Docenti offesi sui social o nelle chat genitori: che fare?

I social network stanno diventando, purtroppo, anche un mezzo per offendere i docenti e il loro operato professionale. Per non parlare delle chat dei genitori dove, troppo spesso, si leggono messaggi offensivi rivolti agli insegnanti: purtroppo, invece di pensare a costruire un dialogo costruttivo tra il docente e le famiglie, risulta più comodo e facile ridicolizzare e sminuire il lavoro svolto in classe dagli insegnanti. Che fare, dunque, qualora un docente venga offeso sui social network oppure nelle chat dei genitori? Quali azioni si possono intraprendere?

Docenti offesi nelle chat genitori oppure sui social: quali azioni si possono intraprendere?

Un aspetto fondamentale che non si deve mai dimenticare è che l’insegnante è un pubblico ufficiale e che, come tale, all’offesa consegue l’oltraggio. A giudicare da quanto si legge talvolta sui social o nelle chat genitori, non tutti sono consapevoli di questo aspetto.
Le chat di Whatsapp dei genitori, spesso, sono piene di pettegolezzi e di disinformazione in merito a ciò che avviene in classe. Talvolta gli studenti riferiscono ai propri genitori delle notizie che non corrispondono alla realtà e tutto ciò finisce per alimentare pettegolezzi o, addirittura, si passa alle offese vere e proprie. Quali azioni possono essere intraprese dai docenti in questi casi?

Laura Razzano di ‘Italia Oggi’ ha risposto ad un’insegnante di scuola primaria che sarebbe stata offesa nella chat dei genitori e su Facebook. Nella replica pubblicata dal quotidiano economico, viene sottolineato come il diritto di critica possa essere esercitato da chiunque manifestando il proprio pensiero: d’altro canto, la Costituzione mette sullo stesso piano il diritto all’onore e alla reputazione dell’insegnante. Le offese contenute nella chat di un gruppo Whatsapp configurano il delitto di diffamazione. Italia Oggi sottolinea il fatto che i messaggi sui media integrano l’ipotesi di diffamazione aggravata.

Una soluzione potrebbe essere, inizialmente, quella di tentare di appianare eventuali contrasti tramite il rappresentante dei genitori. Qualora non sia possibile risolvere le divergenze, il consiglio è quello di inoltrare una diffida: se la situazione non si dovesse ancora risolvere, il docente può adire le vie legali.

‘La querela – afferma Laura Razzano – va sporta entro il termine massimo di tre mesi dalla conoscenza del fatto, cioè dal giorno in cui la docente è venuta a conoscenza della diffamazione perpetrata nei suoi confronti, pena la non perseguibilità degli offensori’. Una volta avviato il procedimento, il docente potrà costituirsi parte civile nel processo penale e chiedere il risarcimento dei danni subiti. Per evitare situazioni spiacevoli, molte scuole hanno bandito le chat dei genitori. 

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