Orazione contro un Ministero

E tu, Ministero, che fai? Sei ancora tu a governare la scuola? Cos’è il merito? Orazione contro un Ministero che sceglie di chiamarsi solo MIM.

Fino a quando, Ministero, abuserai della nostra pazienza? Non sei ancora pago di avere reiteratamente mutato la tua denominazione? Fosti un dì Ministero della Cultura Popolare detto con acronimo invero sconcio MINCULPOP. Ti paludasti in regime democratico con l’abito di Ministero della Pubblica Istruzione, ovvero MPI, per disvestirti poscia dell’aggettivo Pubblica e fregiarti del titolo di Ministero dell’Istruzione, dell’Università e  della Ricerca, ovvero MIUR, né ciò ebbe a saziare la tua pervicace volubilità onomastica, dal momento in cui ti disfacesti di Università e Ricerca e divenisti Ministero dell’Istruzione, ovvero MI … O proteiforme istituzione! Signori che mi udite, ditemi: non doveva forse restare con ciò soddisfatto il suo vorace, insaziato, bulimico appetito di mutamento? No, Signori, no! Niente affatto! Ecco l’ennesima metamorfosi. Ammiriamola estatici. Siamo innanzi alla facciata governativa del MIM. Ministero dell’Istruzione e del Merito. Merito inserito di soppiatto. Merito balzato fuori come un coniglio dal cilindro del prestidigitatore o prestigiatore che dir si voglia.

Ma cos’è il merito?

È il fatto di meritare, spiega in lapalissiana guisa un dizionario. Il suo opposto è il demerito. Il demerito va punito. Il merito va premiato. E pensare che Leopardi nello Zibaldone lega il merito anche alla fortuna! Molto su questa asserzione ci sarebbe da argomentare. Altro però per ora è il nostro intento. Tradizionalmente nel campo dell’istruzione sono premi o punizioni i giudizi formulati e i voti assegnati dai docenti in ragione delle gradazioni di ingegno e impegno degli studenti. Orbene, non v’è chi non veda come proprio i docenti siano i legittimi titolari di questa prassi, mentre c’è chi manovra per espropriarli di essa al pari della goccia che corrode la pietra fino a perforarla. Questa la minaccia incombente sulla scuola. Ai suoi tanto decantati quanto problematici “indicatori di fragilità” l’INVALSI potrebbe malauguratamente affiancare i suoi “indicatori di merito”, magari d’intesa con la Fondazione Agnelli.

E tu, Ministero, che fai? Sei ancora tu, Ministero, a governare la scuola? Mistero!

Al pari di un ferro arroventato intanto ferve, si accalora, diviene incandescente la polemica sull’argomento, nella quale avrebbe dovuto essere primariamente coinvolta la scuola militante, tenuta invece a livello politico  in disparte  come minus habens. E pensare che in origine il requisito del  merito riguardava proprio le cariche pubbliche, da affidarsi ai più capaci e meritevoli per instaurare una sana meritocrazia! Ora c’è chi assegna al riconoscimento del merito scolastico un valore  propulsivo per la società, ma c’è anche chi non a torto paventa che venga scolasticamente a generarsi un clima agonistico avverso alle ragioni dell’essere solidali. Ne deriva un cacofonico bailamme che rischierebbe di ottundere del tutto l’udito …

Eppure in questo assordante frastuono  non  sembra, o Signori,  di udire delle voci lontane, che diventano man mano più vicine e vive?

Sono le voci dei Padri Costituenti. Sono stati loro a scrivere il secondo e terzo comma dell’articolo 34 della Costituzione della Repubblica Italiana così formulandoli: “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.” Splendido articolo il 34, indissolubilmente connesso col secondo comma dell’altrettanto luminescente articolo 3, ove leggesi: “E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”

Le odi tu, Ministero, queste voci? La vedi tu questa luce di civiltà?

Non dire che sono voci lontane. Se non le odi, hai difettoso l’udito. Non dire che la luce non filtra. Se non la vedi, offuscato è il tuo sguardo.

Fervidi e intensi furono i lavori preparatori della Costituzione della Repubblica Italiana. In partenza l’articolo dedicato all’istruzione era così formulato: “L’istruzione è un bene sociale. È dovere dello Stato di organizzare l’istruzione di qualsiasi grado, in modo che tutti i capaci possano usufruire di essa. L’insegnamento elementare gratuito è obbligatorio per tutti. La frequenza delle scuole di gradi superiori è permessa ai soli capaci. All’istruzione dei ragazzi poveri, che per capacità possono frequentare le scuole di gradi superiori, lo Stato provvede con aiuti materiali.” Al requisito della capacità successivamente si aggiunse quello del merito. Conseguentemente si discusse sul significato da attribuire alle parole attitudine e profitto. Attitudine legata alla capacità e profitto legato al merito, senza mortificare peraltro la funzione sociale della solidarietà. Lavori preparatori, dunque, quelli della Costituzione, come miniera di idee da rendere oggetto di attenta e sana riflessione, fino a comprendere quanto sia deleterio contrapporre merito e solidarietà, da coniugare invece in  un felice connubio.

E in merito al merito balzò in primo piano il problema dell’accertamento.

Vi fu chi con lungimiranza osservò: “Domani un Ministro, o un direttore generale della pubblica istruzione, può emanare un regolamento in cui si dica: ai sensi dello Statuto l’accertamento della capacità deve essere fatto in questo modo. Sarebbe un’arma pericolosissima nelle mani della burocrazia e degli uomini politici.” Tuttavia si convenne che ogni pianificazione avrebbe dovuto essere effettuata in base all’intervento governativo: “Tutto questo non si può fare fidando nella iniziativa di alcuni organismi od enti privati o comunali o regionali; ci vuole un diretto intervento del Governo, un piano stabilito e perseguito dal Governo attraverso i suoi organi centrali e periferici.”

Impossibile qui rendere appieno l’idea della ricchezza delle discussioni  attraverso le quali si giunse all’attuale formulazione dell’articolo 34, che si volle chiaro e comprensibile per i cittadini. È il caso però di soffermarci su un altro nodo da sciogliere: quello del rapporto fra libertà d’insegnamento e accertamento del merito. Bisognava evitare che andassero avanti “quelli che non rivelano capacità, né amore per gli studi alti e severi.” Di qui la necessità di una selezione correttamente intesa: “Selezionare non è costituire la folla dei reietti e degli umiliati; è disperdere la folla degli spostati, che si va facendo sempre più paurosa. D’altra parte si sente la necessità di fare avanzare verso i gradi superiori della cultura quelli che ne sono stati esclusi non per difetto d’ingegno, ma per difficoltà economiche finora insuperabili.” Basti osservare la stretta connessione allora riconosciuta fra  libertà d’insegnamento e accertamento del merito, dal che ancor oggi discende che compete alla specifica professionalità dei docenti valutare profitto, comportamento, capacità e attitudini degli studenti.

Udite ora, Signori, come la perorazione conclusiva di questa orazione interpelli la responsabilità ministeriale.

O Ministero, non porgere le orecchie a un Luca Ricolfi che sponsorizza con capziose argomentazioni un merito orientato al mercato! Ascolta piuttosto Eraldo Affinati, che ammonisce a non esaltare il merito a scapito della solidarietà. Ascolta Mauro Boarelli per la sua presa di posizione contro il merito come ideologia. Ascolta Michael J. Sandel per la sua denuncia della tirannia del merito. Ascolta Paolo Sylos Labini allorché, nel ricordare l’allarme per l’avvento della meritocrazia lanciato da Michael Young, riconosce la subdola “operazione cosmetica” con cui hai  cercato di mascherare uno strisciante andazzo meritocratico in senso deteriore. Ascolta Martha Nussbaum che prende posizione contro il totem del profitto. Ministero, pentiti e convertiti! A chi cerca di turlupinarci, asserendo che il merito non prelude a una sprezzante meritocrazia, controbatti col proclamare che della meritocrazia autoritaria il merito aziendalisticamente inteso è il cavallo di Troia. E se proprio persisti nel voler cambiare sulla tua carta di identità ancora una volta il nome, risolviti a chiamarti Ministero dell’Istruzione, del Merito e dell’Inclusione.

  • Biagio Scognamiglio

    Biagio Scognamiglio (Messina 1943). Allievo di Salvatore Battaglia e Vittorio Russo. Già docente di Latino e Greco e Italiano e Latino nei Licei, poi Dirigente Superiore per i Servizi Ispettivi del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Ha pubblicato fra l’altro L’Ispettore. Problemi di cambiamento e verifica dell’attività educativa.

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