Merito degli insegnanti: le remunerazioni differenziate non renderebbero la scuola migliore
Intervengo in merito al dibattito (non nuovo) sul cosiddetto merito degli insegnanti e sulle sue possibili implicazioni nella remunerazione economica. Ho trascorso 58 dei miei 65 anni a scuola, laureatami a 22 anni in Filosofia, poi passata, concorso dopo concorso, nei ruoli dell’insegnamento dalla scuola primaria alla secondaria di primo grado ai licei. Ho insegnato per convinzione e per amore, attratta già da bambina, grazie a guide speciali, dalla bellezza dell’apprendere e della relazione educativa. Nella mente ho ben impresse figure che si collocano in varie fasi della vita: ancora tra i banchi, da alunna, o a scuola da docente. Con certezza, non hanno rilievo insegnanti poco presenti in classe (“poco”: nel senso letterale di “per poco tempo”), o perché presi da interessi/attività esterni alla scuola, o anche perché sottratti alla doverosa presenza tra gli alunni, nelle ore ufficialmente di lezione, tra un’incombenza e l’altra legata ad attività
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