Lo scopritore del concetto di media
Rivalutiamo gli esami di maturità fatti seriamente! Il caso di Oscar Chisini, scopritore del concetto di media.
Lo direste voi che la matematica deve qualcosa del suo sviluppo anche agli esami di maturità?
Appare decisamente paradossale che le sedute d’esame diventino occasioni per far crescere la matematica. Invece è proprio vero! È il caso di Oscar Chisini «scopritore del concetto di media» grazie alla sua partecipazione agli esami di “licenza” in un istituto tecnico. Scopritore ovviamente è parola grossa, perché il concetto di media esisteva, eccome! Solo che, come scrive Chisini: “Definire, come molti fanno seguendo Cauchy, «media fra più quantità date una nuova quantità compresa fra la più piccola e la più grande delle quantità considerate» non significa press’a poco nulla; e definire le singole specie di medie che si incontrano abitualmente (aritmetica, geometrica, armonica, ecc.) è opera bensì esatta, ma puramente formale ed antifilosofica, che può servire, e male, solo per un uso empirico”.
Sono queste, infatti, le frasi iniziali del famoso articolo Sul concetto di media che Chisini pubblica nelle pagine del Periodico di Matematiche, 2/1929. Un articolo che per essere pubblicato su una rivista di didattica sarebbe rimasto pressoché sconosciuto se non ci fosse stato chi, comprendendone il senso, gli avesse dato la dovuta importanza e tanto da definire Chisini «scopritore del concetto di media».
L’artefice principale di tutto questo fu Bruno de Finetti.
A lui si deve anche il racconto della genesi della «scoperta» avvenuta nel corso delle sedute di quegli esami di licenza tecnica della sessione del 1928. Un racconto che de Finetti ha ripetuto spesso, e più dettagliatamente, nell’articolo Distribuzioni statistiche scritto per la magnifica Enciclopedia Einaudi del 1978. Qui, scrive:
L’aneddoto, o la storia, di quegli esami merita di essere narrato, perché è istruttivo sotto molti punti di vista. Chisini, professore universitario, presta attenzione alle domande stereotipate sulle medie (media aritmetica, geometrica, armonica, ecc.); le trova stucchevoli, ma, anziché distrarsi, si appassiona a cercare se e quale sia il concetto sottostante a tante nozioncine staccate. Ci pensa non da «matematico puro», ma (merito ben maggiore!) da persona intelligente che è anche un matematico. E si chiede il perché; le medie: perché? Perché sono nate? Perché servono? […] Le definizioni che Chisini sentiva chiedere dagli esaminatori e declamare pappagallescamente dagli studenti – e che lo facevano giustamente inorridire – non erano che le singole ricette per calcolare varie medie. («Dati n numeri, la loro media aritmetica è la loro somma divisa per n; quella geometrica, la radice ennesima del loro prodotto; quella armonica, è n diviso per la somma dei reciproci; quella quadratica, la radice della media aritmetica dei quadrati» e via dicendo). Queste sono definizioni esatte (per il lettore che dovesse apprenderle andrebbero benissimo) ma esse sono puramente formali, non spiegano il perché, che è la cosa essenziale.Bruno de Finetti, Distribuzioni statistiche in Enciclopedia Einaudi,1978
Chiaro il riferimento di de Finetti alla didattica e all’importanza di spiegare il significato e il perché delle cose, atteso che gli studenti spesso sanno una cosa ma non sanno a che serve, come era stato messo in luce dai risultati della prima indagine IEA, alla quale in quegli anni Settanta, come presidente della Mathesis, aveva dato un contributo
Tornando alle medie, la ricerca di una media ha come scopo quello di semplificare una data questione sperimentale “sostituendo in essa a due o più quantità date, una quantità sola che valga a sintetizzarle, senza alterare la visione d’insieme del fenomeno considerato”. Deve però essere chiaro che non ha senso parlare di media di due (o più quantità), ma ha senso parlare della media di esse relativamente alla “valutazione sintetica di un’altra grandezza che ne dipende”.
Chisini traduce tale concetto nella seguente definizione:
Data una funzione f( x1, x2,…, xn ) di un certo numero, n, di variabili indipendenti, x1, x2,…,xn, rappresentanti grandezze omogenee, dicesi media delle x1, x2,…,xn , rispetto alla funzione f , quel numero M che, sostituito alle x1, x2,…,xn , dà il medesimo valore per la f che le x1, x2,…,xn stesse, cioè quel numero M tale che
f (M, M, …, M ) = f ( x1, x2,…, xn )
Una definizione che conferisce alle medie un’unitarietà e un fondamento matematico che prima non esisteva.
Detto con altre parole: se, di n grandezze omogenee x1, x2,…,xn interessa considerare la funzione f(x1, x2,…,xn) – simmetrica: tale cioè che non varia cambiando l’ordine delle variabili – e x è il valore per cui f(x, x, x,…x) (x ripetuto n volte) dà il medesimo valore – ossia se, agli effetti del calcolo della funzione f, tutto va come se le n variabili xi avessero tutte quel medesimo valore x – si esprimerà tale fatto dicendo che x è la media di x1, x2,…, xn agli effetti del calcolo di f.
Con tale definizione, annota de Finetti, oltre al valore concettuale e concreto, anziché formalistico e astratto, della definizione, risulta affascinante anche il carattere relativo, pratico, pragmatico, del concetto informatore, e affascinante è altresì la presenza del “come se”, che riecheggia la “filosofia dell’als ob di Vaihinger.
Un’ultima considerazione de Finetti suggella come raccomandazione didattica, quasi a prolungare l’atmosfera di quelle sedute d’esame della sessione del 1928, e cioè che “la molteplicità e peculiarità delle medie (ciascuna a suo modo, a seconda del fine) è cosa da ricordare sempre per evitare conclusioni semplicistiche ed erronee”.
A renderla maggiormente chiara fornisce lo stesso esempio di “natura pratica” da cui Chisini ha preso le mosse per il suo articolo:
“Un’automobile noleggiata, fornita di contachilometri, percorre 225km; i primi 120 alla velocità di 60 km per ora, e gli altri 105 alla velocità di 105 km per ora. Qual è la sua velocità media? Qui ciascun lettore penserà che avendo l’automobile impiegato tre ore a percorrere 225 km, la sua velocità media è data da 225:3 = 75 km per ora. Cioè ciascuno considera come dimostrato che la media di due velocità v1 e v2, esplicantisi per gli spazi s1 e s2, è data, in generale, da:
(1)
Cioè dalla cosiddetta media armonica ponderata ( coi pesi s1 e s2).
Supponiamo ora che il noleggiatore dell’automobile si interessi del consumo della benzina. Egli troverà che il consumo fatto per i 225 km non è stato quello che si sarebbe avuto se l’automobile avesse marciato a 75 km per ora, ma quello corrispondente alla velocità di 80 km per ora.
Appare da quanto abbiamo detto che la formula (1) è vera quando si voglia la velocità media con riguardo al consumo del tempo, mentre, quando si abbia riguardo al consumo della benzina, la velocità media risulterebbe*:
Venendo data quindi da una specie di media quadrata ponderata. E se al viaggiatore interessa il consumo di tempo, al proprietario interessa il consumo della benzina, e ciascuno quindi ha ragione di tenere alla propria media”.
Nota
- Ammettiamo, che il consumo c, a partià di percorso, sia espresso dalla formula c=a+b(v-60)2 dove a e b indicano coefficienti costanti, avendo l’automobile considerata un minimo di consumo per la velocità di 60 chilometri per ora; e qui non ci interessa affatto sapere fino a qual punto tale formula empirica corrisponda alla realtà sperimentale.
Altri riferimenti
Bruno de Finetti, Sul concetto di media , 1931