Stipendi docenti italiani: è vero che sono i più bassi d’Europa?

E’ vero che gli stipendi dei docenti italiani sono bassi rispetto a tutti quelli dei colleghi del resto d’Europa? A rispondere a questa domanda è il dossier della fondazione Agnelli, che mostra come realmente le retribuzioni dei docenti italiani sono inferiori alla maggioranza degli altri paesi europei. Nel grafico pubblicato è possibile notare come gli stipendi degli insegnanti in Italia siano bassi e poco dinamici nel tempo.

Stipendi docenti a confronto

Nei primi anni di professione la forbice a sfavore dei nostri docenti non è enorme rispetto a quella di altri Paesi europei, Germania a parte. Si parla di:

  • 25mila euro circa l’anno in Italia,
  • meno di 30mila in Francia, Portogallo e Finlandia
  • più di 30mila la Spagna
  • sopra i 50mila euro la Germania.

Ma col passare degli anni la forbice si accentua. Come spiega il dossier, le retribuzioni italiane sono poco dinamiche, perché legate completamente al meccanismo di anzianità, senza alcun meccanismo di carriera, che in altri paesi porta a massimi retributivi talvolta elevati.

Il monte ore lavorativo contrattualizzato degli insegnanti italiani

Il contratto dei docenti italiani quantifica solo le ore di lezione (per un professore delle superiori 18 alla settimana). A queste si aggiunge un forfait di altre 80 ore nel corso dell’anno lavorativo (altre 2 ore alla settimana) per attività di programmazione, aggiornamento, ricevimento dei genitori. E’ un caso praticamente unico in Europa.

La preparazione delle lezioni e altre attività non strettamente di lezione, ma decisive per l’efficacia dell’insegnamento, non sono incluse e quantificate nel contratto di lavoro, al contrario degli altri paesi. Tra scuola e casa, gli insegnanti italiani dichiarano di lavorare (dati Ocse Talis 2018, per la scuola secondaria di I grado) 26 ore alla settimana, contro una media europea di 33 ore.

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È vero che le retribuzioni degli insegnanti italiani sono più basse degli altri paesi europei?

Secondo quanto riportato nel dossier redatto dalla Fondazione Agnelli, le retribuzioni dei docenti italiani sono più basse della media europea ma con alcune precisazioni da fare:
Sì, le retribuzioni dei docenti italiani sono inferiori a quelle della maggioranza degli altri paesi europei. Vanotato, in particolare, che mentre nei primi anni di professione la forbice retributiva a sfavore dei nostridocenti non è enorme (25mila euro circa in Italia, con Francia, Portogallo e Finlandia comunque sotto i30mila euro, con la Germania, però, nettamente sopra i 50mila euro), la differenza nel corso degli annidi lavoro si accentua sensibilmente. Le retribuzioni dei docenti italiani sono infatti poco dinamiche, inquanto legate completamente al meccanismo di anzianità, senza alcuna progressione di carriera, che inaltri paesi porta chi sale di responsabilità a massimi retributivi talvolta molto elevati. Va, però, anchericordato che – caso praticamente unico in Europa – il contratto di lavoro dei docenti italiani quantifica inpratica solo le ore di lezione. Che, ad esempio, per un professore delle superiori sono 18 alla settimana:a queste si aggiunge un forfait di altre 80 ore nel corso dell’anno lavorativo (quindi circa altre 2 allasettimana) per attività di programmazione, aggiornamento, ricevimento dei genitori. La preparazionedelle lezioni e tante altre attività non strettamente di lezione, ma decisive per l’efficacia dell’insegnamento,non sono invece incluse nel contratto, al contrario di quasi tutti gli altri paesi. Tra scuola e casa, gliinsegnanti italiani dichiarano di lavorare (dati Ocse Talis 2018, relativi alla secondaria di I grado) 26 orealla settimana, contro una media europea di 33 ore.
Secondo Gavosto
“Gli insegnanti italiani – conclude Gavosto – vanno sicuramente incentivati con retribuzioni superiori epiù dinamiche, che li avvicinino ai loro colleghi europei, introducendo anche progressioni di carriera eresponsabilità. Anche i loro orari contrattuali, tuttavia, dovrebbero andare verso medie europee, pergarantire un tempo scuola più lungo e diffuso, didatticamente più ricco, con una qualità dell’insegnamentoelevata e sempre aggiornata, grazie a una formazione continua obbligatoria”.
Visualizza il dossier della Fondazione Agnelli completo

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