Gli encomi del merito nella stampa quotidiana

Gli encomi del merito nella stampa quotidiana con la politica tesa più a valorizzare le eccellenze che a ridurre le disuguaglianze.

Leggiamo su roars:

“Per qualche ragione che meriterebbe un’indagine più approfondita, nei maggiori quotidiani italiani il dibattito pubblico sull’istruzione è da tempo affidato a presunti esperti che si mostrano sistematicamente persone disinformate dei fatti e delle statistiche internazionali.”
Cerchiamo di stabilire se tale rilievo risponda al vero.

Prendiamo in esame qualche quotidiano.

Su “Il Mattino” del 18.11.2022 La scuola cambi rotta, ora un patto per salvarla è il titolo di  un’intervista di Umberto Mancini a Gianfelice Rocca, Presidente della Fondazione Rocca, presentato come uno “tra i massimi esperti delle problematiche della scuola e della formazione”. Elogio  francamente iperbolico rispetto al calibro di insigni studiosi delle questioni educative in campo internazionale. Notiamo fin d’ora come un’apparente oggettività nasconda una sottostante ideologia.

Il Presidente ama la metafora della navigazione.

Con tale metafora esordisce, per riprenderla più volte in corso d’intervista. Presenta con piglio retorico la scuola come un transatlantico al quale “far cambiare rotta rapidamente” in nome della competitività rispetto ad altri “percorsi formativi” nel mondo globalizzato. E dà i numeri, basandosi sul rapporto “Scuola, numeri da cambiare” realizzato dalla sua Fondazione con l’associazione TreLLLe e presentato alla presenza  del Ministro dell’Istruzione e del Merito in concomitanza con le presenze del  leader di Confindustria, del Direttore della Fondazione Agnelli, del Presidente della Fondazione Compagnia di San Paolo. Rapporto che si può vedere smontato con dati desunti dall’OCSE  su questo  sito: roars.it/treellle-una-lobby. La presenza del Ministro fa supporre che  “merito” sia stato incorporato nominalmente in “istruzione” in ossequio al clima economistico imperante.

Il Presidente, definito dall’intervistatore “imprenditore” e “industriale”, critica tout court la lezione frontale e in genere i “metodi di insegnamento spesso non adeguati”.

Elogia fra i tanti indirizzi di studio i soli Istituti Tecnici Superiori per i loro “tassi di efficienza” come “ponte tra scuola e lavoro”. Vuole che per rimediare alla crisi sociale si valorizzino presidi  e  docenti, da valutare in base al merito al pari degli studenti. Sostiene che i presidi da burocrati debbano diventare “animatori” e i docenti debbano  essere impiegati al centro di  “un management nuovo per le scuole”. Quanto alle risorse da impiegare per la scuola, da una parte afferma che comparativamente sarebbero più che sufficienti, dall’altra che in Italia “il Sud è più in ritardo rispetto al Nord”. Vuole che in economia l’Italia e l’Europa si difendano  “dalla polarizzazione spinta Usa-Asia”. Per “cambiare la rotta” occorrono a suo avviso Fondazioni che forniscano il loro apporto e supporto:

“Le Fondazioni presenti oggi mettono a disposizione dati per guidare le decisioni future.”

Come scrive Giovanni Carosotti sul sito roars in La Fondazione Agnelli e la “formazione” concepita per distruggere, richiamandosi al Mauro Boarelli del volume Contro l’ideologia del Merito, la scuola italiana viene considerata territorio di conquista da “(pseudo)esperti i quali, sulla base di una presunta capacità di analisi statistico-sociologica, sarebbero in grado di formulare giudizi su un  settore il cui fine è la trasmissione di cultura, in modo più pertinente di coloro che sono direttamente coinvolti in questa attività, primi fra tutti gli insegnanti”.

In relazione al “merito” comincia intanto a ricorrere sui quotidiani, desunto dal lessico delle Fondazioni, il termine “talento”.

Termine  derivato dal greco τάλαντον e dal latino talentum, sostantivi che indicano una moneta, diventata poi per i cristiani simbolo di un dono divino. In italiano per talento si può intendere desiderio, inclinazione, ingegno. Chi ha talento può accedere al merito. Bisogna però guidarlo a impegnarsi per conseguire la meta indicata dagli economisti. Così il talento recupera il  legame insito nella sua etimologia con il lucro.

Su “la Repubblica” del 18.11.2022 leggiamo infatti  Come coltivare il merito di Tito Boeri e Roberto Perotti, ambedue economisti bocconiani.

Per loro si tratta di mettere tutti in grado di sviluppare i propri talenti da eque posizioni di partenza, dopo di che saranno da  premiare i risultati di chi tali talenti abbia saputo meglio applicarli.

Il loro discorso si articola in tre punti.

Il primo punto concerne il problema dell’origine del talento.

Questo può essere una dotazione innata, ma non può mai prescindere dal contesto ambientale in cui svilupparsi e applicarsi. Chi deve aiutare a far sviluppare il talento? L’aiuto compete al “singolo insegnante”, che all’uopo deve poter essere valutato egli stesso “non con intenti punitivi, ma per assicurare a tutti gli studenti conoscenze di base adeguate, e per motivarli”.

Il secondo punto concerne gli incentivi allo sviluppo dei talenti.

Su ciò l’università, pur garantendo l’ampliamento delle possibilità di accesso, “non deve essere egualitaria”. L’egualitarismo riguarderebbe solo i precedenti gradi degli studi.

Il terzo punto concerne il problema di premiare i talenti sviluppati per i positivi risultati conseguiti.

In proposito viene criticato Michael Sandel, filosofo di Harvard, per la sua concezione della meritocrazia in The Tyranny of Merit, concezione secondo la quale “la sola idea di individuare e sviluppare i talenti e premiarne i risultati è una manifestazione dell’arroganza dei forti dettata dalla volontà di umiliare i deboli”. Vengono anche criticati “i tanti che sono lasciati infatuare da Sandel”, come se invece avessero dovuto infatuarsi per le concezioni meritocratiche bocconiane, secondo le quali chi critica la meritocrazia aderirebbe a “una visione pauperista”, ossia a una “ricetta per un mondo popolato da persone uniformemente infelici, costrette a vivere senza sogni e senza aspirazioni”.

In realtà Michael Sandel osserva con realismo che la meritocrazia resta umiliante perché nelle società competitive continua a non essere garantita l’uguaglianza delle opportunità.

D’altro canto i due economisti riconoscono che successi e insuccessi dipendono spesso da circostanze accidentali, ovvero dalla “fortuna”. Perciò per loro i risultati devono essere premiati, ma bisogna evitarne “l’esaltazione esclusiva”, dovendo essere riconosciuto socialmente anche “l’impegno”. E a questo punto essi ammettono di non avere alcuna soluzione per tale problema, rivendicando però il merito di averlo proposto.

In definitiva, non viene data alcuna risposta alla questione posta nel titolo. Né per la definizione di merito, né per come valutarlo. Se gli autori avessero detto prima che non avevano soluzioni, ci avrebbero evitato di perdere tempo a leggerli.

Quanti enti, quanti dati e quanti discorsi inconcludenti!

Su “Il Mattino” del 21.11.2022 ritroviamo un esempio a supporto del sopra citato Rapporto in un articolo di Daniela Spadaro dedicato all’ISIS “Europa” di Pomigliano d’Arco.

Occhiello: “L’istruzione”.  Titolo: “Scuola social e inclusiva – ecco l’istituto modello”. Sottotitolo o sommario: “All’Europa di Pomigliano d’Arco assegnato il premio della Fondazione Rocca – La dispersione scolastica ridotta al 3 % – crescita del 50 % per gli iscritti all’Università”, per non dire poi che più del 90 % degli studenti entro il primo anno dal conseguimento del diploma troverebbe occupazione.

Non a caso il dirigente scolastico Rosanna Genni vede nella sua scuola un “vivaio di talenti imprenditoriali”. D’altronde, secondo la Fondazione ogni Istituto tecnico, si legge nell’articolo, è una “isola virtuosa con didattiche innovative e una forte impronta laboratoriale”, mentre tutto il resto “si potrebbe definire un drammatico quadro di stagnante immobilismo”. Certamente l’ISIS “Europa” di Pomigliano d’Arco, grazie a preside, docenti, studenti, personale  amministrativo, tecnico e ausiliario, genitori, è una scuola di pregio, come del resto ce ne sono tante altre non altrettanto lodate: peccato che venga usata come esempio per esaltare un indirizzo orientato al mero profitto e pervicace nel voler screditare tutto ciò che non rientra nel suo progetto, come se le condizioni dell’economia dipendessero più dalla formazione degli studenti che dall’azione politica dei  detentori del potere, di un potere che, a quanto sembra, vagheggia una scuola che fornisca forza lavoro all’industria a preferenza di una scuola che formi in modo più completo le persone.

Si spendono insulse chiacchiere sul merito e si eludono in sostanza i termini più semplici e immediati del problema: che cos’è il merito, chi lo valuta, come lo si valuta. Si riconosce che compete ai docenti definirlo e  valutarlo e stabilirne i criteri, nel momento stesso in cui si criticano i metodi d’insegnamento.

Nel contempo la distruzione dell’istruzione va avanti.

Gli studenti scendono  in piazza per l’abolizione della buona (anzi cattiva, anzi pessima) scuola e dell’alternanza scuola-(morti sul)lavoro. Dal canto loro presidi e docenti, invece di scendere  in piazza anch’essi,  restano inerti. Viviamo insomma in una situazione retrograda. Si propongono come se fosse la prima volta  problemi da tempo oggetto di attenzione e in corso di soluzione all’interno della scuola militante, senza che si manifesti in modo concreto un’autentica volontà di venire incontro alle reali esigenze. Ormai tutto viene delegato ad agenzie esterne, ciascuna delle quali produce rapporti sull’istruzione difformi e contraddetti dalle ricerche internazionali, deprivati di  ogni validità e  interesse  a livello scientifico.

Siamo ridotti addirittura ad attenderci costernati che ai suoi intrusivi “indicatori di fragilità” l’Invalsi affianchi altrettanto intrusivi “indicatori di merito”, per  completare la sua invasione del  campo scolastico, non si  sa se tollerata o incoraggiata o addirittura promossa dal competente Ministero, ormai sbilanciato verso la cosiddetta valorizzazione delle eccellenze piuttosto che verso la riduzione delle disuguaglianze, come si desume dall’apposito sito: miur.gov.it/eccellenze

Intanto sui tanti aspetti di disagio la stampa quotidiana, orientata ad enfatizzare  ideologicamente anch’essa i meriti del merito, disinvoltamente sorvola.

  • Biagio Scognamiglio

    Biagio Scognamiglio (Messina 1943). Allievo di Salvatore Battaglia e Vittorio Russo. Già docente di Latino e Greco e Italiano e Latino nei Licei, poi Dirigente Superiore per i Servizi Ispettivi del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Ha pubblicato fra l’altro L’Ispettore. Problemi di cambiamento e verifica dell’attività educativa.

Related Articles