L’ora dell’intrufolamento a scuola

Per la scuola italiana è l’ora dell’intrufolamento.  Le colpe dei docenti e le posizioni dei descolarizzatori.

A dire il vero, l’ora dell’intrufolarsi di estranei nella nostra scuola dura da tempo e la durata continua ad allungarsi.

Si sa che il campo scolastico era stato già invaso dalla Fondazione Agnelli. Ora apprendiamo che è nata “Scuola” della SEIF, ovvero “il nuovo progetto di istruzione e formazione della Società Editoriale Il Fatto Spa”. Siamo di fronte ad una proliferazione di enti per i quali i docenti non contano niente, se non addomesticati secondo precetti funzionali alla formazione di una mentalità coatta. Ed ecco aggiungersi alla schiera degli infiltrati l’Associazione TreeLLLe. Sul Corriere della Sera del 16 luglio 2022 uno scritto del Presidente Attilio Oliva e del Chairman Antonino Petrolino figura come taglio basso sormontato dall’occhiello La rivoluzione possibile e dal titolo Più tempo (e idee) nella nuova scuola. Sembra che siano stati loro a scoprire che la scuola è tenuta a “favorire la formazione di personalità aperte, curiose e critiche, ma anche di cittadini consapevoli dei loro diritti e doveri” e che “la scolarizzazione di massa” comporta “sfide e problemi nuovi”, mentre la compagine ministeriale non è da loro ritenuta all’altezza della situazione, palesandosi incapace di contribuire a un miglioramento qualitativo dell’istruzione: unico punto, quest’ultimo, in cui sono vicini al vero.

Presidente e Chairman della TreeLLLe sembrano voler  ignorare che buona parte del corpo docente, nonostante tutto e a dispetto dei risultati Invalsi, si adopera con efficacia per rimediare alle carenze ministeriali.

Imputano ai docenti il perpetuarsi di “lezioni trasmissive” centrate sull’insegnare cattedratico e non sulle modalità dell’apprendere, che esige “interazione e coinvolgimento, anche emozionale” dei discenti. Evocano le cosiddette “competenze non cognitive” che tanto risuonano nell’odierno pedagogismo alla moda, come se esse fossero ignorate nella prassi educante già in atto. Rispolverano il compromesso per cui vengono detti necessari “progetti formativi innovativi (e integrativi di quello disciplinarista)”. Tale preambolo che funge da pars destruens, non esente da un sentore apocalittico, si apre poi alla progettualità definita rivoluzionaria, ma sui tempi lunghi, trattandosi quindi di riforma e non di rivoluzione, della pars construens. Questa si articola essenzialmente in due punti: formare i docenti e organizzare il tempo scuola.

A proposito del modo di operare dei docenti, prima di cianciare sui modi di formarli, basterebbe togliere loro i bavagli e ascoltare le loro voci.

Un esempio di ascolto è quello di Ilaria Venturi e Corrado Zunino diramato dall’agenzia ANSA il 3 novembre 2021 col titolo Scuola, i docenti si raccontano: “Così facciamo lezione agli studenti”. Le lezioni sono “sempre meno frontali”. Mentre la flipped classroom o classe capovolta si va estendendo nella prassi didattica, c’è chi apre canali su Youtube per coinvolgere gli alunni in progetti di acquisizione del sapere mediante ricostruzioni multimediali, chi sollecita l’interesse e il protagonismo studentesco mediante giochi di ruolo, chi fornisce ai ragazzi elementi di educazione digitale, chi fa della filosofia uno strumento per addestrare alla logica le giovani menti ponendole di fronte all’irrazionalità dilagante nella realtà extrascolastica, chi si impegna per diffondere nelle scolaresche l’amore per la lettura facendo scegliere libri e invitando a recensirli, chi privilegia il dialogo intergenerazionale  sintonizzandosi sugli stati d’animo degli allievi per condividerne ansie e speranze, e così via. Ecco come si esprime un maestro a proposito di quel tipo di rapporto con gli adolescenti che Massimo Recalcati definisce “erotica dell’insegnamento”, nozione ignota ad ogni riformatore tanto improvvisato quanto pretenzioso:

“Prima delle lezioni … c’è bisogno di amore per il proprio lavoro e amore per i propri alunni, che saranno   gli uomini e le donne di domani.”

È in un clima del genere che la cultura sia umanistica che scientifica può prosperare.

Intanto il Ministero dell’Istruzione “affida la formazione docenti ad esterni: insegnanti tagliati fuori e alunni derubati”.

Lo stigmatizza Irene Muscato su Il fatto quotidiano del 28 giugno 2022, spiegando con efficacia quanto impegno quotidiano si celi dietro il “fare lezione”, che in generale  è il solo aspetto che risalta agli occhi di osserva i docenti. Tutto ciò viene ignorato nel momento in cui all’articolo 44 del Decreto Legge 36/2022 viene prevista una “Scuola di alta formazione che avrà il compito di promuovere e coordinare la formazione in servizio dei docenti di ruolo, avvalendosi dell’Indire e dell’Invalsi per lo svolgimento delle sue attività, e sarà dotata di autonomia amministrativa e contabile”. Osserva la docente:

“Ogni docente sa bene quanti corsi di formazione gestisti da Enti di tutto rispetto si sono rivelati nella sostanza inutili, perché avulsi dal contesto scuola. Ed è un’assurdità il fatto che si affidi la nostra formazione a chi la scuola non la vive, senza ipotizzare alcuna forma di collaborazione in fase di progettazione delle attività e di erogazione dei corsi.”

Per quanto attiene al tempo scuola, un’Associazione estranea quale la TreeLLLe vorrebbe essere essa a dettare legge sul bene più prezioso, che è per l’appunto il tempo, adducendo a supporto della pretesa i soliti esempi stantii tratti da questa o quella prassi didattica estera che si vorrebbe scimmiottare.

Con la supposizione che la nostra scuola sarebbe oggi “sola e chiusa”, ne viene vagheggiata una a tempo lungo “obbligato” dai 3 ai 14-16 anni e “opzionale” dai 14-16 anni ai 19. Si prospettano  almeno tre ore al giorno dedicate non a “lezioni”, ma ad “attività” formative promosse da “adulti di riferimento” e “altri attori pubblici, privati e non profit del territorio”:

“Per fare cosa? Dalle arti sonore e visive agli sport, dai dibattiti ai giochi di ruolo, dalle attività di volontariato alla cura dell’ambiente, cosicché finalmente si possano offrire ai giovani espressioni di sé e di collaborazione con gli altri.”

Infine l’Associazione suggerisce al Ministero dell’Istruzione di finanziare ad hoc soltanto “quelle scuole più necessitate o vocate che, nel loro contesto e autonomia, lo richiedessero”. Siamo di fronte a un dissimulato criterio meritocratico, che cozza peraltro con la scarsità di risorse destinate alla scuola, anche in considerazione del fatto che oltre ai docenti dovrebbero essere retribuiti i nuovi promotori di “attività formative” sopra citati.

Sarà ora chiaro come persista in Italia la tendenza ad azzerare ogni tradizione in nome di piani presentati come gli unici consoni ad esigenze dei tempi moderni.

Il dibattito è desolante nella sua ripetitività. Si pensi,  ad esempio, a quanto osservava Antonio La Penna in Sulla scuola, Editori Laterza, 1999  circa la “riforma per decreto” che avrebbe dovuto basarsi  sul ponderoso volume (ben  438 pagine) contenente i risultati dei lavori della Commissione dei “Saggi” istituita nel 1997 dal Ministero della Pubblica Istruzione:

“Non è ancora entrato nell’opinione pubblica, ma neppure nella mente dei nostri governanti, il concetto che la buona scuola è fatta dai buoni docenti, cioè preparati e impegnati, e che ogni riforma resta sulla carta se non è condivisa, assimilata, fatta propria dagli insegnanti; ma, invece di segnare un’inversione di tendenza nella politica verso di essi, si continua ad ignorarli e a far piovere sulle loro teste ukase e circolari.”

Intanto il principale ostacolo che i docenti incontrano consiste nella negatività degli esempi provenienti dagli ambienti familiari e sociali, ovvero dal mondo degli adulti e in particolar modo di tanti politici nonché di tanti patiti del profitto.  A tutto ciò essi non possono non reagire.

Il corpo docente italiano ha continuato nel tempo a mettersi a passo con il trasformarsi del reale.

Questa disposizione ad aggiornarsi è un fermento che va traducendosi in un vero e proprio movimento. Movimento avviato a coinvolgere progressivamente quei docenti che ancora stentino a porsi all’altezza dei tempi. Il Ministero dell’Istruzione, invece di assecondare e potenziare questa preziosa risorsa della scuola militante, tollera o sponsorizza, quasi benedicendoli, i corpi estranei che la insidiano. Il pericolo è che ne risenta la sostanza dell’insegnamento, costituita dalle discipline, senza le quali la scuola non avrebbe ragione di esistere. Almeno la Commissione dei “Saggi”, come ci ricorda Antonio La Penna, aveva affrontato il problema dell’insegnamento delle discipline sia umanistiche che scientifiche, segnalando la necessità di aggiornarne contenuti e metodi. Oggi invece si è giunti a vagheggiare e voler imporre nella scuola, come si è già riferito, “adulti di riferimento” e “altri attori pubblici, privati e non profit del territorio”, ignari di ogni seria problematica disciplinare, mentre i docenti disciplinarmente competenti dovrebbero vedere decurtato di  almeno tre ore al giorno il loro specifico impegno didattico.  Ed è così che si va verso una società senza scuola.

La prospettiva di una società senza scuola è un argomento da affrontare su un piano culturale contrapposto ad ogni insidioso dilettantismo.

Ed è la scuola stessa a dover mettersi in discussione, ma dal suo interno, per mantenere la qualifica di elemento essenziale nella società. Sono i docenti, non altri, tenuti a confrontarsi con le tesi dei descolarizzatori. Se questi sono diventati alla moda, lo dobbiamo ad  Everett Reimer con il suo School is Dead. An Essay on Alternatives in Education e ad Ivan Illich con il suo Deschooling Society. Però ben prima di loro si era espresso contro l’istituzione scolastica il nostro Giovanni Papini col suo Chiudiamo le scuole. Queste posizioni  meritano di essere meditate da chi la scuola la viva e l’abbia davvero a cuore, affinché lo stare a scuola diventi esente dai difetti riscontrati dai descolarizzatori e si consolidi sempre più come forma di resistenza ai suoi assalitori. È in gioco, occorre ribadirlo, la sorte delle discipline, di cui solo la scuola può essere garante come istituzione specialistica deputata alla tutela del sapere.

 

Per approfondire criticamente le posizioni dei descolarizzatori:

  • Biagio Scognamiglio (Messina 1943). Allievo di Salvatore Battaglia e Vittorio Russo. Già docente di Latino e Greco e Italiano e Latino nei Licei, poi Dirigente Superiore per i Servizi Ispettivi del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Ha pubblicato fra l’altro L’Ispettore. Problemi di cambiamento e verifica dell’attività educativa.

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