Una tirata di orecchie
L’Invalsi fornirà indicatori di fragilità degli allievi. E vorrebbe fare anche di più!
In Italia col D.M. 170/2022, a firma dell’allora Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, sono state individuate 3198 scuole sul territorio nazionale quali destinatarie di un “intervento straordinario finalizzato alla riduzione dei divari territoriali nel I e II ciclo della scuola secondaria e alla lotta alla dispersione scolastica”. Le risorse necessarie per realizzare il progetto sono state ripartite fra le regioni “in attuazione della linea di investimento […] finanziata dall’Unione Europea”.
A un certo punto nel preambolo è nominato l’INVALSI:
“[…] CONSIDERATO che, al fine di ripartire le risorse tra le singole istituzioni scolastiche, è necessario individuare specifici e oggettivi indicatori disponibili, quali il tasso di fragilità degli apprendimenti, c.d. “dispersione implicita” (percentuale di studenti che in entrambe le materie, italiano e matematica, ha conseguito un risultato molto basso), calcolato dall’INVALSI, pari o superiore all’8% del totale degli studenti, in coerenza e nel rispetto di target e milestone del PNRR, in proporzione al numero di studentesse e studenti effettivamente frequentanti, come rilevati dall’anagrafe delle istituzioni scolastiche presso il Ministero dell’istruzione e sulla base dei dati forniti dalla Regione Valle d’Aosta e dalle Province autonome di Trento e Bolzano […].”
Nel dispositivo viene preso in considerazione il “tasso di fragilità degli apprendimenti”, ovvero la “percentuale di studenti che in entrambe la materie, italiano e matematica, ha conseguito un risultato molto basso”, secondo il calcolo dell’INVALSI.
Più avanti si impartiscono alle “istituzioni scolastiche beneficiarie” disposizioni fra le quali rientra la valorizzazione della “sinergia con le risorse territoriali sia istituzionali […] che del volontariato e del terzo settore, per migliorare l’inclusione e l’accesso al diritto allo studio a tutti, attraverso la progettazione e la realizzazione di opportunità di potenziamento delle competenze anche all’esterno della scuola, che dovranno essere valorizzate con una piena integrazione del percorso curricolare con le attività extracurricolari e con la valutazione degli apprendimenti.”
Il Presidente dell’INVALSI annuncia che l’istituto da lui presieduto “è parte attiva di questo piano e intende rafforzare la sua missione di supporto alle scuole”, fornendo “un indicatore della fragilità degli allievi” rispetto alle “soglie di inaccettabilità” non solo alle scuole destinatarie della riforma legata ai fondi del PNRR, ma anche a tutte le altre scuole.
Durante il seminario in rete organizzato dall’Osservatorio Economico e Sociale Riparte l’Italia e intitolato “La ripartenza della scuola, sfida da vincere per il futuro” il Presidente dell’INVALSI ha affermato fra l’altro:
“Ecco, dai dati Invalsi emerge che la quota di studenti che termina la scuola secondaria di secondo grado senza avere minimamente le competenze che ci aspettiamo dovrebbe avere dopo 13 anni di scuola, purtroppo è passata da circa il 7% del 2019, molto poco, ad oltre il 9,5% nel 2021.”
A parte il fatto che i dati INVALSI a dir poco sono discutibili, e a dir molto lo sono ancor di più, come ribadisce Emilio Ambrisi in un suo puntuale intervento, possiamo comunque osservare che, a prenderli per buoni, sorvolando su una certa approssimazione nei dati statistici forniti, se la percentuale di studenti privi di “competenze” si aggira intorno al dieci per cento, ciò significa che la quota di studenti in possesso di “competenze” è di circa il novanta per cento. Un aumento limitato a poco meno del dieci per cento nell’arco di due anni significa che la scuola in fondo funziona, in quanto riesce ancora ad arginare le minacce provenienti da una società ben lontana dall’essere una comunità educante e, nel riuscirci, si avvale dell’impegno di un corpo docente resistente alle intemperanze di ogni sedicente esperto dei problemi educativi.
Il Presidente dell’INVALSI, nel lamentare le carenze logiche di tanti ragazzi, adduce a mo’ di esempio questo quesito:
“I giocatori decidono di dare avvio alla partita dopo essersi assicurati di essere in 22. Qual è la successione temporale di queste azioni?” I ragazzi dovrebbero rispondere secondo logica che il “dopo” è l’azione precedente al “decidono”. Purtroppo dobbiamo osservare che il quesito è formulato male. Si sa infatti che l’avvio alla partita è deciso non dai giocatori, ma dall’arbitro. I ragazzi non possono non restare sconcertati di fronte a siffatto svarione, essendo chiamati ad esercitare le loro facoltà logiche sulla successione di azioni inesistenti. Purtroppo svarioni di questo e di altro genere sono presenti in tanti test somministrati in sede scolastica per valutare gli allievi, come anche in altre sedi ai fini della selezione del personale o per gli accessi universitari.
Dichiara fra l’altro il Presidente dell’INVALSI:
“A mio giudizio, e questo non emerge dai dati Invalsi, ma c’è molta letteratura in questo senso, una scuola che è consapevole del proprio ruolo ma in una società che è consapevole del ruolo della scuola riesce a fare tanto.”
È dunque lui stesso a riconoscere che dai dati INVALSI non emerge ciò che è davvero importante. Nonostante ciò, riferendosi al D.M. si cui sopra, illustra il seguente disegno:
“L’INVALSI è parte attiva di questo piano e intende rafforzare la sua missione di supporto alle scuole […] “Abbiamo inviato a tutte le 3198 scuole una mail in cui si spiegano le azioni promosse dall’Invalsi. Le scuole forniranno i codici SIDI dei loro studenti e come risposta avranno un indicatore di fragilità degli allievi. Una informazione che potrà essere usata insieme ad altre per individuare le fragilità.”
Quali azioni si è prefisso di promuovere l’INVALSI?
Fornire non solo a “tutte le 3198 scuole” di cui al citato D. M., ma anche “a tutte le altre”, un supporto di strumenti e materiali utili per definire gli indicatori di fragilità concernenti gli allievi. In ciò consisterebbe una vera e propria “missione” di tale istituto. Non si sa quale fondamento giuridico abbia siffatta pretesa che, ben lungi dal tradursi in proficuo ausilio, è destinata verosimilmente a risolversi in un’ingerenza foriera di turbamento e scompiglio nell’attività professionale degli operatori e dei fruitori del servizio scolastico, a partire dai docenti espropriati dei loro compiti valutativi e dai discenti umiliati nell’essere sottoposti a un’azione di schedatura.
Ancora una volta è proprio il Presidente dell’Invalsi a recitare un “sua culpa”:
“L’Invalsi, e qui mi tiro le orecchie da solo, deve essere chiaro, comunicativo, cerchiamo di sforzarci e dobbiamo fare ancora di più.”
Qualcuno potrebbe essergli grato per averlo esentato dal tirargli “le orecchie”. Ancor più grato potrebbe essergli, se volesse risparmiare alla scuola quel “fare ancora di più.”
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