Impostare laboratori di scrittura autobiografica in classe

ARTICOLO SCRITTO DA: BARBARA DRAGONI FORMATRICE SCUOLA OLTRE

 

Impostare laboratori di scrittura auto-biografica in classe

Una delle (poche) consegne che ho assegnato come compito per le vacanze estive ai miei studenti e studentesse di una classe prima di scuola secondaria di primo grado è stata quella di fotografare e raccogliere oggetti dei luoghi di svago o di villeggiatura ritenuti particolarmente significativi.

Sulla base dei meravigliosi spunti lanciati dal grande Bruno Munari nel libro Fantasia, la consegna prevedeva di cambiare uso o destinazione agli oggetti, inventandoci su delle storie immaginarie – copiando l’idea delle “forchette parlanti” – oppure arrivare ad allestire un museo di oggetti immaginari, con tanto di didascalie contenenti informazioni fantasiose, proprio come Munari aveva realizzato durante la sua vacanza a Panarea.

In realtà, oltre all’idea di stimolare immaginazione e creatività, la finalità di una simile consegna era da considerarsi propedeutica a un’attività più strutturata da mettere in pratica fin dalle prime settimane di lezione dell’anno scolastico successivo: la scrittura autobiografica.

Permettere ai bambini e ai ragazzi di fare esperienze di auto-narrazione può rivelarsi una pratica fondamentale per incoraggiare la consapevolezza di sé e la valorizzazione dei propri vissuti, con ricaduta positiva sia sull’autostima che sulla percezione del futuro: aspetti importantissimi per la dimensione formativa e orientativa propria della secondaria di primo grado.

Partire dagli oggetti raccolti in estate, quindi, può essere un modo per sperimentare un percorso di scrittura autobiografica che prenda avvio dalla tematica del ricordo.

Non è così facile raccontare di sé e condividere le proprie emozioni con gli altri; pertanto anche per i nostri studenti, parlare in modo competente delle proprie esperienze, può risultare complesso e poco gradito.

Non tutti desiderano compiere riflessioni introspettive e molti possono ritenere i loro vissuti poco stimolanti da esplicitare, specie dopo due anni di pandemia in cui i contatti relazionali e sociali sono stati di certo limitati. 

Partire da oggetti connessi a ricordi di momenti piacevoli come lo sono, in genere, le vacanze e le pause estive, permette di impostare un percorso di auto-narrazione in maniera più distesa e generalizzata, così che tutti – insegnanti compresi – siano incoraggiati a rievocare per scritto e a condividere esperienze di vita capaci di sollecitare il proprio coinvolgimento motivazionale e il proprio stato emotivo.

La lettura di albi illustrati incentrati sul tema del ricordo, vista la loro potenza impattante in merito a illustrazioni e a testualità concisa ma carica di senso, può rappresentare un ottimo supporto per fornire agli studenti idee e spunti di riflessione, oltre che negoziazioni di significati e discussioni più o meno guidate, sempre utili per il consolidamento di abilità fondamentali, quali l’ascolto dell’altro e l’accoglienza dei vari punti di vista.

Tra gli albi illustrati che possono esser letti in vista di un percorso di scrittura autobiografica con avvio dal tema del ricordo, rientrano sicuramente Il cassetto dei ricordi di Lorenza Farina-Lucia Ricciardi e Non ho dimenticato di Emma Giuliani, vista la loro veste grafica eccellente e originale (vi sono persino effetti tattili) e i pensieri espressi in modo suggestivo e altamente evocativo.

Per parlare e far parlare di ricordi, sono utili anche le attività di scrittura proposte in Scrivere di se stessi di Claudia Masia e Laboratorio dell’autobiografia di Patrizia Farrello e Ferruccio Bianchi, testi da tenere sempre a portata di mano, anche a laboratorio di scrittura avviato.

Vi sono, infatti, proposte molto stimolanti per ciò che riguarda la narrazione libera e spontanea di momenti legati al vissuto e alla riflessione sul sé, come la rievocazione di oggetti/giocattoli/cibi/odori/suoni legati al mondo passato o infantile, da sperimentare anche tramite sollecitazioni di tipo multisensoriale.

Importante, insomma, è il fatto che la scrittura di sé parta da input il più possibile coinvolgenti e allo stesso tempo rassicuranti, così che i nostri studenti si sentano incoraggiati a esplicitare quegli stati emozionali e quei vissuti che ritengano interessanti da esprimere e condividere. Perché solo se si scrive di sé in maniera graduale e senza pressioni emotive potranno ottenersi quelle importanti finalità di auto-consapevolezza, autostima, valorizzazione dei propri vissuti e delle proprie potenzialità e, in definitiva,  positiva percezione nei confronti della propria vita futura.

Non bisogna neppure insistere fin da subito su correttezza formale e sul livello ortografico-grammaticale-sintattico dei testi prodotti dai nostri studenti. Saranno passaggi successivi quelli dedicati alla revisione testuale e al lavoro sugli errori ricorrenti.

Impostare e strutturare un laboratorio di scrittura autobiografica di senso deve aiutare gli studenti a esprimersi con autenticità e motivazione, facendo percepire loro che l’errore verrà affrontato in secondo momento e che prioritaria sarà l’esercitazione pratica di per sé perfettibile.

Ed è importante per noi docenti non  focalizzare l’attenzione su correzioni e valutazioni immediate, perché il laboratorio può diventare uno strumento potentissimo per conoscere meglio i nostri studenti, provare a  comprenderli a fondo e ad accompagnarli nel loro processo di crescita personale nel modo migliore possibile.

Teniamo a mente le parole del grande Gianni Rodari: “a scuola si leggono i testi per giudicarli e classificarli, non per capirli. Il setaccio della ‘correttezza’ trattiene e valorizza i ciottoli, lasciando passare l’oro.”

E il laboratorio può esser visto come un setaccio in grado di trattenere quell’oro e anche di valorizzarlo come si deve.

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