMOVIMENTO (insieme ai muscoli)PROTEZIONE degli organi vitaliAbbiamo aggiunto che il Sistema Scheletrico ha anche le importanti funzioni di:

– PRODURRE cellule del sangue, grazie al midollo spinale che scorre nella colonna vertebrale.

– RISERVA di sali minerali, poiché le ossa sono formate anche da sali minerali.

Questa precisazione ci ha permesso di passare alla seconda domanda:

Da cosa sono formate le ossa?

Struttura delle ossaSul quaderno abbiamo provato a rappresentare la struttura delle ossa, nominando le varie parti.

Ci siamo soffermati, in particolare, sugli OSTEOBLASTI, la cui funzione è stata oggetto di numerose curiosità, perché abbiamo scoperto che permettono l’accrescimento delle ossa.

Gli osteoblasti ricostituiscono continuamente il tessuto osseo, mentre gli osteoclasti lo distruggono. O meglio, rimuovono continuamente il tessuto più vecchio. Quindi il tessuto osseo “più usato” viene rimosso dagli osteoclasti e sostituito da tessuto nuovo di zecca prodotto dagli osteoblasti.

A livello delle estremità delle ossa lunghe (epifisi) è presente, nella fase di crescita dell’individuo, un particolare tipo di cartilagine, chiamata cartilagine di accrescimento che verrà poi sostituita da tessuto osseo. Le ossa, infatti, non restano sempre della stessa dimensione ma crescono con noi.

Lo scheletro di un adulto è formato da 206 ossa ed esse sono formate da acqua, sali minerali e osseina.

A questo punto abbiamo preso delle ossa di pollo e un contenitore contenente dell’aceto. Abbiamo immerso le ossa nell’aceto e le abbiamo lasciate per qualche giorno.

Esperimento osseinaSuggerisco di utilizzare un contenitore con coperchio se non volete avere la classe pervasa dall’odore dell’aceto.

Questa esperienza ci ha permesso di osservare attentamente le ossa e ha stimolato la curiosità dei ragazzi.

Ci ha dato modo di comprendere che le ossa sono sono formate da qualcosa che le rende dure e da qualcosa che le rende morbide.

Prima di immergere le ossa nell’aceto abbiamo provato a spezzarle, senza riuscirci.

Dopo il trattamento con l’aceto siamo riusciti a piegarle e a spezzarle potendo così osservare il tessuto spugnoso.

Abbiamo pertanto dedotto, visto che l’aceto ha sciolto i sali minerali, che l’osseina rende le ossa elastiche ( quel qualcosa di morbido a cui prima non avevamo saputo dare un nome), mentre i sali minerali le rendono dure.

Abbiamo registrato sul quaderno quanto appreso, dopodiché abbiamo creato uno scheletro grandezza naturale, che ci accompagnerà nel viaggio alla scoperta del corpo umano e verrà arricchito, di volta in volta dei vari organi e tessuti.

Lo scheletro murale da stampare ed assemblare lo trovate QUI.

Le ossa e le articolazioni

Comprese le funzioni del Sistema Scheletrico, la composizione delle ossa e la suddivisione delle ossa del corpo, abbiamo operato un’ulteriore classificazione delle ossa distinguendole in:

ossa LUNGHE: ossa degli artiossa CORTE: vertebre, ossa delle mani…ossa PIATTE: ossa del cranio, del bacino…Abbiamo poi compreso che le ossa solo tra loro collegate e unite.

Sono collegate tra loro dalle articolazioni che possono essere mobili (come quelle del ginocchio o delle spalle che ci permettono movimenti ampi), semimobili (come le aricolazioni vertebrali che permettono movimenti limitati) o fisse (è il caso delle articolazioni del cranio, le quali non consentono alcun movimento).

Articolazioni e legamentiHo poi spiegato ai ragazzi che le ossa sono unite tra loro da fasci di fibre chiamati LEGAMENTI e ovviamente dai muscoli, i quali rivestono le ossa e contribuiscono a tenerle unite.

Per concludere ho fornito ai ragazzi lo schema riassuntivo di Mappe per la Scuola ed ho chiesto loro di articolare un discorso sul sistema scheletrico, spiegando:

Cos’è il Sistema Scheletrico?Quali sono le funzioni del Sistema Scheletrico?Da cosa è formato?Come sono formate le ossa?Che caratteristiche danno alle ossa l’osseina e i sali minerali?Come possono essere classificate le ossa dello scheletro e che funzioni anno?Cosa sono le articolazioni? Come possono essere?Verifica

QUI potete trovare la verifica sul sistema scheletrico.
L’articolo Sistema Scheletrico proviene da maestravera.it.
]] >Il Sistema Solarehttps://www.maestravera.it/il-sistema-solare/

Sun, 15 Mar 2020 23:12:44 +0000https://www.maestravera.it/?p=461Lezione sul sistema solare pensata per la classe quinta della scuola primaria Completa di video, schede, metodologia e spiegazioni sul sistema solare.
L’articolo Il Sistema Solare proviene da maestravera.it.
]] >Il Sistema Solare è uno dei miei argomenti preferiti del programma di quinta ed è sempre apprezzatissimo anche dai ragazzi. L’universo ha da sempre affascinato gli uomini e le donne di tutti i tempi e vale anche per i nostri ragazzi moderni.

Qualche anno fa con una quinta abbiamo scelto di partecipare all’evento di BergamoScienza e per quell’occasione abbiamo realizzato un laboratorio che ci è piaciuto molto e ci ha dato un sacco di soddisfazioni.

Questa esperienza mi ha permesso di produrre e raccogliere un bel po’ di materiale sul Sistema Solare. Ne raccolgo qui una parte che ho conservato.

Presentazione del Sistema Solare

Per introdurre l’argomento ai ragazzi, ho scritto una storia che vi allego. L’ho intitolata “Con il cielo negli occhi”. Mi piace sempre iniziare nuovi argomenti con dei testi o dei libri e in questo caso scrivere questo breve racconto è stato piacevole anche per me. La trovate QUI!

Per prima cosa ho fornito ai ragazzi una scheda informativa sul Sistema Solare, la potete trovare QUI che hanno letto a gruppi, quindi individualmente sul quaderno hanno lavorato con questa scheda (Scheda sul Sistema Solare).

Abbiamo visto il video di “Paxi e il Sistema Solare” realizzato dall’ESA. Ne trovate anche altri molto belli sul sito ESAkids (ha una sezione dedicata alla didattica).

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Carta d’identità dei pianeti

Quindi ho diviso la classe in 8 gruppi e ciascun gruppo ha approfondito un pianeta ed ha raccolto le informazioni per realizzare la carta d’identità di ciascun pianeta. Le informazioni sono state registrate sia sul quaderno sia su un cartellone.

La carta d’identità del pianeta ha lo scopo di:

Evidenziare gli aspetti ritenuti più importanti per ciascun pianeta Fornire gli indizi fondamentali per poter poi costruire i modelli tridimensionali dei pianeti Abbiamo pertanto inserito:

”DIMENSIONI” e “DISTANZE ” dei pianeti – per riflettere sul concetto che lo spazio è vuoto, ovvero che le dimensioni dei pianeti sono trascurabili rispetto alle distanze che li separano.“COLORE” e “SUPERFICIE” – per poter ricavare le caratteristiche chimiche e fisiche che serviranno per la scelta dei materiali utili alla costruzione dei pianeti.“TEMPERATURA” – perché dal confronto tra i pianeti si dedurrà che la temperatura dipende: dalla vicinanza o lontananza dal Sole dall’ esposizione verso il Sole,dalla presenza o assenza dell’atmosfera.“ATMOSFERA”, le informazioni trovate ci faranno scoprire che può essere:uno scudo protettivo dalle radiazioni solari e dagli asteroidimolto densa a causa dei gas che la compongonoquasi inesistente per la troppa vicinanza al Sole (forte campo gravitazionale).“SATELLITI”, la presenza o l’assenza e la quantità di satelliti che ruotano intorno ad un pianeta, sono dovute alla forza d’attrazione gravitazionale del pianeta stesso e alla sua posizione rispetto al Sole.“CURIOSITA’”, spazio libero per qualsiasi approfondimento.

Carta d’Identità dei PianetiRiduzione in scala dei Pianeti

Un’attività che ha unito scienze e matematica è la riduzione in scala delle dimensioni dei pianeti e delle distanze.

Osservare le dimensioni dei pianeti e della loro distanza dal sole, ci ha permesso di imparare i grandi numeri. Abbiamo visto che l’astronomia è uno di quei campi dove i grandi numeri sono impiegati spessissimo.

Per ridurre i pianeti e le loro distanze abbiamo dovuto utilizzare due scale differenti. In matematica ne abbiamo approfittato per parlare dell’approssimazione e dell’arrotondamento, poiché chiaramente le nostre riduzioni in scala non sono perfette ma approssimative e arrotondate. Devo dire che questo lavoro molto concreto ha aiutato i ragazzi a comprendere il concetto senza troppa fatica.

Grazie a questa riduzione abbiamo realizzato questa riproduzione:

Pianeti in scala realisticaAnche il questo caso ci siamo agganciati alla matematica ed abbiamo affrontato la circonferenza. Per realizzare il cartamodello del sole abbiamo costruito un compasso con gesso e spago. Abbiamo quindi compreso che la circonferenza è 3 volte e un po’ il diametro.

Sul quaderno ci siamo esercitati con il compasso e abbiamo disegnato i pianeti:

Mercurio con un diametro di 0,5 cm, Venere 1,2 cm, la Terra 1,3 cm, Marte 0,7cm, Giove 14 cm, Saturno 12 cm, Urano e Nettuno 5 cm. Prima i ragazzi hanno dovuto calcolare il raggio per aprire il compasso alla giusta ampiezza.

Per la riduzione in scala delle distanze tra i pianeti abbiamo utilizzato una scala differente:

Una volta completi tutti i calcoli ci siamo muniti di un rotolo di carta, di un metro e di cartelli con i nomi dei pianeti e, dopo aver misurato e misurato, abbiamo osservato le distanze dei pianeti.

Ci siamo resi conto che i pianeti terrestri sono molto vicini tra di loro, mentre i pianeti gioviani sono molto distanti sia rispetto al Sole, sia tra di loro. Abbiamo anche osservato che tra Marte e Giove c’è uno spazio molto grande ed abbiamo ipotizzato che lì potesse anche starci un pianeta, infatti, documentandoci abbiamo scoperto che gli scienziati credono che la cintura asteroidale sia un pianeta che non è riuscito a formarsi. Probabilmente a causa delle forze contrapposte esercitate dal Sole e da Giove.

Riproduzione dei pianeti

I ragazzi, nei rispettivi gruppi, hanno realizzato i pianeti. La scala per la riproduzione dei pianeti l’ho fornita io:

RIPRODUZIONE DEI PIANETI IN SCALAChi sceglierà di cimentarsi in questa attività non potrà esimersi dal ricercare informazioni in merito a COLORE” e “SUPERFICIE”, per poter ricavare le caratteristiche chimiche e fisiche che serviranno per la scelta dei materiali per la realizzazione del modellino.

A questo punto direi che se 

Diametri dei pianeti (1 m = 139.640 Km) per avere una scala coerente

Pianeti e diametri in cm per i modellini

Mercurio 3.5 cm

Venere 8.5 cm

Terra 9 cm

Marte 5 cm

Giove 100 cm

Saturno 83 cm

Urano 36 cm

Nettuno 35 cm

Per i Pianeti terrestri consiglio materiali duri, che richiamino la natura rocciosa di tali corpi.

Materiali suggeriti:

– palline di polistirolo di 3,5; 5; 9 centimetri 

– cartapesta per il rivestimento esterno.

Per Giove, come per gli altri Pianeti giganti, suggerisco materiali morbidi per riflettere la natura gassosa di questi corpi.

Materiali suggeriti:

palloni o simili del diametro di 95, 80 e 30 centimetri circaovatta sintetica per il rivestimento esterno.Per la coloritura i pianeti rocciosi possono essere colorati con le tempere, mentre quelli gassosi devono essere colorati con le bombolette.

Abbiamo riprodotto il Sistema Solare in diversi modi, anche utilizzando il cibo… ed è stato molto divertente!

Sistema Solare in cucinaIn questo video potete vedere un riassunto del lavoro fatto.

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Per concludere abbiamo parlato dei movimenti della Terra attorno al Sole e su se stessa.

Rotazione e rivoluzione dei pianeti

I ragazzi si sono avvicinati ai concetti di rotazione e di rivoluzione attraverso delle esperienze pratiche. Nel cortile della scuola abbiamo tracciato le orbite dei pianeti e i ragazzi prendendo il posto dei pianeti hanno rivoluzionato attorno al sole, rendendosi in questo modo conto che i pianeti gassosi, essendo più lontani hanno molta più strada da percorrere per fare un giro completo intorno al sole, mentre i pianeti terrestri hanno un’orbita molto più piccola, pertanto hanno meno strada da fare per compiere una rivoluzione completa attorno al sole.

Questa attività ci ha permesso di comprendere il motivo dell’alternarsi del giorno e della notte (rotazione) e delle stagioni (rivoluzione). Per chiarire meglio le idee ai ragazzi, ho fornito loro questa scheda sugli equinozi:

La luna e le fasi lunari

Come ultimo capitolo del Sistema Solare, abbiamo affrontato la Luna, il satellite della Terra.

Abbiamo visto il video di Paxi sulla Luna:

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Abbiamo costruito la “Scatola della luna” con una scatola delle scarpe. Qui potete trovare le istruzioni. Il risultato è davvero incredibile: sembra davvero di avere la luna in una scatola. Qualcuno l’ha realizzata anche a casa.

Abbiamo osservato le fasi lunari anche infilzando con un bastoncino di legno una palla di polistirolo e abbiamo osservato l’ombra del sole su di essa mentre simulavamo una rivoluzione attorno alla Terra.

Abbiamo quindi registrato sul quaderno che la Luna è il satellite della Terra, non ha luce propria, non ha atmosfera, non ha acqua se non sotto forma di ghiaccio ai poli.

Si è formata, probabilmente dalla collisione di un giovane pianeta con la Terra e da questa collisioni ha avuto origine la Luna.

Abbiamo registrato le fasi lunari sul quaderno con questa scheda:

Scheda per registrare le fasi lunari. Le alette, dopo aver tagliato il contorno, si piegano e sulla parte non disegnata si scrive il nome della fase solare corrispondente.Abbiamo anche registrato che la Luna compie tre movimenti:

attorno alla Terra – RIVOLUZIONEsu se stessa – ROTAZIONEattorno al Sole insieme alla Terra – TRASLAZIONEAllego un pdf sul Sole e sulla Luna che abbiamo letto in classe. Lo potete trovare QUI.

Questo laboratorio è stato caratterizzato dal divertimento pertanto non poteva mancare una riproduzione delle fasi lunari utilizzando i biscotti.

In questo video vedete le fasi lunari realizzate da me, ma lo abbiamo fatto anche in classe. I ragazzi hanno apprezzato molto.

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Per concludere allego una scheda di approfondimento e un glossario sul Sistema Solare.

Verifica

QUI una verifica sul Sistema Solare.
L’articolo Il Sistema Solare proviene da maestravera.it.
]] >Apparato Tegumentariohttps://www.maestravera.it/apparato-tegumentario/

Sat, 14 Mar 2020 16:46:19 +0000https://www.maestravera.it/?p=445Lezione di scienze, sull’apparato tegumentario, per la classe quinta della scuola primaria. Appunti e schede per una spiegazione completa.
L’articolo Apparato Tegumentario proviene da maestravera.it.
]] >Come primo argomento del corpo umano, dopo aver affrontato la cellula e la differenza tra tessuti, apparati e sistemi, ho scelto di affrontare la pelle perché è il rivestimento del corpo, la sua custodia. Una sorta di coperta che protegge i tessuti e gli organi che costituiscono il corpo umano.

Prendendo spunto dal libro della Erikson “Scienze facili per la classe quinta”, siamo partiti dall’analisi della parola TEGUMENTO.

I ragazzi non conoscevano il significato di questo termine, pertanto abbiamo ricercato la definizione, che riporto:

tegumento /tegu’mento/ s. m. [dal lat. tegumentum “copertura”]. – (biol.) [rivestimento di un intero organismo, animale o vegetale] ≈ epidermide, Ⓖ pelle, [di organismo vegetale] corteccia, [di organismo vegetale] scorza.Abbiamo così arricchito il nostro vocabolario con una parola nuova, che d’ora in poi utilizzeremo in modo corretto.

A questo punto siamo passati all’osservazione della pelle e alla scoperta degli elementi che la costituiscono.

I ragazzi hanno facilmente individuato i protagonisti dell’apparato tegumentario:

pellepeliunghiecapelliRagionandoci ancora un po’ hanno intuito che mancava ancora qualcosa:

ghiandole sebacee ghiandole sudoripareAbbiamo quindi capito che la pelle è il tessuto che riveste tutto il corpo umano e costituisce l’apparato tegumentario. È l’organo più esteso del corpo umano.

Ha diverse funzioni, tra cui proteggere il corpo, regolarne la temperatura e percepire stimoli termici, dolorifici e pressori (tattili).

La pelle è composta da più strati:

l’epidermide è lo strato esterno protettivo ed è costituita da più strati; il derma permette di percepire il calore e il dolore ed è ricco di vasi sanguigni; l’ipoderma è ricco di grasso corporeo e ha una funzione di isolamento, poiché funge da cuscinetto protettivo per i muscoli.Per semplificare il recupero delle informazioni abbiamo registrato sul quaderno quanto è emerso dalla conversazione .

Ecco gli appunti:

Quindi ho fornito loro questa scheda che ho preparato:

Per approfondire ulteriormente possiamo dare qualche informazione sugli strati dell’epidermide.

Gli strati dell’epidermide

Lo strato corneo è lo strato più superficiale dell’epidermide, è chiamato cute, ed è costituito da molti strati di cellule appiattite e disposte su più strati. Si possono considerare due porzioni: una più profonda e compatta in cui le cellule (corneociti) sono unite tra loro, ed uno superficiale in cui le cellule (dette squame cornee) tendono a staccarsi per desquamazione. La pelle è, infatti, un organo estremamente dinamico, poiché le sue cellule si rinnovano continuamente. Più sotto abbiamo lo strato lucido, che si trova solo nella cute spessa (palmo della mano e pianta dei piedi).Lo stato granuloso è l’ultimo strato di cellule vive.Lo stato spinoso è uno strato spesso, formato da cellule chiamate cheratinociti, che risalgono gradualmente verso la superficie.Lo strato basale è lo strato più profondo dell’epidermide ed è sostenuto da una membrana basale che lo separa dal derma sottostante.Per consolidare questi concetti, abbiamo costruito un supporto visivo utilizzando un modellino di carta della pelle. Per farlo abbiamo utilizzato questo modello trovato in rete:

Qui potete scaricare la versione in bianco e nero.

Curiosità: Perché la pelle degli uomini ha colori differenti?

Nel mondo il colore della pelle umana si distribuisce su una tavolozza dalle dalle molte sfumature e per arrivarci sono servite decine di migliaia di anni. Anche se il colore della pelle è diverso non sono diversi gli antenati. Abbiamo tutti la stessa origine evolutiva.La pelle più scura è vantaggiosa per chi vive nelle regioni molto soleggiate, come quelle attorno all’equatore, mentre quella più chiara è vantaggiosa per chi abita nelle regioni più fredde, meno esposte al sole e più vicine ai poli.Diversi milioni di anni fa, questa distinzione però non esisteva, perché gli ominidi come l’Australopiteco Lucy avevano la pelle ricoperta da peli molto estesi e non erano molto diversi dagli scimpanzé.

Quando l’uomo iniziò a cacciare assumendo un’andatura eretta, si spinse negli spazi aperti e soleggiati della savana. Questo fece in modo che si liberasse dei peli in eccesso. Ciò facilitò la sudorazione e la dispersione del calore.

Se l’intensità dei raggi che ci investono è determinata dalla posizione geografica in cui viviamo, la quantità di raggi che penetra nell’organismo dipende dalla concentrazione di melanina.La melanina è un pigmento marrone scuro che è presente in maggiori quantità nella pelle di chi vive a latitudini tropicali, perché protegge la pelle dai raggi solari, impedendo scottature.

Con il tempo, l’uomo si spostò verso nord e verso sud, muovendosi dall’equatore verso località più vicine ai poli. Ai poli il problema principale non era più contrastare i raggi UV dannosi, ma produrre abbastanza vitamina D, indispensabile per la salute delle ossa, nonostante la poca esposizione solare: bisognava permettere che una certa quantità di raggi solari fosse assorbita dalla pelle (e quindi, occorreva meno melanina, che è un “filtro solare” naturale). Nelle regioni più settentrionali, la pelle è perciò divenuta più chiara.

Grazie a questi meccanismi, diverse popolazioni, a diverse latitudini e in diversi momenti storici hanno sviluppato diversi colori della pelle. Una differenza solo superficiale e nata dalle stesse, universali esigenze di adattamento.

Tratto da: “FocusJunior.it > Scienza > Curiosità scientifiche > Perché abbiamo il colore della pelle diverso?”

Per concludere l’argomento ho fornito lo schema preso dal sito mappe per la scuola ed ho chiesto ai ragazzi di formulare un discorso di qualche minuto sull’apparato tegumentario. Per facilitare il compito ho assegnato alcune “domande guida” per permettere loro di focalizzare i punti salienti da evidenziare:

Cosa significa tegumento?Da quali elementi è costituito l’apparato tegumentario?Quali sono le funzioni della pelle?Da quali strati è costituita la pelle? Quali funzioni svolgono?Queste domande possono essere poi proposte come interrogazione scritta.

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]] >Apparato Circolatoriohttps://www.maestravera.it/apparato-circolatorio/

Sat, 14 Mar 2020 13:57:22 +0000https://www.maestravera.it/?p=421Lezione di scienze per la classe quinta della scuola primaria sull’apparato circolatorio
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]] >Ho dovuto affrontare l’apparato circolatorio nella mia classe quinta della scuola primaria, nel periodo di sospensione delle attività didattiche, quindi lo abbiamo trattato a distanza per l’emergenza coronavirus.

In classe lo avevamo solo introdotto e non volevo che continuassero a studiarlo solo dal libro, per questo ho preparato una videolezione per arrivare agli alunni nel modo più efficace nonostante la distanza.

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]] >“Uno” di Isabella Pagliahttps://www.maestravera.it/letture-per-la-classe-prima-primaria-uno-di-isabella-paglia/

Thu, 18 Apr 2019 20:36:06 +0000https://www.maestravera.it/?p=398“Uno” è un libro per bambini di classe prima, scritto da Isabella Paglia e illustrato da Andrea Scoppetta. Lettura pensata per lettori alle prime armi, è scritto interamente in maiuscolo, presenta numerosi spunti di riflessione perché porta all’attenzione di grandi e piccini il tema della diversità, dell’accettazione dell’altro e del rispetto. Il protagonista è un […]
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]] >“Uno” è un libro per bambini di classe prima, scritto da Isabella Paglia e illustrato da Andrea Scoppetta.

Lettura pensata per lettori alle prime armi, è scritto interamente in maiuscolo, presenta numerosi spunti di riflessione perché porta all’attenzione di grandi e piccini il tema della diversità, dell’accettazione dell’altro e del rispetto.

Il protagonista è un simpatico extraterrestre la cui astronave atterra sulla Terra a causa di un guasto.

Unico sopravvissuto della sua specie, Uno inizia a vivere sulla Terra ma immergersi nella società, giocare coi bambini, farsi accettare, gli risulta estremamente complicato e resta solo per così tanto tempo che non ricorda più il suo vero nome e finisce per chiamare se stesso “Uno”.

Uno veste con abiti sgargianti e fa grossi sorrisi di tutti i colori, senza  però riuscire a fare amicizia, così ogni giorno torna alla sua astronave tutto solo.

Una notte un’altra astronave atterra vicino alla sua e una creatura bizzarra, che dice di chiamarsi “Qualcuno”, bussa alla sua porta chiedendo aiuto.

“Qualcuno” è molto diverso da “Uno” e inizialmente lui ne è spaventato, perciò non lo fa entrare, ma dopo qualche esitazione ripensa al freddo che sente dentro ogni volta che lo evitano ed accoglie Qualcuno nella sua casa.

Da quel momento inizia una bella amicizia tra Uno e Qualcuno, un’amicizia stravagante, colorata, divertente, ma soprattutto contagiosa!

Finalmente anche tutti gli altri comprendono che non è necessario essere uguali per essere amici e nessuno, da quel momento, ha più paura di fare cose diverse.

Isabella Paglia ci presenta la diversità e il cambiamento per quello che è, ovvero un’occasione di crescita e di rinnovamento. La diversità spaventa perché ci costringe a rimetterci in discussione, ma accettare gli altri, accogliendone le diversità come qualcosa di positivo è l’unico mezzo che abbiamo per crescere.

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Lettura consigliatissima!!!
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