Il crepuscolo del Liceo Classico
Abbiamo appreso, da una nota diffusa dal Ministero dell’Istruzione e del merito emanata pochi giorni fa, che nel prossimo anno scolastico 2023/24 frequenterà il Liceo Classico soltanto il 5,8% degli alunni che attualmente stanno completando la scuola media. Non possiamo non rammaricarci di fronte a quello che appare come un inarrestabile declino, se consideriamo che negli anni ’90 dello scorso secolo e nei primi di questo gli iscritti a questa scuola rasentavano il 10% del totale; poi, negli ultimi anni, si è assistito ad una discesa graduale che ci ha condotti, dal 6,8% dell’anno scolastico 2019/20, al misero 5,8 attuale.
Quando si verifica un fenomeno di questo genere l’impulso primario di ognuno è quello di ricercarne le cause. Perché dunque i giovani e le loro famiglie non danno più fiducia alla cultura umanistica di cui il Classico è il primo fornitore in Europa, anche considerando ch’esso è una nostra specificità italiana e non esiste in nessun altro Paese europeo? Cosa allontana i nostri giovani da una scuola che è universalmente riconosciuta come d’eccellenza? E’ una scuola che impegna molto ma che dà anche molto, che apre cioè tutte le possibili strade a livello universitario e non, una scuola che attraverso materie che sembrano inutili fornisce invece quella che è la più grande utilità che un percorso formativo può avere: formare cioè delle menti pensanti, delle coscienze in grado di analizzare criticamente la realtà ed operare in virtù di questo processo le più adatte scelte di vita. Inoltre la conoscenza delle lingue classiche migliora enormemente la padronanza dell’italiano scritto e orale, qualità questa che serve a tutti, anche agli ingegneri ed ai tecnici informatici; e consente anche di entrare nei linguaggi specifici delle discipline scientifiche (la biologia, la medicina, la fisica ecc.) i cui termini specifici derivano in massima parte dal latino e dal greco.
Queste sono ovvietà di dominio comune e generalmente ammesse da tutti. Perché allora questo progressivo distacco da una scuola che è sempre stata il fiore all’occhiello del sistema formativo italiano? Le cause possono essere molte: alcune già note da molti anni, come la millantata necessità di approfondire le materie scientifiche in una società essenzialmente tecnologica, la concezione della scuola soltanto come mezzo per inserirsi nel mondo del lavoro per cui il latino ed il greco sarebbero “inutili”, la difficoltà di un percorso scolastico troppo impegnativo, ed altre ancora. Quest’ultimo motivo, che come ripeto è ostativo da molti anni, si è accentuato oggi dopo la pandemia, in conseguenza del fatto che gli alunni provenienti dalla scuola media, avendo affrontato lunghi periodi in DAD o comunque non in condizioni normali, non si sentono in grado di affrontare l’impegno che richiede la frequenza del Classico, preferendo altre soluzioni ibride come il liceo delle Scienze Umane, che in qualche modo assomiglia al Classico ma che risulta a tutti gli effetti meno impegnativo. A ciò si aggiunge l’ostilità più o meno dichiarata di molti insegnanti della scuola media, che preferiscono consigliare ai loro alunni altri percorsi, forse anche per non essere giudicati per la preparazione che non hanno potuto (o saputo) dare ai loro alunni.
Qualunque ne siano le cause, questa è la situazione. E allora cosa dobbiamo fare noi cultori della cultura umanistica, la cui validità formativa è indiscussa nelle nostre coscienze? Vi sono come sempre tendenze opposte, che possiamo verificare anche semplicemente leggendo i commenti apposti sulle pagine dei social. In queste occasioni spuntano sempre fuori i soliti detrattori che, magari per invidia, attaccano il Liceo Classico riaffermandone la vetustà e la sostanziale inutilità; ed a costoro non meriterebbe neanche conto di rispondere, se nel nostro animo non vi fosse una qualche forma di compassione per la loro ignoranza. Ci sono poi quelli che predicano l’utilità di sostanziali cambiamenti nella struttura disciplinare della scuola (meno latino e greco, più matematica e scienze, più inglese, più informatica ecc.). Ma così verrebbe fuori un ibrido che non potrebbe più chiamarsi Liceo Classico; sarebbe semmai un liceo “letterario”, come quello di coloro che propongono addirittura di smettere di studiare le lingue classiche e leggere i testi antichi in traduzione. All’opposto, però, ci sono anche i conservatori irriducibili, quelli che vorrebbero un ritorno del Classico a quello che era cinquant’anni fa, tutto basato sul greco e sul latino, con giudizi sugli alunni ricavati solo dalla loro capacità di tradurre (la cosiddetta “versione secca”), e con la riduzione o l’abolizione delle materie scientifiche e dell’inglese.
Il mio parere, di un ex docente che osserva la situazione oggettiva dagli ozi della pensione, è quello di rispettare la saggezza degli antichi, quando sostenevano doversi evitare le soluzioni estreme, giacché in medio stat virtus. Non credo che si possa snaturare una scuola che è nata con Gentile con una determinata struttura ed una funzione che ancor oggi è attualissima; ma al tempo stesso non ritengo praticabile la strada di chiudersi nella “torre d’avorio” degli studi classici e rimanere ancorati a caratteristiche che andavano bene forse tanti decenni fa ma non oggi: la società è cambiata, gli studenti sono cambiati, ed è quindi illusorio e stupido pretendere ch’essi abbiano le stesse competenze che avevamo noi negli anni ’70 quando traducevamo Tucidide e Tacito come il pane quotidiano. La matematica, le scienze, l’informatica (almeno nei suoi dati essenziali) e l’inglese sono oggi necessari e ineliminabili, se ne facciano una ragione i pedanti conservatori che ancora incontro nei gruppi specifici di Facebook come “Amici della letteratura latina (o greca” e simili. E su questo piano è stato sacrosanto, a mio parere, il cambiamento della seconda prova scritta dell’esame di Stato, perché gli alunni di oggi, tranne poche eccezioni, non sono più in grado di affrontare prove impossibili come le traduzioni da Platone e Aristotele assegnate sciaguratamente anche pochi anni or sono. Mantenersi nell’ambito della modernità, corrispondere alle esigenze della società attuale non significa “cedere le armi” come sostengono alcuni, ma adeguarsi ad una realtà con cui non possiamo fare a meno di rapportarci. Ciò però deve avvenire senza cambiare la struttura di una scuola che dev’essere in grado di far comprendere al largo pubblico il suo enorme potere formativo, unico e maggiore di quello di tutte le altre, e di spiegare che frequentare il Liceo Classico è possibile anche da parte di chi non abbia doti eccezionali, purché sia disposto ad impegnarsi. Lo studio è fatica, si sa; ma è una fatica che darà poi i suoi frutti, e chi li sa cogliere affronterà la vita e le sue grandi scelte con animo tranquillo e mente equilibrata.
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