Recalcati: “Se sto in aula e vorrei essere altrove non sono un buon insegnante. I buoni maestri sono coloro che si offrono ai loro allievi nella loro fragilità”

Di redazione

“Chi sono i buoni maestri? Sono coloro che si offrono ai loro allievi nella loro fragilità, che sanno accendere il desiderio di sapere negli allievi che hanno davanti”.

Lo ha detto lo psicanalista Massimo Recalcati, nel corso di una lectio magistralis per l’inaugurazione dell’anno accademico 2022/2023 del Dipartimento di Musicologia e Beni culturali dell’ateneo di Pavia.

E ancora: “Se io sto in aula e vorrei essere altrove non sono un buon insegnante. Nell’ora in cui insegno sono tutto nell’ora. Ma anche nell’essere considerati idioti ci può essere un piccolo scarto che permette, accadde a Flaubert, di torcere il ritardo, la mancanza in genio, in qualcosa che crea, in una nuova luce”.

Recalcati spiega: “Sono stato bocciato in seconda elementare. Ero considerato un po’ lento e mi hanno mandato alle scuole differenziate. Nato prematuro, evidentemente avevo

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Massimo Recalcati: “Ci sono buoni maestri, ma se io sto in aula e vorrei essere altrove non sono un buon insegnante”

Lo psicanalista Massimo Recalcati torna a parlare di insegnanti e studenti, in una lectio magistralis per l’inaugurazione dell’anno accademico 2022/2023 del Dipartimento di Musicologia e Beni culturali dell’ateneo di Pavia.
Tra un aneddoto personale e un altro, Recalcati ha raccontato che è stato bocciato in seconda elementare perché considerato “lento”, a causa della nascita prematura, e mandato alle scuole differenziate. Lo psicanalista argomenta così la questione dei buoni maestri: “Chi sono i buoni maestri? Sono coloro che si offrono ai loro allievi nella loro fragilità, che sanno accendere il desiderio di sapere negli allievi che hanno davanti. Se io sto in aula e vorrei essere altrove non sono un buon insegnante. Nell’ora in cui insegno sono tutto nell’ora. Ma anche nell’essere considerati idioti ci può essere un piccolo scarto che permette, accadde a Flaubert, di torcere il ritardo, la mancanza in genio, in qualcosa che crea, in una nuova luce”.
E ancora racconta: “Al primo anno di università mi ritrovai a frequentare le lezioni di filosofia di Mario Dal Pra che invitava le matricole a non seguire il suo corso. Ne fui colpito, accolsi la sfida, io che venivo dell’istituto di floricoltura a Quarto Oggiaro e potevo seguire un solo giorno la settimana, perché poi lavoravo nelle serre di mio padre. Ma ciò che mi colpì fu non solo la capacità di Dal Pra di illuminare i testi difficili della filosofia di Hegel, ma anche di dire che in quel determinato passo non si capiva cosa il filosofo volesse dire. Il vero maestro è colui che sa formare i suoi studenti, sa dargli gli strumenti e ad un certo punto chiede loro di trovare una loro strada. E questo accade laddove chi insegna sa accendere il desiderio di sapere nei suoi allievi, sa fare luce con le sue parole, offrendo e porgendo parole che sanno costruire mondo, che aprono a mondi nuovi”.