Il metodo della scoperta applicato al mondo delle api
ARTICOLO SCRITTO DA: MONICA COLLI FORMATRICE SCUOLA OLTRE
IL METODO DELLA SCOPERTA APPLICATO AL MONDO DELLE API
Lavorare con la creatività significa mettere in campo idee e ipotesi che non vanno subito confutate, ma considerate tutte con grande attenzione e apertura mentale. È necessario, infatti, favorire quello che tecnicamente è definito flow (flusso), ossia la generazione spontanea di idee tipica del brainstorming. Nei processi creativi tutto deve essere accolto: nulla è da scartare a priori o da giudicare come errore. Bloccare o limitare il flusso di idee corrisponde a impedire la formulazione di ulteriori ipotesi che potrebbero indirettamente condurre alla soluzione. Il cosiddetto “errore” fa, infatti, parte delle fasi di ricerca e sviluppo di qualunque processo, incluso quello creativo. Come diceva Rodari: “sbagliando si inventa!”; non solo dunque si apprende, ma si possono persino generare nuove idee.
A questo proposito è interessante notare come, in quasi tutti i laboratori svolti durante la fase di sperimentazione del progetto “To bee or not to bee. Costruire comunità dall’io al noi”, sia ricorso un errore quanto mai emblematico. Molti bambini hanno usato la parola “albeare”, anziché alveare. Questo dopo aver visto l’immagine del favo attaccata al ramo di un albero, associando molto probabilmente le due parole in maniera spontanea e del tutto logica per loro. Indagare gli errori, così come giocare con le parole, utilizzare lo strumento della rima, sono occasioni di creatività e metodi preziosi da integrare nella didattica.
What is it?, realizzato nel 2021 per l’Agenda Educazione dell’UBI, è un libro illustrato fortemente interattivo attraverso cui i docenti partecipanti, proprio come avviene nelle classi della scuola primaria con bambini e bambine, si cimentano nel processo creativo tramite il metodo della scoperta.
Ideale per la fruizione di questo strumento è un tipo di lettura collettiva, in cui l’insegnante sollecita la classe a una partecipazione attiva. Ogni ipotesi formulata dai bambini avrà valore e sarà degna di approfondimenti (possibilmente trovando agganci con il curricolo) e condurrà l’intera classe all’interno di un processo graduale di scoperta e apprendimento, in cui saranno messe a frutto diverse competenze trasversali: l’osservazione, l’analisi, lo spirito critico, la produzione di significato.
Un esempio concreto di utilizzo del libro è quello di invitare i bambini a riflettere sui dettagli, subito dopo la lettura. Si potrebbe partire chiedendo loro “cos’è un dettaglio?” (conoscenza non scontata, soprattutto nelle classi prime e seconde) e coinvolgere l’intera classe in un gioco.
Dal dettaglio all’insieme!
Di solito, nelle classi quarte e quinte, il passaggio successivo del laboratorio consiste nell’invitare gli alunni/e a disegnare un dettaglio e a dare un titolo all’opera creata. Dovrà trattarsi di un titolo allusivo, una didascalia che i bambini potranno scrivere proprio come per un quadro. Ciò rappresenterà una sorta di indovinello da sottoporre ai compagni, i quali saranno chiamati a scoprire il soggetto dell’opera attraverso una stimolazione cognitiva.
Per dare esempi concreti, in uno dei laboratori svolti, un bambino ha disegnato una pelliccia arancione, intitolando il suo disegno “L’astuzia”: il dettaglio apparteneva a una volpe!
Un altro bambino ha realizzato una superficie rossa con puntini neri, dandole il titolo di “Fortuna”: si trattava di una coccinella.
Un altro ancora ha disegnato una superficie di cellette esagonali color oro, intitolando il proprio quadro “Il calore”. A cosa vi fa pensare? Proprio a una candela!
Dall’esperienza visiva a quella tattile
Si potrebbe associare questa attività laboratoriale anche a un’esperienza tattile, così da arricchirla per quanto riguarda l’aspetto sensoriale. Andranno preparate delle superfici con materiali facilmente reperibili in merceria (stoffe ruvide, morbide, paillettes, stampe animali, ecc.) da incollare su una tela o un cartone rigido, creando dei pattern a rilievo che i bambini potranno toccare formulando ulteriori ipotesi (è la pelle di un coccodrillo, la pelliccia di un orso, il dorso di una tartaruga, sono le cellette di un alveare, le scaglie di un pesce, la pelle del drago? ecc…). Anche l’esperienza sensoriale, in questo caso quella tattile, è fonte di scoperta e apprendimento ed è in grado di generare un’attenzione costante nel bambino.
La meraviglia e il processo creativo come possibile cura per limitare l’iper-digitalizzazione dei bambini
Tornando al metodo della scoperta, è quasi scontato che si tratti di una sfida, ma è bene esplicitarlo e tenerlo a mente durante l’intero percorso. I bambini sono generalmente immersi in un contesto che li porta in tutt’altra direzione. La meraviglia, il processo creativo, l’apprendimento attraverso i sensi sono fortemente penalizzati in un mondo iper-digitale, che propone modelli di consumo sempre più rapidi e passivi. È perciò fondamentale instaurare pratiche lente, che prevedano il tempo delle ipotesi e favoriscano la capacità di meravigliarsi e di scoprire la bellezza, soprattutto del mondo naturale, spesso sconosciuto ai bambini. La mediazione di un adulto, in questo caso, è fondamentale per accompagnarli in un processo che necessita di un’attivazione lenta, tutto l’opposto del “fast food” a cui sono abitualmente sottoposti.
Accogliere l’ignoto come fonte di possibilità infinite
Riguardo la metodologia della scoperta, un aspetto positivo da evidenziare è il coinvolgimento collettivo della classe, sollecitata a immaginare e riflettere insieme, senza dare mai nulla per scontato. Se è vero che per alcuni questo metodo potrebbe risultare inizialmente disorientante, non va tuttavia dimenticato che è possibile utilizzare proprio questo tipo di smarrimento come una possibilità, invitando i bambini a formulare ipotesi liberamente, senza timore di sbagliare e attivando discussioni di gruppo. Questo aspetto lo si coglie bene nel laboratorio legato a “What is it?”, dove il non svelare immediatamente se le risposte date in risposta agli indovinelli siano corrette, contribuisce a tenere alto il livello di attenzione e la capacità immaginativa di tutti.
In generale, offrire contenuti alla propria classe attraverso il metodo della scoperta può rivelarsi uno strumento valido ed efficace per catturare l’attenzione anche dei bambini solitamente meno partecipi. È un ottimo allenamento anche per il docente, chiamato a rinnovarsi e a mettersi in discussione di volta in volta.
Stimolare il bambino alla scoperta, colpire il suo immaginario, dà inoltre la possibilità di liberarlo dalle proprie angosce e preoccupazioni. Il processo immaginativo crea un vero e proprio avamposto contro l’ansia, aiutandolo ad aprirsi alle possibilità. Non è un dato di poco conto, se si pensa al difficile contesto in cui i bambini sono stati e sono tuttora immersi.
Tutto ciò si accompagna a quel tipo di “nutrimento emotivo”, di cui si parla nell’ambito dell’Epigenetica, ossia quell’insieme di condizioni e risorse benefiche fornite attraverso un setting accogliente e non giudicante, tipico della warm cognition e ideale nei processi di apprendimento.
Ma non può esistere un ambiente davvero “caldo” senza la capacità da parte del docente di mettersi in gioco, eliminando ogni giudizio e favorendo la libera espressione di ciascun bambino/a. Ciò avviene attraverso l’osservazione, specie se attivata in altri contesti, che induce a formulare ipotesi, proprio come nell’albo “What is it?”.
Il metodo della scoperta dovrebbe essere alla base di ogni processo di apprendimento, facendo propria la celebre frase di Munari: “Uno strumento per volta, un materiale alla volta”, e riprendendo la poesia di Jo Evans cercando di andare in profondità laddove gli altri non hanno approfondito, così da creare piccoli esploratori riflessivi, aperti allo scambio e a condividere saperi interiorizzati e acquisiti attivamente.
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