Dall’educazione digitale al cyberbullismo – Evento registrato

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Cyberbullismo: impatti psicologici e strategie di prevenzione

La declinazione tecnologica del bullismo, ossia il cosiddetto cyberbullismo, è caratterizzata da tutti gli atti di prevaricazione e di molestia effettuati attraverso media digitali come social network, e-mail, chat, blog, forum, telefoni cellulari, siti e qualunque altra forma di comunicazione riconducibile al web. i giovani “bulli” digitali fanno circolare foto, mail denigratorie che contengono materiale offensivo e potenzialmente destabilizzante per la vittima[1].Indice degli argomenti
Le statistiche sul cyberbullismo: dagli Usa indicatori di valenza globaleIl miglior modo per comprendere un fenomeno e la sua incidenza sull’ambiente è attraverso la rilevazione statistica. Il Cyberbulling Research Center, partendo da questo presupposto, da tempo, con cadenza annuale, sta effettuando diversi studi e inchieste sul cyberbullismo. Le statistiche USA dal 2007 al 2019 sono tra le ultime ricerche effettuate da questo prestigioso Istituto.L’indagine offre un’interessante analisi sul bullismo online. Il motivo di tale rilevanza risiede in una specifica circostanza; gli Stati Uniti possono essere presi come riferimento, circa l’incidenza del cyberbullismo, anche per il resto del mondo. Essi, infatti, sono considerati tra i maggiori fruitori di apparati tecnologici, l’arma dei cyberbulli. Costoro, proprio attraverso gli apparati online, veicolano e fanno viaggiare le vessazioni, i maltrattamenti e le umiliazioni tipiche del cyberbullismo.Incidenza e dati del fenomenoPartendo da questo presupposto, tali statistiche sul cyberbullismo costituiscono un valido indicatore per chi si interessa del bullismo online. Risulta poi di particolare importanza una caratteristica delle ricerche condotte. Esse riferiscono non solo i dati relativi alle vittime del cyberbullismo ma anche le cifre di coloro che lo hanno praticato verso altri soggetti.Il centro di ricerca sul cyberbullismo ha lavorato su tredici progetti. Il range è considerevole, raccoglie infatti i dati dagli studenti delle scuole medie e superiori dal 2007 in poi, esaminando più di 25.000 allievi. In media, circa il 28% degli intervistati ha dichiarato di essere stato vittima di tale fenomeno.Le percentuali di coloro che hanno offeso ricorrendo al cyberbullismo sono differenti, come si evince dagli studi condotti. In media, circa il 16% degli studenti che hanno partecipato al sondaggio, ha ammesso di aver compiuto atti di cyberbullismo verso altri in un certo momento della vita[2].In Europa più di 1 ragazzo su 4 di età compresa tra gli 11 e i 19 anni è vittima del cyberbullismo. In Italia oltre il 24% degli adolescenti subisce minacce e molestie tramite rete, social, blog e forum[3].Caratteristiche distintive del cyberbullismoIl cyberbullismo ha delle caratteristiche particolari, ecco le principali:Anonimato del “bullo”: in realtà colui che esercita cyberbullismo non resta nell’anonimato, in quanto ogni forma di comunicazione elettronica lascia delle tracce, ma il filtro dello schermo spersonalizza la molestia in atto e per la vittima è difficile risalire al molestatore.Indebolimento delle remore morali: agendo sul web (quindi dietro uno schermo) il persecutore può assumere un’altra identità, dire e agire come non farebbe mai nella vita reale.Assenza di limiti spazio – tempo: mentre il bullismo tradizionale ha luoghi e tempi ben precisi (ad esempio la scuola, i gruppi, le comunità ecc.) il cyberbullismo investe la vittima ogni volta che si collega al mezzo elettronico e quindi potenzialmente potrebbe essere continuo, fiaccandone la resistenza psicologica[4].Le diverse declinazioni del cyberbullismoEcco tutte le diverse declinazioni del fenomeno:Flaming: messaggi on line violenti e volgari che mirano a scuotere battaglie verbali sui social e sui forum;Cyberstalking: molestie e denigrazioni ripetute, persecutorie e minacciose che incutono timore.Cyberbashing o happy slapping: comportamento criminale che ha inizio nella vita reale e prosegue online con caratteristiche diverse; le immagini pubblicate sul web sono potenzialmente visualizzabili da milioni di utenti che possono condividerle e viralizzarle, a volte corroborate da commenti che ne accrescono gli effetti negativi[5].Denigrazione: “sparlare” di qualcuno, danneggiando la sua reputazione per mezzo di e-mail, messaggistica istantanea, blog e forum.Sostituzione della propria personalità: consiste nel cambiare identità (molto spesso inventata e irreale) che invia messaggi e pubblica post offensivi.Inganno: ottenere la fiducia della persona molestata e poi condividere sui social o con altri mezzi elettronici informazioni private.Esclusione: emarginare una persona dal «gruppo on line», attuando una sorta di ghettizzazione e isolamento digitale che si riflette nella vita reale. Nel bullismo tradizionale in genere la vittima e il bullo sono persone che si conoscono, che si frequentano. Hanno avuto almeno qualche contatto relazionale. Nel bullismo digitale invece le persone possono anche essere sconosciute. L’empatia e la solidarietà che sono le basi di una dinamica relazionale si mitigano quando di fronte a noi c’è uno schermo e le reazioni, i sentimenti, i bisogni dell’altro ci sono negati o si confondono, restano ambigui, sfocati o semplicemente ignorati. La “dimensione online” sdogana e concretizza comportamenti e gesti che nella realtà risulterebbero più oculati, pensati, magari evitati[6].Le conseguenze psicologiche del cyberbullismoIl cyberbullismo si differenzia dal bullismo classico, grazie all’immanenza dematerializzata delle tecnologie digitali che catalizza un’amplificazione ormonata e devastante degli effetti del messaggio. Cambia l’ambiente, cambiano le vittime ed il bullo crede di agire protetto da in assoluto anonimato e quindi attualizzare minacce, ingiurie, diffamazione che perdono la percezione e il significato della compresenza, della corporeità percepita e vessata, ma, di contro, acquisiscono un’ipervisibilità, potenzialmente globale, che attiva processi deresponsabilizzanti come “l’effetto spettatore”, in cui, in un folto gruppo di utenti, nessuno interviene per difendere la vittima nella fallace convinzione che se non c’è nessun aiuto in questo senso, molto probabilmente, il proprio intervento non è necessario o, addirittura, non esiste il pericolo stesso. Un fenomeno complesso e articolato che si declina in diverse fattispecie: ad esempio i giuristi anglofoni distinguono il cyberbullying (cyberbullismo), che avviene tra minorenni, e il cyberharassment (“cybermolestia”) che avviene tra adulti o tra un adulto e un minorenne[7].Gli attori del cyberbullismoMa chi sono gli attori del cyberbullismo?il bullo, ragazzo/a che compie l’atto;le vittime, coloro che subiscono;gli osservatori che assistono, in maniera più o meno passiva secondo il cosiddetto “effetto spettatore”, all’atto vessatorio[8].É importante sottolineare che dietro ad ogni episodio di cyberbullismo ci sono, per la maggior parte dei casi, bambini e adolescenti, che assorbono le conseguenze dell’essere vittima, ma anche attori o spettatori, e che dovendosi rapportare, a computer spento, con la vita reale di tutti i giorni, trovano enormi difficoltà nell’accettare sé stessi, integrarsi con il gruppo dei pari e a declinare nella quotidianità le dinamiche relazionali attuate in Rete.Le due ulteriori categorie del cyberbullismoIl cyberbullismo si divide in due ulteriori categorie:e-bullying diretto che consiste nell’uso di Internet per inviare messaggi minacciosi alla vittima;e-bullying indiretto che consiste nel diffondere messaggi dannosi o calunnie sul conto della vittima che ledono la sua reputazione e la sua moralità[9].L’aspetto preoccupante del fenomeno è che i ragazzi che non hanno il coraggio di interpretare il ruolo dei “bulli” nella vita reale, trovano attraverso il computer il modo di immettere, dribblando la coscienza e l’autosanzione morale, la propria quota di violenza in Rete, senza uscire allo scoperto, in assoluto anonimato ma con conseguenze psicologiche del tutto simili al bullismo[10].Attraverso computer, smartphone e tablet, utilizzati soprattutto delle generazioni più giovani, come confermano i dati Istat, è possibile agire nell’anonimato; reiterare la condotta; usufruire di una diffusione immediata, con una cassa di risonanza altissima, dell’azione lesiva; che esclude anche la possibilità di controllo da parte degli insegnanti e/o genitori[11].I bulli, nell’accezione totalizzante del termine, possono presentare un calo nel rendimento scolastico, difficoltà relazionali, disturbi della condotta. L’incapacità di rispettare le regole può portare, nel lungo periodo, a veri e propri comportamenti antisociali e devianti o ad agire comportamenti aggressivi e violenti in famiglia, costituendo il pregresso embrionale di una futura carriera criminale.Per le vittime il rischio è quello di manifestare il disagio innanzitutto attraverso sintomi fisici, ad esempio mal di pancia o mal di testa, oppure segnali psicologici, quali incubi o attacchi d’ansia. Alla lunga, le vittime mostrano una svalutazione di sé e delle proprie capacità, insicurezza, difficoltà relazionali, fino a manifestare, in alcuni casi, veri e propri disturbi psicologici, tra cui ansia, depressione e asocialità.I ruoli degli osservatori nel fenomeno del cyberbullismoGli osservatori[12], infine, vivono in un contesto caratterizzato da difficoltà relazionali che aumenta l’insicurezza, la paura e l’ansia sociale. Il continuo assistere ad episodi di “violenza” può rafforzare una logica di indifferenza e scarsa empatia, portando i ragazzi a negare o sminuire il problema, contestualizzandolo nell’ambito di una sedicente, mendace pseudonormalità.Le tre dimensioni del cyberbullismoNella definizione proposta da Olweus[13] il bullismo e il cyberbullismo risulta caratterizzato da tre dimensioni fondamentali:l’intenzionalità;la persistenza nel tempo;la dimensione del potere esercitato sulla vittima.La situazione italiana e il profilo psicologico del cyberbulloIn Italia il fenomeno è stato definito grazie alla legge 71/17 entrata in vigore il 18 giugno 2017, dopo un iter durato 3 anni. I dati italiani mostrano come l’incidenza del fenomeno nel nostro paese sia in linea con il panorama internazionale.  Elementi da osservare: cambi di umore improvvisi, disturbi emotivi, problemi di salute fisica, dolori addominali, disturbi del sonno, nervosismo e ansia[14]. Nei casi più disperati l’epilogo di tale processo può essere il suicidio, come diretta conseguenza dell’idea intrusivo-ossessiva, percepita e fattuale, di non poter gestire, arginare ed eliminare vessazioni e violenze che inficiano la qualità dell’esistenza antropica. In questo senso i dati sono significativi: Il 31% dei tredicenni, percentuale che sale al 35% quando si tratta di ragazze, dichiara di aver subito una o più volte atti di cyberbullismo. Il 56%, poi, dichiara di avere un amico che è stato vittima di attacchi online. Sui social network, la percentuale dei protagonisti degli episodi sale dal 31 al 45%[15].Il profilo psicologico del cyberbullo Il profilo psicologico del cyberbullo evidenzia una mania del controllo, un tentativo di imporsi, attraverso il quale egli tenta di mettersi in mostra: è un incompetente sociale, non conosce le regole di una normale socialità e si palesa, in molti casi, come un analfabeta emotivo: è una persona immatura dal punto di vista affettivo, che presenta un’incapacità di gestione delle emozioni come il senso di colpa o la vergogna, sia provata che indotta[16].Nei criteri di elezione della vittima infatti, la diversità, nelle sue varie declinazioni, gioca un ruolo centrale. In genere compie azioni di prepotenza per ottenere popolarità all’interno di un gruppo, per divertimento, autogratificazione o semplicemente per noia.Strategie di prevenzione e intervento contro il cyberbullismoÈ fondamentale che le agenzie di socializzazione, famiglia, scuola ma anche la Rete, aiutino i ragazzi a sviluppare una consapevolezza sul fenomeno del bullismo e del cyberbullismo e a non sottovalutare gli effetti negativi che ne conseguono. Gli adulti sono chiamati a educare, più che a istruire: potenziando le abilità sociali con particolare attenzione alla consapevolezza emotiva e all’empatia. Un’attenzione particolare va data all’alfabetizzazione emozionale: è importante far lavorare in gruppi per aiutare il confronto, la capacità di problem solving relazionale e la cooperazione[17].Le vite online e il potere percepito da dietro uno schermoGli episodi di bullismo, come spiegato, non riguardano più solo la vita reale, contestualizzata nelle sue dinamiche relazionali. Sempre più spesso i soprusi accadono anche nello spazio virtuale dei media digitali usati per diffondere messaggi, immagini o filmati diffamatori. Le vite online influenzano direttamente i comportamenti, agiti e subiti, nella realtà. Attraverso lo schermo il cyberbullo si pone come attore egemone in un evidente squilibrio di forze: sente di avere potere, perché protetto da un anonimato percepito e illusorio, perseguita la sua vittima prevaricandola, vessandola e isolandola in un clima di ricatto reiterato e meschino. Tale potere si rafforza in modo progressivo, perché la persecuzione si diffonde nella Rete in modo invasivo, obbedendo a logiche piramidali tipiche dei paradigmi di quantità su cui si basa il web e quindi può raggiungere una platea potenzialmente illimitata di visualizzatori[18].Tale dinamica rende difficoltoso individuare luoghi e tempi in cui il cyberbullismo si attualizza, secondo una logica multitiming e multiplacing, con la conseguenza che il fenomeno appare meno riconoscibile e, quindi contrastabile, sia per gli organi competenti sia per le famiglie delle vittime. Un primo discriminante tra bullismo tradizionale e cyberbullismo risiede nel rapporto che lega vittima e bullo: Nel primo cado si conoscono ed è plausibile che abbiano avuto almeno qualche contatto relazionale. Nel bullismo digitale invece gli attori del fenomeno possono anche non conoscersi. L’empatia, il sentimento sociale fondamentale per essere soggetti socialmente attivi, si neutralizza davanti alla luce di uno schermo e le reazioni, i sentimenti, i bisogni dell’altro vengono negato, si mitigano, si confondono, restano ambigui e sfocati e il soggetto che bullizza si deresponsabilizza e distorce, edulcorandola, la propria visione della realtà.Scuola, famiglia, istituzioni: serve consapevolezzaLa “dimensione online” sdogana e esteriorizza comportamenti e gesti che nella realtà risulterebbero più oculati, pensati e magari evitati. Per contrastare tali criticità è fondamentale riattivare e aggiornare le old agency di socializzazione come la scuola e la famiglia, istituzioni prodromiche di qualunque forma di aiuto verso i soggetti coinvolti, con la finalità di sviluppare una consapevolezza critica sul fenomeno stesso, di non sottovalutare gli effetti negativi, pericolosi e potenzialmente letali che ne conseguono. Famiglia e scuola sono spesso disorientate di fronte al cyberbullismo, alle sue fattispecie e alle conseguenti evoluzioni, tuttavia, rimangono i postulati educativi a cui spetta la missione di potenziare le abilità sociali degli individui, in sinergia con la socializzazione spesso autoguidata nel web, con particolare attenzione alla consapevolezza identitaria, alla crescita emotivo-cognitiva e all’empatia[19].Nelle azioni persecutorie online è infatti la dimensione della socialità quella che viene colpita. Le vittime frequentemente sviluppano un’autostima bassa, depressione, ansia, paure, problemi di rendimento scolastico e interrompono, in molti casi, la frequentazione della scuola o del gruppo di pari e di qualunque forma di socialità, percepita come uno scenario di azione e relazione potenzialmente pericoloso[20].ConclusioniL’era internettiana degli smartphone, dei social network e dei forum digitali, ha dato ulteriori armi in mano ai bulli, pronti a intuire le risorse della rete, come un luogo virtuale, ma concreto, dove compiere atti violenti. Per gli adolescenti delle società tecnologicamente avanzate, Internet rappresenta infatti un contesto di esperienze e socializzazione irrinunciabile. Tuttavia, le nuove tecnologie nascondono lati oscuri, come ad esempio l’uso distorto e improprio che ne viene fatto per colpire intenzionalmente persone indifese e arrecare danno alla loro reputazione, facilitato dall’anonimato e dalla potenziale diffusione planetaria delle offese.Bibliografia1. Bauman Z., Modernità liquida, Roma, Laterza 2006.2. Bilotto A, Ghiretti G., Internet babylon, come aiutare le vittime e i persecutori, Mondadori, Mernet Babylon. Cyberbullismo e dipendenza on-line, Lupetti, Milano 2021.3. De Kerchkove D., L’intelligenza connettiva. L’avvento della Web Society, Roma, Aurelio De Laurentiis multimedia 2019.4. Jenkins H., Convergence Culture. Where Old and New Media Collide, New York University Press, New York 2006.5. Lévy P., 2002, L’intelligenza collettiva. Per Un’Antropologia Del Cyberspazio, Milano, Feltrinelli.6. Menesini E., Nocentini A., Palladino E., Prevenire e contrastare il bullismo e il cyberbullismo, Il Mulino Bologna 2017.7. Olweus D., Bullismo a scuola. Ragazzi oppressi, ragazzi che opprimono, Giunti, Milano 2007.8. Pennetta A.L., Zilotto G., Bullismo, cyberbullismo e nuove forme di devianza, Gappicchelli, Torino 2019.9. Scaringella A., Comunicare sulla rete. Complementi di informatica per scienze della comunicazione, Universitalia, Roma 2016.10. Tonioni F., Cyberbullismo, come aiutare le vittime e i persecutori, Mondadori, Milano 2014.[1] Pennetta A.L., Zilotto G., Bullismo, cyberbullismo e nuove forme di devianza, Gappicchelli, Torino 2019.[2] Dati consultabili sul sito Cyberbullying Research Center: https://cyberbullying.org[3] Ministero della salute, Bullismo e cyberbullismo, 2023 consultabile su www.salute.gov.it[4] Pennetta A.L., Zilotto G., op. cit.[5] Bilotto A, Ghiretti G., Internet Babylon. Cyberbullismo e dipendenza on-line, Lupetti, Milano 2021.[6] Bilotto A, Ghiretti G., op. cit.[7] Menesini E., Nocentini A., Palladino E., ibidem.[8] Bilotto A, Ghiretti G., op. cit.[9] Pennetta A.L., Zilotto G., op. cit.[10] Bilotto A, Ghiretti G., Internet babylon, come aiutare le vittime e i persecutori, Mondadori, Mernet Babylon. Cyberbullismo e dipendenza on-line, Lupetti, Milano 2021.[11] Pennetta A.L., Zilotto G., op. cit.[12] Olweus D., Bullismo a scuola. Ragazzi oppressi, ragazzi che opprimono, Giunti, Milano 2007.[13] Olweus D., ibidem.[14] Pennetta A.L., Zilotto, op. cit.[15] Ministero della salute, Bullismo e cyberbullismo, 2023 consultabile su www.salute.gov.it[16] Tonioni F., Cyberbullismo, come aiutare le vittime e i persecutori, Mondadori, Milano 2014[17] Pennetta A.L., Zilotto G., op. cit.[18] Pennetta A.L., Zilotto G., op. cit.[19] Tonioni F., Cyberbullismo, come aiutare le vittime e i persecutori, Mondadori, Milano 2014.[20] Menesini E., Nocentini A., Palladino E., Prevenire e contrastare il bullismo e il cyberbullismo, Il Mulino Bologna 2017.

Cyberbullismo e pandemia: “attenti a quei due”!

ARTICOLO SCRITTO DA: GIULIA MORETTI ED ELISA DELVECCHIO, FORMATRICI SCUOLA OLTRECYBERBULLISMO E PANDEMIA: “ATTENTI A QUEI DUE”!La tecnologia è diventata ormai parte integrante della vita di ognuno di noi e nessuno può farne più a meno. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un’evoluzione inarrestabile degli strumenti tecnologici che ha introdotto nuove modalità di comunicare e di relazionarsi e portato a radicali cambiamenti nelle abitudini di vita e nei comportamenti delle persone.Mentre gli adulti si sono ritrovati a dover adottare tali pratiche in itinere, i cosiddetti nativi digitali, ossia bambini/e e adolescenti, sono invece nati in questa era. Essi apprendono nuove conoscenze attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici e svolgono parte della loro vita sociale negli spazi digitali all’interno dei quali condividono idee, foto, video e commenti. Tuttavia, all’interno di questa realtà virtuale, dove i minori svolgono le proprie attività, si cela il rischio concreto che possano imbattersi nei pericoli dovuti all’uso improprio, non sicuro della rete. Se la tecnologia da un lato offre dunque numerose possibilità, come ad esempio la connessione istantanea con il mondo esterno e la ricerca costante di informazioni, dall’altro lato comprende anche molteplici insidie, in particolar modo tra preadolescenti e adolescenti.Quest’ultimi attraversano infatti una fase critica di transizione dallo status di bambino a quello di giovane adulto, caratterizzata da aspetti di vulnerabilità, impulsività e squilibrio, nel quale entrano in gioco anche l’accettazione del proprio corpo, la ricerca del brivido e delle forti sensazioni, l’acquisizione di un’identità personale e sociale e la formazione di valori e sistemi motivazionali. Alcuni dei fenomeni già radicati nel mondo reale hanno dunque trovato negli spazi digitali nuove occasioni per manifestarsi. Tra questi vi è il bullismo che attraverso Internet ha scoperto una nuova modalità di agire, prendendo il nome di Cyberbullismo, con cui s’intende un comportamento aggressivo e intenzionale, agito da un singolo individuo o da un gruppo di persone nel contesto virtuale e/o mediato da strumenti tecnologici (Internet, smartphone, tablet, PC, ecc.) e piattaforme on-line (Instagram, Facebook, TikTok, Twitter, WhatsApp, ecc.) con lo scopo di danneggiare, molestare, ferire e/o mette in imbarazzo ripetutamente un bersaglio (la cybervittima) (La Spina & Frazzica, 2021). In Italia, con la Legge 71 del 2017 si è cercato per la prima volta di definire il fenomeno come “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, manipolazione, acquisizione e trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti online…il cui scopo intenzionale…sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori…”.Nel Web, quindi, il cyberbullo minaccia, insulta e diffama la vittima attraverso un messaggio, una foto, un post o un solo tweet, innescando condivisioni, like e commenti con una maggiore continuità, intensità e velocità. Numerosi studi hanno evidenziato l’esistenza di una forte associazione tra questo fenomeno e l’uso degli strumenti tecnologici, in particolare lo smartphone, sempre più diffusi ed economicamente accessibili da parte di molti (Shin & Choi, 2021). Esistono inoltre molteplici forme di cyberbullismo, che negli anni hanno assunto nomi diversi, tra cui il Flaming (messaggi online violenti e volgari), Impersonation (scambio di persona attraverso nickname falsi), Trickery (scherzi crudeli), Cyberstalking (molestie e minacce ripetute), Doxing (diffusione dati personali e sensibili), Cyberbashing (pubblicazione video di maltrattamenti e molestie) e Harassment (molestie via web) accomunate tuttavia da caratteristiche distintive quali l’intenzionalità, l’accanimento e l’asimmetria di potere operate dal cyberbullo (La Spina & Frazzica, 2021).Negli ultimi anni tale fenomeno è in costante crescita tanto da aver registrato un tasso di prevalenza di cybervittime e/o cyberbulli nei preadolescenti e adolescenti che varia tra il 20% e il 50% (González-Calatayud & Espinosa, 2021). Diversi studi hanno dimostrato l’ampia diffusione del fenomeno, riscontrando che quasi il 75% dei bambini in età scolare ha già sperimentato questa forma di aggressione almeno una volta (Mkhize & Gopal, 2021; Menin et al., 2021). Una ricerca effettuata nei Paesi Baschi ha riportato che il 30,2% dei giovani ha subito una o più forme di cyberbullismo in un anno, il 15,5% ha dichiarato di averne perpetrato uno o più volte mentre il 65,1% ha detto di averne osservato uno o più episodi. In Spagna una recente ricerca sul tema ha rivelato che il 26,65% di preadolescenti e adolescenti era stato coinvolto come cybervittima mentre il 24,64% come cyberaggressore (González-Calatayud & Espinosa, 2021).L’avvento della pandemia con le restrizioni sociali, la chiusura delle scuole e il conseguente passaggio dalla didattica in presenza alla didattica a distanza ha alimentato l’utilizzo delle piattaforme digitali e portato a un aumento esponenziale del tempo passato online e delle relazioni sociali perlopiù virtuali per milioni di bambini, bambine e adolescenti. Ciò ha contribuito all’incremento di comportamenti aggressivi perpetrati online, tra cui il cybercrime. Lo confermano alcuni sondaggi che mostrano come il 68% dei ragazzi ha assistito a episodi di cyberbullismo (Terres des Hommes e Scuola Zoo, 2020).L’incremento del cyberbullismo riflette quindi la rapida espansione dell’accesso a Internet da parte dei minori; secondo i dati Istat infatti dal 2018 al 2020 si è passati dal 56,2% al 72% dei giovani, tra 11 e 17 anni di età, che utilizzano il cellulare e navigano in Internet.Un sondaggio italiano condotto nel Marzo 2021 ha riferito che il 54% dei minori (il 50% nella fascia 9-14 anni, il 57% in quella 15-18 anni) ha utilizzato i media device per più di tre ore al giorno mentre nel 2019 tale percentuale era pari al 41%; nello specifico, tale incremento ha riguardato soprattutto i preadolescenti (dai 9 ai 14 anni) con un passaggio dal 32% al 50%. Al di fuori della didattica, gli strumenti tecnologici sono stati usati prevalentemente per comunicare con i coetanei (36%), accedere ai social network (24%), guardare serie tv, film e video (21%), giocare ai videogame (11%) e solo in una piccola percentuale per fare ricerche (8%) (La Spina & Frazzica, 2021).In Italia, il monitoraggio effettuato dalla Fondazione Carolina ha riscontrato che le segnalazioni di cyberbullismo sono quintuplicate durante il primo lockdown. Anche studi americani hanno rilevato un incremento di circa il 70% di segnalazioni durante i periodi di chiusura e, secondo alcune ricerche effettuate in Corea del Sud, l’età media di coloro che mettono in atto comportamenti di cyberbullismo è diminuita nel corso del 2020 rispetto all’anno precedente (Shin & Choi, 2021). A partire da tale periodo pandemico, i ragazzi e le ragazze hanno quindi percepito un aumento significativo degli episodi aggressivi in rete come per esempio le condivisioni incontrollate di foto modificate, le denigrazioni verso i docenti, gli insulti ai compagni di classe durante le video-lezioni o l’intrusione di estranei non autorizzati nelle aule virtuali. Nello specifico, i social media hanno contribuito all’incremento dei cyberattacchi, dato che il 66% di tutti gli incidenti si verificano proprio in queste piattaforme (Facebook, Twitter). Infatti proprio in questi siti è emerso, durante l’emergenza pandemica, un aumento da parte degli utenti delle segnalazioni di cyberbullismo attraverso la pubblicazione di parole chiave come per esempio online harassment e bullismo in Internet. (Karmakar & Das, 2020). Queste azioni aggressive che caratterizzano il fenomeno del cyberbullismo impattano in maniera negativa sulla salute mentale e sul benessere generale di bambini e adolescenti che ne rimangono vittime. Tali effetti negativi riguardano in particolare la salute fisica, psicologica ed emotiva; la maggior parte dei bambini, delle bambine e degli/delle adolescenti riportano infatti sintomi somatici come mal di testa, nausea, insonnia ma anche comportamentali, emotivi e psicologici tra cui isolamento, solitudine, stress, sintomi ansiosi e depressivi, autolesionismo, mancanza di relazioni e di sostegno sociale, bassa autostima e basso rendimento scolastico, disillusione e paranoia (Nazir & Thabassum, 2021; Wiguna et al., 2021).Alla luce di ciò, è legittimo chiedersi “come possiamo contrastare tale fenomeno? Cosa si può fare a riguardo?”. Di fronte a questa forma di violenza in costante aumento, sono sempre di più i genitori e gli insegnanti che si pongono tali domande nei riguardi di un figlio o di un alunno che agisce o diventa vittima di cyberbullismo. Gli studiosi suggeriscono due aspetti principali a cui prestare attenzione: da un lato il contrasto delle forme di violenza perpetrate online a danno dei minori e dall’altro la formazione, la sensibilizzazione e la prevenzione in merito all’utilizzo corretto della rete e allo sviluppo di ipotetici fattori di protezione. Per fare questo, risulta fondamentale adottare un approccio sistemico che tenga conto delle molteplici dimensioni socio-ambientali in cui il minore è inserito: famiglia, coetanei, scuola e società. Nell’ambiente scolastico, per esempio, possono nascere collaborazioni con organi pubblici (es. Polizia di Stato) e professionisti (es. psicologi, pedagogisti) al fine di contrastare, attraverso strategie adeguate e azioni repressive, le condotte antigiuridiche perpetrate in rete e, di pari passo, di organizzare iniziative volte all’educazione alla legalità, alla riflessione e all’ascolto dei giovani. Per contrastare il cyberbullismo, gli studiosi hanno inoltre sottolineato l’importanza di promuovere attività, laboratori e giochi con lo scopo di incrementare i livelli di autostima e autoefficacia percepita e di favorire lo sviluppo delle capacità empatiche, delle norme prosociali e dei legami emotivi-positivi con le figure di riferimento (genitori e insegnanti) (Ang, 2015). È inoltre essenziale che preadolescenti e adolescenti imparino a gestire le proprie emozioni, ovvero a codificare, decodificare ma anche a comprendere e regolare per poter poi gestire possibili reazioni negative come la rabbia (Diamanduros, Downs & Jenkins, 2008).Ora che i giovani, come anche gli insegnanti e i genitori, necessitano sempre di più dell’utilizzo quotidiano della tecnologia, gli interventi e le strategie preventive messe in atto devono rispondere in maniera rapida, completa e costante ad un fenomeno che sembra diventare sempre di più una emergenza sociale.

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